Più della possibile richiesta di aiuto, fa paura un’innalzamento delle tasse. Per ora gli investitori internazionali sono sicuri: entro la fine del 2013 l’Italia chiederà un sostegno sui mercati obbligazionari. Da un lato tramite le Outright monetary transaction (Omt) della Banca centrale europea (Bce), dall’altro attraverso il fondo European stability mechanism (Esm). Eppure, una soluzione così estrema – si tratterebbe dell’aiuto finanziario alla terza economia continentale – avrebbe effetti potenzialmente meno devastanti del mantenimento dell’attuale politica economica. Troppe tasse, poca crescita: il declino dell’Italia è destinato a continuare, se si mantiene questa strada.
La recessione? Può peggiorare per via delle tasse. È questo ciò che rimarcano le più importanti banche internazionali. «Le tasse per le imprese sono troppo elevate, specie nel confronto con la Germania, ma anche con l’Irlanda», scrive il Crédit Agricole. «Se ci fosse un taglio delle imposte dirette e indirette, si avrebbe quello che si definisce come game-changer», spiegano gli analisti della banca transalpina. Dello stesso avviso è Goldman Sachs. Secondo la banca più celebre di Wall Street nel caso Roma continuasse con queste politiche, non ci sarebbero margini per un ritorno alla crescita economica secondo quanto preventivato dal governo di Mario Monti e dal Tesoro, cioè nel corso del 2013. In pochi fanno stime a lungo raggio, ma è probabile, dice Citigroup, che con questo assetto, i primi barlumi di incremento del Pil possano vedersi solo a partire dalla fine del 2014. Troppo tardi, quindi.
La pressione fiscale italiana non è mai stata così elevata. Secondo i dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) l’Italia rimane fra i Paesi con la più alta tassazione al mondo. Per il 2011 il carico fiscale sulle spalle dei contribuenti ha toccato quota 47,6%, mentre per il 2012 si registrerà un altro aumento. Secondo i dati di Confindustria, il peso delle imposte potrebbe superare il 55% entro la fine del 2012, se si conta anche il Pil sommerso, oltre 170 miliardi di euro secondo i calcoli di Confcommercio. Il presidente degli industriali, Giorgio Squinzi, lo ha rimarcato più volte: senza una riforma fiscale, l’Italia non può uscire dalla recessione.
A ribadirlo c’è anche il Fmi. Nell’ultimo Fiscal monitor, rilasciato la scorsa notte, viene evidenziato che le politiche economiche caratterizzate da un mix di nuove imposte, tagli lineari alla spesa pubblica e poche misure per la crescita sono deleterie. In altre parole, con la sola austerity non si va avanti. Basti pensare alla situazione in Grecia. Attualmente, le previsioni del Fmi sono per un rapporto debito/Pil al 181,8% nel 2013, quasi 21 punti percentuali in più rispetto le stime di aprile. Colpa delle politiche di austerity? In parte sì, in parte no. In altre parole, un concorso di colpa. Se le imposte vengono innalzate, gli effetti recessivi già in corso saranno amplificati.
Lo stesso concetto è stato ripreso dalla banca tedesca Deutsche Bank. La scorsa settimana ha pubblicato un interessante analisi di come i sistemi di tassazione europei stanno rallentando la crescita economica. Tre i metodi di tassazione: sui capitali, sui consumi, sul lavoro. Molteplici gli effetti in caso di innalzamento dell’uno o dell’altro fattore. Considerando l’Italia, per rilanciare competitività, produttività e crescita bisognerebbe prendere spunto da ciò che ha fatto la Germania nel 2000. «La corporate tax fu abbassata dal 45% al 20%, in vista di una ulteriore riduzione, poi effettivamente avvenuta nel 2007, fino al 15 per cento», ha ricordato Deutsche Bank. Della ricetta tedesca parlano anche gli analisti di HSBC. La banca anglo-asiatica in più di un’occasione ha segnalato che solo una riduzione delle imposte potrebbe rilanciare l’Italia. «Purtroppo, è più facile tassare i consumi, piuttosto che tagliare la spesa pubblica o abbassare le imposte sul lavoro», spiega HSBC.
La situazione in cui si trova l’Italia non è facile. Secondo le stime di Morgan Stanley, nel 2013 l’Italia avrà emissioni lorde per 401 miliardi di euro, con una redemption di 355 miliardi. Peggio sarà il 2014, con emissioni lorde per 417 miliardi di euro e redemption di 378 miliardi e il 2015, con emissioni lorde di 443 miliardi e redemption di 407 miliardi. Se a questo quadro si aggiunge la difficoltà in cui si trova l’eurozona, in aggiunta ai già elevati oneri tributari che paga l’Italia nel confronto con i membri dell’eurozona, la conclusione degli investitori internazionali non può che essere una. Sia Monti sia il prossimo inquilino di Palazzo Chigi non devono aumentare le tasse.