La Lega Nord minaccia in massa le dimissioni dalla Regione Lombardia di Roberto Formigoni. Ma la sensazione è che la giunta di centrodestra possa superare lo scoglio di domani e durare ancora qualche mese. Almeno fino a quando una crisi «pilotata» – come viene chiamata in ambienti leghisti – dovrebbe far cadere il Celeste e salvaguardare le altre giunte di Veneto e Piemonte. La Lega potrebbe così appoggiare il centrodestra alle elezioni politiche del 2013 in cambio dell’appoggio a un leghista in regione.
Ma è comunque un quadro in continua evoluzione dove s’intersecano troppe domande e poche risposte. E che in tanti danno come molto difficile da attuare. Pure il governatore ha detto in serata che se cade la Lombardia, cadranno appunto Veneto e Piemonte. L’unica certezza, al momento, è che in Lombardia si andrà a votare in aprile insieme con le politiche. O almeno questo confidano i leghisti, che dovranno comunque aspettare le decisioni del ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri quando cadranno le deleghe di Formigoni.
Se ne saprà di più comunque domani quando il segretario federale Roberto Maroni (più che mai furioso dicono i suoi per il lavoro svolto contro la criminalità organizzata da ministro dell’Interno) e Matteo Salvini incontreranno il governatore per fare il punto della situazione. Il numero uno lombardo del Carroccio è stato fermo dopo la riunione di questa sera al Pirellone con consiglieri e assessori lombardi della Lega: «Lasciamo a Formigoni la scelta se fare un passo avanti o un passo indietro ci ragioni su stanotte». La prossima mossa ora tocca all’esponente pidiellino, che dovrà azzerare la giunta o almeno far dimettere gli assessori del Pdl, salvaguardando magari quelli del Carroccio.
Ma in serata è arrivata la botta: Formigoni avrebbe deciso di ritirare le deleghe agli assessori della Lega Nord, prendendole per sè, riporta l’Ansa. A cadere sono Andrea Gibelli (Industria e vicegovernatore), Daniele Belotti (Territorio), Giulio De Capitani (Agricoltura) e Luciana Ruffinelli (Sport e giovani). Domani mattina a Roma vedrà Angelino Alfano, segretario del Pdl, per fare il punto sulla situazione. A questo punto si preannuncia un rimpasto, ma bisogna vedere se ci saranno i margini negoziali per restare a galla.
È stata una giornata intensa quella dentro la Lega. Da un lato c’era chi voleva chiudere per sempre la pratica Formigoni dopo l’arresto per ’Ndrangheta dell’assessore alla Casa Domenico Zambetti. In particolare Maroni che già tallonato dall’autore di Gomorra Roberto Saviano, non vuole passare un giorno di più in una giunta in odore di criminalità organizzata. Dall’altro però è circolato il timore dell’effetto domino sulle altre giunte di Roberto Cota e Luca Zaia. La Lega Nord, per ora, infatti, non stacca la spina. La palla è nelle mani del presidente. Consiglieri e assessori del Carroccio hanno consegnato al partito le dimissioni.
Comunque vada i leghisti hanno già fatto capire che le elezioni sono sempre piu’ vicine – anche a costo di rivendicare un presidente di transizione – perchè la Lombardia, «la regione meglio amministrata non arrivera’ a fine mandato perche’ noi con la mafia non vogliamo avere nulla a che fare». Toccherà domani trovare la quadra. Difficile che il governatore faccia un passo indietro dopo quello che ha annunciato oggi («Non mi dimetto»). Ma l’altra ipotesi potrebbe inimicare Formigoni al resto del suo partito.
È stata una giornata particolare pure tra le maglie del Popolo della Libertà. Pezzi da novanta del partito di Silvio Berlusconi, ormai in disfacimento, sostengono a microfoni spenti che «Formigoni è spacciato». Il colpo inferto dall’arresto per Zambetti non ha infatti solo colpito la giunta, ma tutto il partito. Mimmo o Zambe (guarda il ritratto), come lo chiamavano gli amici, era infatti il vicecoordinatore regionale pidiellino, uno che contava in termini di tessere e voti. In pochi oggi lo hanno difeso. Lo stesso Formigoni ha parlato di «tradimento» o «abbaglio» da parte della magistratura: ma le carte in mano ai giudici sono molto pesanti.
Si presenta quindi una notte molto lunga per il Celeste. Dopo 17 anni a capo della regione più virtuosa (copyright suo), oggi si ritrova a fare i conti una maggioranza in pezzi, più di 13 indagati tra giunta e consiglio regionale, arresti e condanne. Domani ci sarà pure la sentenza sulle firme false che potrebbero regalargli l’ennesima mazzata. «L’accerchiamento è finito» sostengono fonti di Via Bellerio.
Formigoni, però, sembra voler resistere ancora. Del resto, a questo punto si troverebbe fuori dai giochi pure per le prossime elezioni politiche, anche perchè la scadenza delle dimissioni da governatore doveva avvenire martedì, unico modo per ambire a un posto in parlamento. Si candiderà da premier? E con quale formazione politica?
Dovrà ragionare a lungo, confrontandosi anche con la sua cerchia di amici più strettii. Ormai però sono rimasti in pochi. Maurizio Lupi, parlamentare pidiellino e vicino a Comunione e Liberazione, sembra giocare una partita tutta sua. Come del resto pure Mario Mauro, europarlamentare di area, che negli ultimi tempi si è moltro distaccato dal Celeste. Silvio Berlusconi, l’ex leader del Pdl, non lo chiama più da settimane. Gli è rimasta la Lega Nord, con cui forse potrebbe ragionare in un futuro. Ma si dovrà capire cosa si deciderà in Veneto e Piemonte. Gli equilibri sono molto delicati. Maroni intanto scalpita: sarà con tutta probabilità candidato come governatore.