Le Isole Cayman, dove i residenti pagano solo due tasse

Le Isole Cayman, dove i residenti pagano solo due tasse

L’arcipelago delle Cayman si trova nel mar dei Caraibi occidentale, a sud di Cuba e a nordovest della Jamaica. Si compone di tre grandi isole – Grand Cayman, dove si trova la capitale George Town, Cayman Brac e Little Cayman – e occupa un territorio di circa 260 kilometri quadrati, per una popolazione di circa 55mila abitanti. Scoperte nel 1503 da Cristoforo Colombo, dagli anni ’60 sono sotto la giurisdizione dei territori britannici d’Oltremare.

Oltre a essere un paradiso naturale, meta ideale per i viaggi di nozze, le Cayman rappresentano uno dei principali centri off shore del mondo. In altre parole, sono tradizionalmente inserite nelle liste dei “paradisi fiscali” dove le norme sul segreto bancario sono stringenti e dove è possibile registrare, per una cifra intorno ai 10mila euro, società anonime, schermando l’identità dei reali proprietari. Inserite nella lista delle istituzioni non collaborative da parte dell’Ocse nel 2000, tre anni dopo le Cayman hanno siglato un memorandum per intraprendere un percorso di adeguamento agli standard internazionali in termini di trasparenza e controllo, soprattutto contro la criminalità organizzata, il finanziamento al terrorismo, e l’evasione fiscale. Tanto che, dal 2007, fanno parte della Caribbean financial action task force (Cfatf), nata sotto l’ombrello della Financial Action Task Force (Fatf), ente fondato nel 1989 e composto da 36 membri tra cui l’Italia in collaborazione con Onu, Ocse e Banca Mondiale, per fissare degli standard internazionali e controllare la legislazione antiriciclaggio dei Paesi membri. L’ultimo rapporto, che risale al 2010, evidenzia ancora non poche lacune nella legislazione delle Cayman. 

Tra le particolarità vantaggiose delle Cayman, per chi operi in finanza, c’è una legislazione chiara e semplicissima, un sistema giudiziario veloce e poca o nessuna burocrazia. Per questo, la modalità classica di operare in luoghi come questo, è quella di chi, pagando le tasse sugli utili nel paese in cui è residente, può offrire però un patto chiaro con l’investitore che decide di conferire investimenti al suo fondo. Nel caso in cui si arrivi a “litigare”, il tribunale competente è quello delle Cayman, secondo regole – poche e precise – accettate da tutte le parti prima, al momento della stipulazione del contratto. 

Alle Cayman, come si legge sul sito del governo, non si paga pressoché alcuna imposta diretta. Niente tasse sul reddito, sulle imprese, sulle eredità, sulle plusvalenze delle società, sulle donazioni e sulle proprietà immobiliari. Naturalmente, questo non toglie che sui redditi ivi prodotti, le persone fisiche paghino le tasse secondo le regole e le norme dei paesi di residenza. Un residente italiano che produce il suo reddito operando lì, resta dunque sottoposto alle norme e alle capacità di controllo delle autorità italiane.  Nè sono particolarmente vantaggiose le norme per chi investa in fondi lì collocati. In altre parole, se qualcuno investe in un fondo gestito lì, se residente in Italia, paga sugli utili le stesse tasse che paga se investe – con ritorni – in una società quotata in borsa.  Diversa, e assai vantaggiosa, è invece la tassazione per chi lì è residente: nel 1985 è stata inoltre eliminata una tassa di 10 dollari delle Isole Cayman per ogni residente adulto maschio di età uguale o inferiore a 60 anni (1 dollaro delle Isole Cayman vale 95 centesimi di euro). L’unico balzello dovuto agli abitanti dell’arcipelago caraibico è un’imposta di bollo che varia dal 6 al 7,5% sul valore della proprietà immobiliare al momento della vendita, oltre a una tassa dell’1% sui mutui uguali o inferiori ai 300mila dollari locali e dell’1,5% su quelli superiori a 300mila dollari. 

La supervisione sul settore finanziario è affidata alla Cayman Islands Monetary Authority (Cima), regolatore che si occupa di dare le licenze per operare nel Paese, sia con filiali locali che come istituto estero. Secondo i dati Cima dello scorso settembre, risultano registrate 250 banche, 146 trust, 761 compagnie assicurative, 10.979 fondi comuni d’investimento. Tra questi,138 sono riconducibili alla Bain Capital di Mitt Romney, il candidato repubblicano alla Casa Bianca. Gli attivi totali depositati alle Cayman, sempre secondo la Cima, ammontavano a 1.600 miliardi di dollari a settembre 2011. 

Le Isole Cayman sono inserite nella black list dell’Agenzia delle Entrate dal 1999, e confermate con l’aggiornato del 2001. Gli uomini di Attilio Befera, negli anni, hanno predisposto una serie di circolari interpretative per chi opera con Paesi a regime fiscale privilegiato, soprattutto sulla deducibilità dell’Iva per i soggetti passivi. 

Quest’estate ha fatto scalpore la decisione, poi ritirata, del presidente McKeeva Bush di introdurre un’aliquota del 10% sui redditi dei 23mila lavoratori espatriati – il 41% della popolazione – superiori a 36mila dollari l’anno. Le proteste dei residenti sono state talmente veementi che la “tassa per lo sviluppo della comunità”, come era stato ribattezzato il tributo, non sarà introdotta in tempi brevi. Anthony Travers, presidente della Borsa valori delle isole, bollò la proposta come «la più grande minaccia in oltre 200 anni». Anche le Cayman, oramai, lottano con il deficit crescente e devono iniziare una politica di diversificazione delle proprie fonti di reddito, oltre alle imposte di bollo e a quelle sui servizi, su cui si basano attualmente gli introiti dell’ex colonia inglese. Nel 2011 il deficit del governo è sceso da 88,5 milioni del 2010 a 80,3 milioni di dollari locali, mentre il debito è salito del 3,5% rispetto al 2010 a quota 613,4 milioni di dollari, il 24,9% del prodotto interno lordo. 

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