Portineria MilanoBeppe Grillo alla conquista della Lombardia «degli scandali»

Beppe Grillo alla conquista della Lombardia «degli scandali»

Fino a tardi la notte su Skype a parlare di politica. Nel fine settimana. Quando non si lavora, per arrivare poi la mattina di lunedì con le «occhiaie» sul posto di lavoro. La vita dei grillini in Lombardia si svolge così. «Nelle notti tra sabato, domenica e lunedì c’è il picco di partecipazione su internet, ci confrontiamo sui programmi e su quello che c’è da fare, siamo gente che lavora e non possiamo che occuparci di politica nel tempo libero», racconta Vito Crimi, ex candidato «governatore» del Movimento 5 Stelle in Lombardia nel 2010, un posto da impiegato al tribunale di Brescia e una gran voglia di scardinare nel 2013 i vecchi schemi del tessuto economico-politico lombardo, travolto da inchieste di ogni tipo, per corruzione, ‘Ndrangheta, finanziamento illecito ai partiti e chi più ne ha più ne metta. «Io non mi candido», avverte Crimi. «lo decideremo tutti insieme, stiamo facendo riunioni su riunioni: ci faremo trovare pronti per le elezioni, il 27 gennaio o anche dopo». 

Dopo l’exploit in Sicilia – dove il suo è il primo partito anche se il candidato Giancarlo Cancelleri è arrivato terzo – Beppe Grillo punta sulla Lombardia «degli scandali» dove il dimissionario Roberto Formigoni ha costruito un feudo incontrastato durato quasi 17 anni, fondato sull’alleanza di centrodestra tra Lega Nord e Pdl. Il Movimento 5 Stelle, nato una manciata di anni fa su internet, con i Meetup è diventato ormai una realtà ben strutturata, capace di far invidia anche a un partito organizzato come il Carroccio. In ogni provincia lombarda si contano in media più di mille iscritti a gruppo, mentre solo a Milano sono circa 3mila. Non ci sono stime precise – anche perché M5S non può essere paragonato agli altri partiti – ma il comico genovese tra le valli padane si ritrova un esercito di 20 mila persone, che ha voglia di fare e che continua a raccogliere consensi.

Si contano poi amministratori in tutta la Lombardia, eletti alle ultime elezioni amministrative del 2011 e 2012. Oltre a Mattia Calise a Milano, il caso più celebre a palazzo Marino, nell’hinterland meneghino, senza dimenticare i gli 11 rappresentanti nelle zone del capoluogo lombardo, Grillo conta diversi consiglieri comunali. Tra questi, Laura Antimiani ad Arese, Mauro Aimi a Cernusco sul Naviglio, Walter Mio a Cesano Maderno, Luca Ceruti a Como, Alessandro Boldi e Christian Di Feo a Crema, Luisa Sabbadini a Desenzano del Garda, Riccardo Olgiati a Legnano, Mauro Rolfi a Gussago, Matteo Afker e Emanuele Viganò a Garbagnate Milanese, Daniele Berti a Legnano, Emanuele Sana a Lissone, Nicola Fuggetta e Giammarco Novi a Monza, Angelo Scaratti a Palazzolo sull’Oglio, Gregorio Mammi a Pieve Emanuele, Alessandra Salamina a San Donato Milanese, Serena Franciosi a Sesto San Giovannni, Stefano Castiglia a Tradate, Daniela Gobbo a Varedo, Giampaolo Sablich a Busto Arsizio, Stefano Castiglio a Tradate, Francesco Cammarata a Varese

In una regione dove Pdl e Lega continuano a litigare sul candidato – con da una parte Formigoni che spinge per Gabriele Albertini e i leghisti con Silvio Berlusconi per Roberto Maroni -, Grillo potrebbe aumentare ancora di più i suoi consensi, anche stando fermo. Non è un caso che per le prossime elezioni i grillini abbiano iniziato a parlare di «fase 2». Meno slogan di accuse, ma più contenuti, perché – spiegano – «vogliano far conoscere i nostri programmi e parlare con la gente. Vogliamo costruire qualcosa di importante, smentendo chi sostiene che non possiamo essere capaci di gestire una realtà così complessa come quella lombarda: gli altri erano gli esperti e guardate dove siamo finiti». 

A livello regionale, i sondaggi danno M5S tra il 15 e il 21 %. «Noi i sondaggi non li guardiamo e non li facciamo costano troppo. L’importante è il percorso non il risultato», ricorda Crimi che può sfruttare pure le indagini – unite alla disaffezione del vecchio elettorato dalla politica – che continuano a volteggiare intorno al Pirellone come l’indecisione del Partito Democratico nel trovare un candidato plausibile. Del resto, anche tra le fila dei democratici si contano nuove inchieste, nate sulla scia di quella legata all’ex candidato nel 2010 Filippo Penati. 

In questo clima da ultimi giorni di Pompei, Beppe Grillo (che farà un comizio in piazza Duomo due settimane prima delle elezioni) insieme con i suoi rischia di fare il botto. Tra l’altro con spese molto contenute, lontano anni luce dalla logica dei contributi elettorali o delle aziende di comunicazione «dell’amico degli amici». Il Movimento 5 Stelle ha un regolamento in questo senso: spendere sempre il minimo per eventi pubblici o per la campagna elettorale. Così capita che il palco per Grillo arrivi al massimo a costare poco più di mille euro e che per gli spazi dove riunirsi ci si arrangi alla bene e meglio: sabato scorso a Bergamo in assemblea erano 400. Inoltre, invece che affidarsi all’acquisto di spazi pubblicitari, i grillini puntano solo su spazi di propaganda politica offerti dai comuni.

Tv e radio non sono vietate. E anche se gli esperti di marketing consigliano loro di partecipare di più ai talk show, loro preferiscono declinare le offerte, proprio perché non vogliono far parte di «Terze Camere», come quella di Bruno Vespa a Porta a Porta o Ballarò di Giovanni Floris. Ma su Radio Popolare ci vanno oppure anche sulle tv locali, dove «non ci sono sempre le stesse facce». Di alleanze non se ne parla. Anzi. Se prima i partiti provavano a offrire loro un rametto d’ulivo, ora non ci provano neanche più.  

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