BRUXELLES – Senza unione fiscale, l’Eurozona non ha senso. Eppure, bisognerà attendere ancora molto prima di vedere realizzato a pieno il sogno europeo. Passo dopo passo, qualcosa si sta muovendo. Dalla vigilanza bancaria centralizzata alla possibile ricapitalizzazione diretta delle banche della zona euro, passando per il già attivato fondo di stabilizzazione finanziaria, lo European stability mechanism (Esm), le tappe si stanno completando. Ma prima di vedere la creazione di un ministro europeo delle Finanze, ci vuole ancora molto. Difficile che prima del 2015 si possa vedere un assetto di questo genere. E nel frattempo, la crisi rischia di divampare ancora una volta, limitando il margine d’azione dei leader europei.
La concretezza prima di tutto. L’obiettivo di questo vertice non era l’unione fiscale, bensì quella bancaria. E alcuni progressi sono stati fatti. Il percorso resta lungo e difficile, ma la negoziazione fra gli Stati membri dell’eurozona ha permesso, seppure a tarda notte, di arrivare a una conclusione capace di tranquillizzare tutti, come ha ricordato in conferenza stampa il presidente del Consiglio Mario Monti. Tre i passaggi cruciali. Entro la fine dell’anno, questo dice il documento finale del vertice, dovrà essere deciso il quadro legale all’interno del quale sarà applicato il Single supervisory mechanism (Ssm), cioè la supervisione bancaria centralizzata. Poi, prima che si passi ala ricapitalizzazone diretta delle banche dell’area euro, ovvero il vero game changer, come lo ha definito Société Générale, ci vorrà ancora molto. Se le fonti diplomatiche più ottimiste vedono un’attivazione nel corso del 2013, quelle più caute parlano del 2014 come orizzonte temporale realistico.
La partita più grande è però un’altra. Alla vigilia del vertice il cancelliere tedesco ha detto di essere favorevole all’introduzione di un supercommissario con potere di veto sui bilanci dei singoli Stati membri. «Sarebbe il vero, concreto, primo passo verso un’unità non solo più sulla carta», ha commentato un diplomatico tedesco durante il summit. Peccato che prima il presidente francese François Hollande e poi Monti abbiamo chiuso la porta a questa soluzione, almeno per ora. Se un primo accenno è stato fatto durante la cena di ieri sera, la vera discussione ci sarà nei vertici di novembre e dicembre, per poi continuare nel corso del 2013. E dire che, come ha ricordato Monti nella lunga notte di Bruxelles, esistono già una figura che ha elevati poteri da imporre nel processo di formazione dei budget degli Stati membri: il vice presidente della Commissione Ue e commissario agli Affari economici e monetari Olli Rehn.
La questione non è nuova. Anzi. Già nel 1989, il presidente della Commissione europea Jacques Delors spiegò che, sebbene l’obiettivo nel breve termine (che poi si è rivelato di medio periodo), fosse l’unione monetaria, lo scopo di lungo periodo era quello dell’unione fiscale. E per l’ennesima volta, l’eccezionale condizione dell’eurozona ha trovato conferma. C’è una valuta comune, l’euro. C’è un’unità monetaria centrale, cioè la Banca centrale europea, che però ha come obiettivo solo la stabilità dei prezzi. Quello che manca è il bilancio europeo, gestito da una sorta di ministero delle Finanze comunitario. «La speranza è che si arrivi a un accordo entro la fine del 2013», rivela a Linkiesta un funzionario della Commissione europea.
A considerare fondamentale l’adozione di una tal struttura nell’ottica di preservare l’unione economica e monetaria è anche il mondo bancario. Secondo Société Générale è una delle misure in grado di cambiare le carte in tavola per il futuro dell’eurozona. Dello stesso parere anche Goldman Sachs e Hsbc. Per tutte e tre la via è definita, ma tutto è in mano alla politica. «Gli scontri fra il blocco dei Paesi forti e quello di quelli più deboli rischia di rallentare un processo che invece darebbe un segnale senza precedenti di unità all’interno dell’eurozona», ha commentato la banca anglo-asiatica Hsbc. Dalle parole ai fatti, del resto, i passaggi sono tanti, troppi.
La strada da percorrere è ancora tanta. Nessuno si sbilancia in date. Ma, dati i tempi che caratterizzano l’Europa, c’è da scommettere che siano necessari diversi anni prima che il processo sia ultimato. Come ha commentato uno degli sherpa tedeschi, «è l’unico modo per convincere gli investitori che l’eurozona ha la volontà per uscire dalla crisi con più forza». Purtroppo, il messaggio dell’Ue è particolarmente ostico da trasmettere. Parlare dell’introduzione del bilancio unico europeo significa parlare, anche, di un’ulteriore perdita della sovranità nazionale. In questo caso, quella dei parlamenti nazionali, in virtù di maggiori poteri verso il Parlamento europeo e la Commissione Ue. Non esattamente il tema più semplice da discutere quando le piazze sono riempite da manifestanti che chiedono sempre meno Europa.
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