ROMA – Al termine dell’ultima votazione, quando i delegati dell’assemblea nazionale Pd escono dall’hotel Ergife, il più richiesto dai giornalisti è Roberto Reggi, il responsabile organizzativo della campagna elettorale di Matteo Renzi. Mentre il braccio destro del sindaco rottamatore risponde alle domande, accerchiato dalle telecamere, un delegato bersaniano si avvicina e grida: «A Reggi, ti è andata bene. Non piangere sempre».
In realtà è andata bene a tutti. Persino meglio delle previsioni (non è un caso se a inizio lavori la presidente Rosy Bindi aveva fissato l’orario di chiusura alle 18.30, mentre l’assemblea si scioglie quasi tre ore prima). Il partito non si spacca, come molti temevano. Per ora nessuna rottura. Renzi potrà partecipare alle primarie, anche se molti nodi legati al regolamento restano irrisolti. Il risultato è quasi imprevisto: Il Partito democratico esce dall’atteso appuntamento di oggi stranamente unito e compatto. Altro che componenti. La delega a Pier Luigi Bersani sul regolamento delle primarie viene approvata addirittura all’unanimità. «Un capolavoro di democrazia» si compiace il segretario. Le furiose discussioni delle ultime settimane sembrano non essere mai esistite.
La prima conferma che la giornata sarà tranquilla arriva in mattinata, quando Rosy Bindi annuncia all’assemblea il numero dei delegati presenti. Nei giorni scorsi era circolata con insistenza l’ipotesi di qualche assenza strategica per sabotare le primarie. Ma i contatti delle ultime ore hanno avuto effetto: Bersani è riuscito a disinnescare la prima trappola. Su 949 componenti dell’assemblea, si presentano a Roma in 612. La maggioranza assoluta per approvare la modifica allo Statuto che permetterà la candidatura di Renzi è fissata a 475.
Qualche preoccupazione arriva verso l’ora di pranzo. Poco prima di iniziare a votare. All’attenzione dell’assemblea vengono presentati tre documenti. Il primo è il mandato al segretario Bersani per trattare con gli alleati di centrosinistra Sel, Psi il programma politico e le regole delle primarie. Nel testo ci sono le indicazioni di base: ballottaggio, iscrizione all’albo degli elettori, impegno dei candidati a rispettare l’esito del voto. Gli altri due documenti che il parlamentino Pd deve approvare sono la modifica statutaria che permetterà ad altri esponenti Pd di presentarsi alle primarie (lo statuto Pd prevede la sola presenza del segretario) e il tetto di sottoscrizioni necessarie per la presentazione di ogni candidatura.
Le regole delle primarie sono volutamente generiche. Mancano alcuni dettagli. Ad esempio non si specifica se chi non ha partecipato al primo turno potrà votare anche al ballottaggio (su questo Renzi e Bersani si sono divisi). Ma non viene neppure chiarito se la registrazione all’albo degli elettori potrà avvenire nello stesso seggio elettorale (come chiede il sindaco fiorentino).
Ieri è stato trovato un accordo. L’intesa tra Bersani e Renzi non prevede modifiche ai tre documenti. Eppure alcuni delegati iniziano a lavorare su una serie di emendamenti. All’Ergife cominciano a diffondersi le prime preoccupazioni. I delegati vicini al sindaco rottamatore si riuniscono nella sala “Camper”, così denominata in onore della campagna elettorale di Renzi. Si studiano le mosse degli avversari. Lui non c’è. Renzi ha preferito proseguire il suo tour elettorale. E la sua assenza crea più di qualche malumore tra i tanti dirigenti democrat presenti (il più infastidito sembra il senatore Marini).
Alla fine gli emendamenti sono cinque, quasi tutti frutto della corrente vicina a Rosy Bindi. La proposta di modifica più invisa ai renziani prevede che gli elettori non si possano iscrivere all’albo nei gazebo dove andranno a votare. Per salvare la giornata ed evitare scontri deve scendere in campo direttamente Bersani. È lui, durante la replica, a chiedere ai delegati di ritirare ogni emendamento. «I documenti parlano chiaro» spiega il segretario, che offre ai presenti un «suggerimento di saggezza». I dettagli del regolamento saranno discussi in un secondo momento, insieme agli alleati di centrosinistra. «È un fatto di buonsenso» prosegue il vicesegretario Enrico Letta.
Gli emendamenti vengono ritirati. Il mandato al segretario con le linee guida del regolamento per le primarie viene approvato all’unanimità. Stessa sorte, o quasi, per la modifica statutaria. La norma straordinaria che apre alle candidatura di Renzi, Sandro Gozi e Laura Puppato viene approvata con 575 voti a favore (ne sarebbero bastati cento di meno). Solo otto i delegati contrari, un astenuto.
A fine assemblea tutti si dicono soddisfatti. Festeggia Bersani, festeggiano i renziani. Tanti dirigenti si affrettano a smentire le indiscrezioni dei giorni scorsi. «Chi pronosticava uno psicodramma democratico – sorride Rosy Bindi – può riposare tranquillo questa notte». In realtà sono in molti a tirare un sospiro di sollievo.
Sorrisi e soddisfazione a parte, l’impressione è che lo scontro sulle regole sia solo rimandato. ll rischio di confusione resta alto. Uscendo dall’hotel il capodelegazione renziano Roberto Reggi spiega: «Siamo soddisfatti per il risultato ottenuto, quello che avevamo chiesto, raggiunto grazie alla nostra determinazione e alla complicità delle persone ragionevoli attorno a Bersani». Si torna a parlare dell’iscrizione degli elettori all’albo. E degli emendamenti fatti ritirare dal segretario. «Diamo per scontato – prosegue Reggi – che ci si potrà registrare al momento del voto e che si potrà votare anche solo al secondo turno».
In realtà non è così. Tra gli ultimi a uscire dalla sala, il presidente Rosy Bindi raggiunge la sala stampa per chiarire ai giornalisti: «L’iscrizione all’albo degli elettori termina la domenica del primo turno». L’opposto di quello che sostiene Reggi. La presidente Pd non sente ragioni. «Chi non si è iscritto per tempo, non può votare al secondo turno. Forse qualcuno non ha seguito bene i lavori dell’assemblea. Poi, se uno riesce a dimostrare che era ammalato o era all’estero…».
Ma le incomprensioni non si limitano alla data di chiusura dell’albo degli elettori. Ci si potrà registrarare nello stesso luogo dove si voterà? Mistero. I renziani sono convinti di sì. La Bindi no. «È una questione organizzativa – spiega – e come tale sarà demandata al tavolo degli alleati. Ma se vogliamo permettere alle persone di partecipare è molto meglio registrarsi e votare in due luoghi diversi, visto che così le code saranno meno lunghe».