La Ue vuole ancora Monti e ora apre il portafoglio

La Ue vuole ancora Monti e ora apre il portafoglio

BRUXELLES – Premiare i Monti d’Europa che “fanno i compiti a casa”, evitando l’ulteriore deflagrare di proteste che già infiammano le piazze greche, portoghesi e spagnole. E incoraggiarli a non mollare sulle riforme. Non viene detto esplicitamente in questi termini, ma la Germania comincia a ragionare sempre più – anche – su questo aspetto, facendo tesoro, evidentemente, del mantra del premier italiano: i paesi che fanno le riforme, con i pesanti sacrifici per la popolazione, devono avere un incentivo economico da parte dell’Europa, altrimenti i cittadini prima o poi si stufano e si rischia lo stop o addirittura un retromarcia. Un mantra ascoltato con attenzione da Berlino, cui non dispiace, oltretutto, di dare magari una mano a Monti, che buona parte delle cancellerie europee vogliono vedere confermato a Palazzo Chigi anche nella prossima legislatura.

Certo, Monti pensa anzitutto agli eurobond (per ora osteggiati con fermezza da Berlino) e agli interventi della Bce sul mercato dei titoli sovrani, punto già inglobato nel programma anti-spread annunciato da Mario Draghi a precise condizioni. L’idea degli “incentivi” e dei “premi” per chi è sulla retta via è la novità del momento, ed è la variante tedesca del famoso “bilancio dell’Eurozona” proposto dal presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy su input soprattutto di Berlino e Parigi, in un documento preparato insieme ai presidenti di Bce, Commissione Europea ed Eurogruppo, sul tavolo dei leader al summit di questa settimana. Van Rompuy include anche la variante francese, piuttosto diversa da quella tedesca, e cioè l’utilizzo del bilancio dell’Eurozona come un grande meccanismo antishock quando gravi crisi colpiscano, come ora, singoli paesi, a prescindere dalla loro “pagella”. 

L’idea tedesca è quella di un bilancio separato leggero (qualcuno parla di una ventina di miliardi al massimo) per dare una mano ai paesi impegnati sul fronte delle riforme ma che, magari per ristrettezze dovute ai pesanti bilanci, non riescono ad attuare alcune misure per rilanciare la competitività e ridurre il gap verso altri paesi più dinamici dell’Eurozona. Che Berlino abbia anzitutto in mente l’Italia, terza economia dell’eurozona ma anche il paese in cui (Grecia a parte) il mercato del lavoro resta il più ingessato, lo ha fatto capire un alto funzionario del governo tedesco (che ha chiesto di non essere citato).

Così ha illustrato i paesi che potrebbero avere diritto a questi “incentivi”: «Ad esempio un paese impegnato nelle riforme strutturali che però ha tuttora un’alta disoccupazione giovanile, un mercato del lavoro molto frammentato, con lavoratori di fatto di serie A con tutte le tutele del caso e altri di serie B (i precari, ndr), e in generale molto rigido». Il funzionario non ha fatto nomi, ma la descrizione è così precisa da calzare a pennello a un solo paese: l’Italia. La Spagna ha alta disoccupazioni (giovanile e non), ma i problemi sono diversi da quelli elencati dal nostro anonimo. Idem per la Francia, il Portogallo, o l’Irlanda.

No: stava parlando proprio dell’Italia. «Per un paese così –  prosegue –  si potrebbero pensare a fondi tratti da questo bilancio dell’Eurozona per le misure di sostegno per il rilancio della competitività e il mercato del lavoro, ad esempio sul fronte della formazione o della riqualificazione dei lavoratori, l’aiuto all’ingresso dei giovani nelle aziende, la flessibilizzazione del mercato del lavoro». Dove trovare i fondi per alimentare questo bilancio eurozona? «Ad esempio con i proventi della Tobin Tax», è la risposta del funzionario, e questo solo una settimana dopo che 11 Paesi hanno lanciato una cooperazione rafforzata in materia. Tra questi, guarda un po’ il caso, anche l’Italia, che pure fino a pochi giorni prima aveva puntato i piedi.

Non vogliamo forzare. È chiaro che il bilancio dell’Eurozona (o, come la chiama in gergo Van Rompuy, la “fiscal capacity”) nella versione tedesca non sarebbe destinata a incentivare esclusivamente l’Italia. Ed è ovvio che Berlino crede davvero nell’utilità di un meccanismo del genere, non è che lo fa solo per dare una mano a Monti. È chiaro però che i tedeschi hanno capito che a lasciar soli paesi impegnati in difficili percorsi come il nostro (a prescindere di come si valutino le misure del cosiddetto “governo tecnico”) si può rischiare un’esplosione delle piazze con effetti imprevedibili.

Oltretutto, è il concetto del bastone e della carota – perché, non dimentichiamolo, i tedeschi insistono per rafforzare ulteriormente la disciplina comune, a dispetto della nuova governance Ue del cosiddetto Six Pack e il Semestre Europeo e del varo del Fiscal Compact. Adesso pensano addirittura a un supercommissario europeo autorizzato nientemeno che a bocciare una finanziaria approvata da un parlamento sovrano. La carota è: se fate i bravi, avrete dei fondi ad hoc là dove non arrivate visti i pochi soldi rimasti in cassa, purché continuiate a fare i compiti a casa. 

È una prospettiva, attenzione, a lungo termine: il bilancio dell’Eurozona, di cui si discute al summit Ue di questa settimana e di cui si saprà qualcosa di più al vertice di dicembre, è un progetto complicato che richiederà molto tempo. Non sarà pronto, certamente, in tempo per le elezioni italiane. Tracciare il percorso in quella direzione, però, potrebbe tornare utile anche a Monti, che potrebbe venderlo in parte come frutto del suo pressing. Certo, è un solo un pezzo del puzzle, l’Italia vorrebbe al contempo anche la variante francese del bilancio eurozona, e cioè una risposta a possibili shock asimmetrici come stiamo vedendo ora. Tuttavia, avvertono fonti diplomatiche, se la variante francese di fatto fosse, come qualcuno sospetta, utilizzata per spazzare via una volta per tutte dalla scena europea l’altro cavallo di battaglia di Monti, gli eurobond, allora Palazzo Chigi potrebbe preferire la sola variante tedesca, pur di lasciare aperta la porta ai titoli di debito comuni. Siamo agli inizi, ne sapremo di più i prossimi mesi.

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