NEW YORK – E dunque, dopo l’arrivo dell’uragano Sandy e la gestione dell’emergenza unanimemente lodata, Barack Obama vede sensibilmente più vicina la rielezione. Lo dicono i sondaggi e gli umori circolanti per l’America di tutti colori, lo dicono soprattutto i dati di un recupero tangibile (per quanto valgono dappertutto i sondaggi) negli stati chiave dello Ohio e della Florida. Ma mentre l’America democratica incrocia le dita e spera che i sondaggi non vengano smentiti, ce n’è un’altra che di altri quattro anni di Obama non vuole proprio sentir parlare. Le parole d’ordine di questi Stati Uniti anti-Obama, che ancora sperano in una vittoria di Romney, ce le racconta Robert Raciti, managing director in una merchant bank a Ney York, nella quale è responsabile dei settori Tecnologia, Media e Comunicazione.
«Io sono un investitore e la vedo in modo molto semplice: se Barack Obama fosse un amministratore delegato, verrebbe semplicemente licenziato. Facciamo due conti semplici semplici: ha perso il doppio dei soldi dei suoi predecessori e, insomma, ci sono trilioni di ragioni per cui non vogliamo finire come la Grecia…».
Ma davvero è così evidente e matematicamente provabile il suo fallimento?
«Vi servono altri dati oltre quelli dei soldi che abbiamo perso? Bene. Quando è diventato presidente c’erano 31 milioni di persone che ricevevano cibo all’interno dei programmi per indigenti. Oggi sono 46 milioni, che è come dar da mangiare all’intera Spagna.Quando uno guida un paese non può perde un trilione l’anno, vedere crescere così tanto la povertà e la spesa ed essere anche riconfermato…»
Quali sono i più grossi errori politici e culturali di Obama?
«Il primo, il principale è quello di non aver creato un ambiente favorevole, amichevole nei confronti di chi, rischiando mezzi propri, crea opportunità di lavoro e di impresa. Penso soprattutto alle piccole e medie imprese, che danno da lavorare a più persone di quanto facciano le grandi, anche se nessuno lo dice».
E in che modo, con quali decisioni, Obama avrebbe tagliato le gambe ai piccoli e medi imprenditori?
«Conosco molte persone che hanno fondato o guidano piccole e medie imprese, e nessuno di loro può permettersi di assumere più a causa della riforma sanitaria e dell’innalzamento della tassazione. Una riforma sanitaria – voglio dirlo chiaramente – semplicemente insostenibile per le piccole imprese Tutti loro, davvero tutti loro,. dicono che non possono permettersi di assumere. L’incentivo al profitto, all’investimento per guadagnare, è sempre più basso e la tassazione progressiva veramente iniqua e penalizzante. Mi colpisce molto che l’America fatichi a capire che chi investe e rischia deve essere premiato: perché se guadagna sta creando lavoro e ricchezza per tutti, mentre se va male perde i suoi soldi. Dopo tutto, il sogno americano era proprio questo: creare ricchezza e benessere, e premiare chi aveva il coraggio le idee e la voglia di rischiare».
Eppure Obama sembra cavarsela, nei sondaggi. Vuol dire che sono gli americani che si sono dimenticati il sogno americano? O forse stanno “cambiando” sogno?
«Bisognerebbe ripristinare principi di proporzionalità, e una tassazione giusta e davvero uguale per tutti, che non penalizzi drammaticamente chi guadagna più di 250 mila dollari l’anno. La ricetta è semplice ed è ormai nota: con più stato, con troppo stato, non si va da nessuna parte, e la storia è lì ad insegnarcelo. Obama è un grandissimo oratore, ma gli americani dovrebbero guardare anche ai risultati delle sue azioni, e non solo a come suonano bene le sue parole…»
E lei che di mestiere si occupa di investimenti e finanza di impresa, che clima sente attorno?
«È tremendo accorgersi come anche nel nostro paese, un paese per Dna amico di chi fa impresa e investe, la gente non capisce cosa sia il private equity. Pensano che siamo speculatori, e invece investiamo soldi ed energie per rilanciare e dare forza alle aziende. Bisogna abbassare tasse a chi investe soldi qui, è molto semplice perché se andiamo avanti così chi ha soldi e idee non verrà più in America, ma in paesi più amichevoli. Non riesco, davvero non riesco a capire come la società americana faccia fatica a capire che questo è stato il peggiore della storia americana: aveva detto che avrebbe ridotto il deficit e invece lo ha raddoppiato, e ha fatto il contrario di quello che ci insegna la nostra grande storia».