Si vede da piazza Alameda, ritrovo alcolico degli studenti di Siviglia. Si vede da Triana, quartiere di vecchi pescatori, fabbriche di ceramica e flamenco. E lo vedono bene i turisti dalle finestre della Cattedrale, il più grande edificio gotico al mondo. Perché il grattacielo è lì, a un chilometro dal centro, appena oltre il fiume. Uno scheletro cilindrico ancora da rivestire, ma già completo: 40 piani, 180 metri e mezzo. Per la sua nuova sede la Banca Cajasol ha fatto le cose in grande. La torre è alta il doppio della Giralda, il minareto del XII secolo trasformato in campanile dalla reconquista spagnola, il solo edificio che per secoli abbia svettato su Siviglia. Troppo alta, a giudizio dell’Unesco. Abbastanza per minacciare di togliere alla capitale andalusa lo status di patrimonio dell’umanità.
«Un impatto visivo altamente negativo sugli edifici di valore universale della città», ha stabilito il World Heritage Committee, l’organo delle Nazioni Unite che gestisce la lista delle meraviglie del pianeta. Elenco da cui ora potrebbe uscire il complesso monumentale di Siviglia: Cattedrale, Giralda e Archivio delle Indie. I lavori per il grattacielo dell’architetto argentino César Pelli (lo stesso della torre Unicredit di Milano, il più alto grattacielo della città) sono iniziati nel 2007. E subito alle autorità cittadine è arrivata la richiesta, inascoltata, di limitarne l’altezza. Qualche settimana fa, nella riunione annuale tenuta a San Pietroburgo, il direttivo dell’Unesco ha preso atto che il progetto sarà ultimato a inizio 2013, ma senza passare alle vie di fatto. L’anno prossimo però, con equilibri e umori diversi nel board, Siviglia potrebbe non avere la stessa fortuna. E sarebbe la seconda espulsione per una città europea. Nel 2009 era stata Dresda a perdere l’etichetta di patrimonio mondiale, dopo la costruzione di un ponte sull’Elba a qualche chilometro dal centro storico.
Opera necessaria in quel caso, i vecchi ponti cittadini non reggevano più il traffico. «La Torre Cajasol, oltre ad essere brutta, invece è del tutto inutile», dice a Linkiesta Francisco Gonzalez de Canales, professore di storia dell’architettura all’Università di Siviglia, «specie in questo momento di crisi del settore immobiliare». Cemento e finanza, gli ingredienti del pasticcio sono gli stessi che stanno mettendo in ginocchio tutta la Spagna. Cajasol è una caja de arroyo, la cassa di risparmio in cui per decenni gli andalusi hanno depositato i loro risparmi. L’estate scorsa è stata acquisita dal gruppo Caixa, il primo del Paese per numero di clienti e attivi di bilancio, ma nella regione il marchio storico è rimasto. Normale per una banca-comunità che per anni ha finanziato in città iniziative culturali e società sportive. E che nel tempo si è legata a doppio filo con la politica locale, dominata dal partito socialista.
Il progetto della Torre Cajasol nasce a stretto contatto con l’amministrazione rossa di Alfredo Sánchez Monteseirín, sindaco dal 1999 al 2011. L’obiettivo: risollevare le sorti dell’enorme quartiere della Cartuja, costruito per l’Expo del 1992 ma da allora abbandonato a erbacce e skater. La soluzione trovata è aggiungere altra cubatura: un grande centro polifunzionale, uffici e negozi. «Una nuova icona per la città», si legge nel bando, «che raggruppi la superficie edificata in un solo volume in altezza». Detto fatto: a vincere è il disegno di Cesar Pelli, architetto delle Torri Petronas in Malesia e del nuovo grattacielo Hines di Porta Vittoria di Milano. «Una follia», obietta de Canales, «perché provocherà una congestione di traffico su una delle principali vie di accesso a Siviglia». Nel 2011 il candidato del Partito popolare Juan Ignacio Zoido Álvarez fa campagna contro l’edificio, ma dopo la storica vittoria sui socialisti cambia versione, rifiutandosi di modificare il progetto. Sarebbe troppo alta, dice, la penale da pagare. «Pensare che era stato proprio lui, per scopi elettorali, a sollecitare l’intervento dell’Unesco», racconta de Canales.
A Siviglia, i funzionari del World Heritage Committee sono arrivati davvero e hanno certificato il «grave danno recato dalla torre all’immagine della città». Lo scorso giugno il direttivo riunito a San Pietroburgo ha esaminato il dossier, ma rimandato ogni decisione al 2013. «Non credo che alla fine Siviglia venga esclusa», conclude de Canales, «pur considerato l’impatto della torre». Alla fine l’Unesco potrebbe farsi ammorbidire dagli impegni presi dall’amministrazione: organizzare un convegno mondiale sulla conservazione del patrimonio storico, ma soprattutto non costruire altri grattacieli in città. Una scelta logica, viste le condizioni del mercato immobiliare. «Se vende se alquila», si vende si affitta: la scritta in vernice nera, un po’ sbavata, sulla rete del cantiere lo spiega meglio di ogni dato. Ma con il cemento, in Spagna, la logica non sempre è andata d’accordo. E nel caso di esclusione dalle meraviglie del mondo una scusa sarebbe già pronta: è successo anche ai tedeschi.