Da Putin a Castro, quando le malattie dei leader diventano segreto di Stato

Da Putin a Castro, quando le malattie dei leader diventano segreto di Stato

«È giallo sulle condizioni di salute del primo ministro / del presidente / del re». Quante volte abbiamo letto sui giornali titoli simili a questo? L’ultima voce arriva dalla Russia, dove si è diffusa come una scheggia impazzita nelle ultime 48 ore, da San Pietroburgo alla Siberia. La notizia è che «Putin sta male», messo in ginocchio da alcuni problemi fisici alla schiena e costretto a cancellare tutti i suoi prossimi impegni istituzionali. A quanto sembra, il presidente russo sta patendo il riacutizzarsi di una vecchia lesione alla colonna vertebrale, dopo aver messo a dura prova il suo corpo volando insieme alle gru siberiane nel mese di settembre.

Dal Cremlino è arrivata, puntuale, la smentita di rito: «Si tratta soltanto di uno strappo muscolare», ha riferito un portavoce. Ma dai giornali di Mosca trapela la notizia che Putin si sarebbe ritirato nella sua casa di Novo Ogarevo per curarsi. E l’annullamento del previsto discorso alla nazione di fine anno, rinviato al 2013, non fa che aumentare i sospetti. Ma Vladimir Putin – avvistato zoppicante un mese fa, al summit Apec di Vladivostok – non è l’unico leader sulle cui condizioni di salute aleggia una sorta di «segreto di Stato». Anzi. Nascondere i problemi di salute dei leader è sempre stata una delle chiavi della comunicazione politica, sopratutto nei regimi totalitari. La storia lo conferma.

Guardando agli ultimi decenni, un nome svetta sugli altri: Fidel Castro. Il Líder Máximo è stato dato per morto più volte, e più volte è tornato alla ribalta per dimostrare la bontà delle proprie condizioni di salute. Ad inizio ottobre l’ennesima voce sul suo decesso ha fatto il giro di internet. Alcuni giornali parlarono di un condottiero in fin di vita, incapace di intendere e di respirare e nutrirsi in autonomia. A smentire le voci dovette intervenire Alex Castro, il figlio, che assicurò come il padre stesse «bene, leggesse e facesse esercizio fisico». Il 17 ottobre il Ministro della Salute Roberto Morales aveva letto in televisione un messaggio scritto proprio dall’ex Primo Ministro cubano. Che però non appare in pubblico da mesi. «Non c’è nessuna certezza», ha scritto di recente Yoani Sanchez.

Durante la guerra civile in Libia, nel 2011, secondo una voce, rivelatasi poi infondata, Mu’ammar Gheddafi era stato colpito da un ictus. Tutto falso. E al figlio della guida suprema libica, Khamis, venne scritto l’epitaffio per ben quattro volte durante il 2011. Anche qui si trattò di un rumour mai confermato, al punto che nei giorni scorsi sono circolate nuove voci riguardanti la presunta uccisione del ventinovenne colonnello (nuovamente smentite). Dal Nordafrica all’estremo oriente, la storia non cambia. Il dittatore nordcoreano Kim Jong-il, secondo alcuni, morì nel 2003, e negli anni successivi fu sostituito da un sosia durante la apparizioni in pubblico. L’ennesima bufala? Forse. La data ufficiale del suo decesso, nei libri di storia, è il 17 dicembre 2011.

Anche sulle condizioni di salute di Berlusconi sono stati scritti interi romanzi. Nel 2009 fu David Thorne, ambasciatore americano a Roma, a parlarne, in un documento secretato poi rivelato da Wikileaks. Nel dispaccio, il diplomatico definiva l’ex primo ministro italiano come «fisicamente e politicamente debole». A conferma della tesi, Thorne riportava le dichiarazioni di alcuni stretti confidenti del premier – Gianni Letta e Giampiero Cantoni – i quali ammisero di «essere preoccupati dalla sua salute», spifferando come i test medici sostenuti da Berlusconi fossero risultati «un gran casino». Ma questa, tuttavia, è un’altra storia.

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