È una bella storia d’amore, quella di Cosimo e Nicole, in sala dal 29 novembre. Una storia potente e romantica, ma anche molto dura. Come dura è la circostanza del loro incontro, a Genova, durante i giorni del G8.
Nicole, 17 anni, francese, viene colpita dal manganello di un poliziotto. Cosimo la soccorre e con l’aiuto di Paolo, un tecnico del suono che organizza concerti, la porta in salvo. Da allora i due non si lasciano più, travolti da un innamoramento libero, vorace, allegro, senza freni né paure, vissuto con l’impudenza propria dei vent’anni. Si sentono forti, Cosimo e Nicole, attraversano un’Europa senza più frontiere, così vagabondi e spensierati che a seguire quel loro girovagare innamorato e luminoso ti viene un’invidia e una nostalgia che fanno quasi male.
Dopo un po’ si fermano: di nuovo a Genova, la loro città, e vanno a lavorare per Paolo, il primo amico comune. Ma il capoluogo ligure non porta fortuna ai due innamorati che si troveranno coinvolti in una brutta storia dove dovranno decidere che cosa è bene e giusto fare e che cosa invece non si può sopportare, né perdonare. Sarà una scelta, questa, che li porterà a scontrarsi, a non capirsi più, a sentirsi per la prima volta soli, anche se sempre insieme.
Francesco Amato racconta questa storia con trasporto, riuscendo a coinvolgere lo spettatore sia nella passione dei due protagonisti sia nella tensione crescente che si insinua nella loro vicenda. Il regista torinese, 34 anni, gestisce infatti con sapienza la scansione di tre diversi piani temporali, e ti fa voler bene sia a Cosimo sia a Nicole, interpretati con intensità e misura da un Riccardo Scamarcio sempre più bravo e da una giovanissima Clara Ponsot, vera rivelazione di questo film, presentato al festival di Roma e premiato come miglior lungometraggio nella sezione “Prospettive Italia”.
I due attori sono i pilastri su cui si regge il film: oltre che bravi, sono anche bellissimi. Lei addirittura strepitosa. Amato lo sa bene e ce li mostra con grande generosità tra primi piani mozzafiato, che entrambi reggono benissimo a cominciare dalla Ponsot, e abbondanti sequenze, mai volgari, dove la coppia amoreggia con gran passione e allegria.
È una bella storia d’amore, si diceva. Ma non solo: mi sembra voglia essere anche la dolente rappresentazione della disillusione che hanno vissuto e stanno vivendo i ragazzi che avevano vent’anni nel Duemila, proprio come il regista, un decennio che si annunciava radioso sulla scorta dell’inizio di un nuovo millennio e che invece ha tradito i sogni di tutti, dei giovani prima di chiunque altro, che si ritrovano oggi a fare i conti con una realtà spietata di crisi e disillusione.
Non a caso la colonna sonora, ricca e ben ideata da Francesco Cerasi, comprende anche brani di gruppi come i Marlene Kuntz, gli Afterhours, i Verdena, che hanno raccontato, con le loro atmosfere cupe, il buio di questi anni. Funziona tutto, insomma, in questo lavoro di Francesco Amato, costruito con intelligenza e grande coinvolgimento.
Forse sarebbe stato meglio, però, farlo finire cinque minuti prima, evitando di rendere esplicite direzioni che rischiano di sembrare un po’ banali. Bisogna avere più fiducia negli spettatori.