Grecia, trovato l’accordo per il terzo salvataggio

Grecia, trovato l’accordo per il terzo salvataggio

Il terzo salvataggio della Grecia è arrivato. Guai però a chiamarlo così: ufficialmente si tratta di una modifica al programma del secondo bailout. Dopo il fallimento delle trattative nella scorsa settimana, l’Eurogruppo ha approvato le nuove misure di sostegno per Atene, che dovranno portare il debito pubblico al 124% del Pil nel 2020 e al 110% nel 2022. Via libera quindi anche alle tranche del secondo piano di salvataggio, circa 44 miliardi di euro, compresi i pacchetti di aiuto alle banche elleniche. Ma, sottolineano le banche d’investimento, il debito ellenico era e resta insostenibile. 

La sorpresa è che, per una volta, non ci sono sorprese. Durante il Consiglio europeo iniziato lo scorso giovedì i leader europei avevano garantito che si sarebbe trovato un accordo nel vertice di oggi. E la promessa è stata mantenuta. Non sarà invece applicato un nuovo piano di ristrutturazione del debito. Fonti diplomatiche spiegano che non ci sono i margini per farlo. Sedici Paesi dell’Eurozona su diciassette hanno detto di no a questa soluzione, mentre non è chiaro chi sia stato quello a votare a favore. Eppure, la via dell’Official sector involvement (Osi), cioè la partecipazione volontaria alla ristrutturazione parziale del debito da parte dei creditori pubblici, che detengono il 70% del debito ellenico, circa 340 miliardi di euro, è quella che viene definita dalle banche d’affari come l’unica possibile. Per Goldman Sachs «non ci sono alternative», mentre per J.P. Morgan l’Osi è funzionale solo se unito a un comparto di misure suppletive, come il finanziamento continuo delle banche elleniche da parte della Bce.

Proroga di dieci anni per il rimborso dei prestiti via EFSF, tassi d’interesse sui prestiti più bassi, nascita di un escrow account (un fondo, gestito da terzi, per gli aiuti finanziari), riacquisto di parte del debito pubblico. Sono queste le vie che si stanno percorrendo e che, nelle previsioni del Fondo monetario internazionale, dovranno rendere sostenibile il debito ellenico entro la fine del decennio. I dati però sono contrastanti. Fare previsioni a medio-lungo termine con un’economia in depressione come quella greca è tanto difficile quanto azzardato, dati i precedenti.

A escludere l’idea che ci possa essere un condono tombale del debito greco, opzione che è circolata nei giorni scorsi, sono stati due membri della Bce, il vicepresidente Vítor Constâncio e il membro tedesco Jörg Asmussen. In compenso, l’istituzione di Francoforte è pronta a dare una mano ad Atene. Non nella maniera canonica, però. Invece che tramite soldi, tramite la rinnovata accettazione dei collaterali ellenici, un buy-back del debito e un eventuale rollover dei bond detenuti in portafoglio.

Nel frattempo, preoccupa la situazione dell’economia greca. Secondo la banca statunitense Morgan Stanley il Pil si contrarrà del 6,5% quest’anno, del 4,5% nel 2013 e di un punto percentuale nel 2014. Di contro, se non ci sarà un intervento diretto, il rapporto debito/Pil crescerà fino al 193,9% nel 2014. E dire che era a quota 148,3% nel 2010 ed è stato oggetto di una ristrutturazione del debito, la prima nella storia dell’eurozona, nello scorso marzo. «L’insostenibilità del debito greco è conclamata, per questo è necessario una partecipazione dei creditori pubblici per abbattere il debito», spiega Morgan Stanley. Tutte soluzioni già dette, già sottolineate, già previste.

Il problema, di contro, è trovare una posizione che accontenti tutti. Più facile a dirsi che a farsi. La posizione del Fondo monetario internazionale (Fmi) è chiara: una seconda ristrutturazione del debito è possibile e necessaria. Se l’obiettivo vuole essere quello di riportare il debito al 120% del Pil entro il 2020 (o entro il 125% secondo le ultime stime durante il vertice), serve uno sforzo significativo da parte di tutti. In altre parole, soldi: un taglio di 40 miliardi di euro, immediato, e poi altri successivamente. Eppure la Germania dice no al condono e spinge per più concessioni temporali, unite a una riduzione dei tassi d’interesse sui prestiti. Berlino sa che le perdite potrebbero colpire direttamente i contribuenti tedeschi. In vista delle elezioni, previste per l’autunno 2013, è difficile che il Cancelliere tedesco Angela Merkel possa giocarsi una carta così delicata come l’Osi. «Forse dopo la tornata elettorale tedesca arriverà, ma non prima», spiegano gli analisti del Credit Suisse.

La spirale in cui è entrata la Grecia è destinata a essere ancora intensa. Gli investitori sono però calmi, quasi fossero in temporaneo stato di quiete. Il motivo, spiega Société Générale, è da ricercarsi nelle armi messe in campo da Banca centrale europea ed eurozona, ovvero le Outright monetary transaction (Omt), con cui la Bce può comprare titoli di Stato sul mercato obbligazionario secondario, e lo European stability mechanism (Esm), il fondo da 500 miliardi di euro a protezione dell’area euro. «La calma apparente è destinata a finire una volta che sarà attivato uno dei due strumenti», spiegano gli analisti della banca francese. Un test vero e proprio, quindi, che sarà utile per capire cosa si attendono gli investitori dai meccanismi di protezione dell’eurozona. Saranno sufficienti?

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