Alla fine Obama ce l’ha fatta. È stata, come previsto, una battaglia combattuta in molti stati chiave, ma ce l’ha fatta. A meno di non aver creduto che fosse l’uomo dei miracoli, Obama non è stato una delusione. Le aspettative basse in questi casi sono d’aiuto. Non sorprendeva ora vederlo reclamare di stare alla Casa Bianca senza neppure un programma. Quello che aveva nelle scorse elezioni, fatto di green economy e Big Government, era illusorio, come hanno mostrato i fallimenti delle società “verdi” su cui aveva scommesso Obama. Meglio quello attuale, che si limita al mantenimento dello status quo. In pratica il suo secondo mandato sarà una sorta di governo tecnico, senza una idealità che trascenda la mera amministrazione del quotidiano. Ma allo stesso tempo, come sempre nei secondi mandati, ora che non deve essere rieletto potrà tirare fuori il coraggio e la libertà che gli sono mancati nel primo. Al Senato fra l’altro i democratici hanno conservato la maggioranza.
E il coraggio gli servirà. La spesa federale era di 3,52 trillioni nel 2009 (il 25,2% del Pil) e nel 2012 è rimasta di 3,54 trillioni (il 22,7% del Pil) mentre a gennaio, se non si trova prima un accordo, scatterà il “fiscal cliff” con i suoi 600 miliardi di tagli alla spesa e aumento delle tasse. Col rischio di far ripiombare l’economia Usa in recessione. I repubblicani hanno già fatto capire che non faranno sconti al presidente rieletto. Spetterà a lui ritrovare lo spirito bipartisan di quando si presentò da senatore dell’Illinois alla Convention di Boston nel 2004 dicendo che «non esiste una destra e una sinistra ma esistono gli Stati Uniti d’America». Da lì dovrà ora ripartire. Obama ha ereditato da Bush un paese economicamente a pezzi, ed è riuscito a evitare il peggio. Dare una protezione sanitaria a quei 40 milioni di americani che non l’avevano è stata una cosa giusta tanto più dopo che in questi ultimi 20 anni il divario fra ricchi e poveri si è ulteriormente allargato. Ha poi trovato e ucciso Osama, e questo non è poco. La sua rielezione avviene su questi e altri temi, anche se resta ironico che nei tempi recenti, oltre a lui, siano stati rieletti per un secondo mandato sia Clinton che Bush figlio e non Bush padre considerato il miglior presidente della storia recente, colui che gestì il crollo del comunismo senza spargimenti di sangue e che mise le basi per il boom economico di cui poi beneficiò Clinton.
Barack Obama poi è una figura strana. Newsweek gli mise dietro un reporter per tutta la durata della sua prima campagna elettorale, lo seguì ogni giorno per più di un anno. Il suo lungo resoconto, fatto dal giornale che primo gli dedicò una copertina quando era ancora senatore, aveva del sorprendente. Il reporter raccontò che quella volta non era stata la stampa liberal a innamorarsi di lui. L’uomo è molto freddo, a tratti parecchio arrogante. La battuta che circola è che sia bianco dentro, e che sia stato Clinton il vero presidente nero. Il motivo per cui i giornalisti scrivevano così tanto di lui, raccontò il reporter, era un altro: che piaceva agli editori perché faceva vendere molto i giornali. Chi non ricorda che dopo la prima elezione il marchio Obama fu usato per una miriade di prodotti perché dovunque ci fosse la sua faccia la gente era pronta a comprare?
Un momento della festa nel quartiere generale di Obama
Detto tutto ciò Obama restava la scelta migliore per diverse ragioni. A partire dalla scelta di un vice come Paul Ryan che è stata sciagurata per Romney. Oltre a essere un estremista il punto è anche un altro. Gli occorreva un Joe Biden, qualcuno con una forte esperienza in politica estera che a Romney manca del tutto. Non è un caso che Obama abbia vinto anche in Wisconsin nonostante Ryan fosse deputato di questo stato. In più per noi europei la dura retorica di Romney sulla Russia ci avrebbe costretto a un cambio di politica verso Mosca che avrebbe potuto avere un effetto sui costi del nostro approvvigionamento energetico proprio mentre gli Usa si dotano di un vantaggio competitivo grazie allo shale gas. E alla tanta scassata Europa ci mancava solo questo.
L’aver giocato la partita sull’ala destra non è stato premiante, come molti gli dissero sin dall’inizio. Anche se la maggioranza degli americani ha votato pensando all’economia, il ticket Romney-Ryan ha più spaventato che fatto sognare. Poteva giocare alcune carte. Ad esempio Romney paga il 15% di tasse perché la sua ricchezza è fatta di rendita, mentre sul lavoro si paga il 36%. Avesse proposto di riequilibrare le due voci la sua credibilità ne avrebbe tratto giovamento. Molto probabilmente tuttavia non sarebbe stato un cattivo presidente neppure lui, alla fine il sistema Usa costringe tutti i presidenti a fare dei compromessi. Ma per noi europei la continuità di Obama non può che essere una buona notizia. Bisogna vedere se lo sarà anche per gli americani.
Twitter: @jacopobarigazzi