Tra le tante storie che possono illustrare la Francia oggi, ma che magari hanno un senso anche qui da noi, una, piccola e straordinaria, tratteggia in maniera estremamente nitida i contorni di una questione molto delicata che sta agitando il Paese. Quel tipo strano di monsieur Hollande si è messo in testa di tassare la ricchezza un po’ più del suo predecessore (un po’ molto di più) e per questo, nelle file degli abbienti, dei signori e dei riccastri, serpeggia una certa qual agitazione, per non dire incazzatura profondissima.
La storia, raccontata in modo lieve e intelligente da Gaia Cesare per «Il Giornale», ci porta in un piccolo e sereno paese del nord ovest del Belgio, il suo nome è Néchin, le anime che vi circolano sono all’incirca duemila. In che modo la placida Néchin entra in rotta di collisione con il presidentissimo, sottili e antiche rivendicazioni anti-transalpine hanno forse qui la loro sintesi felice? Non esattamente. Questo paesino diciamo che è fortunato. Geograficamente fortunato. È ad appena a un chilometro e seicento metri (4 minuti di macchina, appena 15 da Lille) dal confine francese, c’è «l’aria buona, molte mucche, tanti campi di patate – racconta la Cesare – e un numero sorprendente di milionari. Quasi tutti francesi. Che infatti sono il 27% di questo sperduto villaggio della Vallonia. Attratti dalla campagna? Forse. Conquistati dalle ex fattorie convertite in lussuose ville? Sicuramente».
Il seguito, scommetto lo avete indovinato. In questo paesello ridente, che con un filo di licenza poetica potremmo serenamente ribattezzare le Cayman di Vallonia, il regime fiscale, per dir così, vi sorride amabilmente sin dal cartello indicatore all’inizio del borgo, «dove non esiste alcuna imposta sulla fortuna, né tassazione sulle plusvalenze e dove le tasse di successione sono ben più vantaggiose che in Francia. Et voilà, è sufficiente risiedere da queste parti, senza necessariamente prendere la cittadinanza, per essere assoggettati al fisco belga. Un paradiso fiscale – da oltre vent’anni – per molti milionari francesi, tra cui diversi membri della famiglia Mulliez, proprietaria di Auchan e di Decathlon, il cantante Johnny Hallyday…e dove pare sia stato avvistato anche Gerard Depardieu…».
Adesso che la scure di Hollande sta per abbattersi sui ricconi francesi, roba da mani nelle tasche dicono in tanti, questo incantevole lembo di Vallonia sta diventando molto, molto, ambìto. Quel 75% che lo stato francese vuole prendersi sulla quota guadagni che supera il milione di euro è semplice equità sociale o puro cannibalismo fiscale? Il dibattito è aperto.
Questa storiella ha forse una morale anche qui da noi, noi che abbiamo parlato molti mesi fa di patrimoniale e che poi abbiamo malinconicamente (giudiziosamente?) riposto l’argomento in un cassetto. L’altro giorno, mal gliene incolse, lo ha risgabbiato Monti per poi ricacciarlo nell’armadio, smentendo frettolosamente (e disordinatamente).
Ma l’angolazione da cui si intende guardare a questa piccola storia franco-belga, ci riporta in quel campo, delicato e dibattuto, delle pari opportunità. Nel senso che dovrà essere oggetto di un’attenta valutazione sociale, in una democrazia avanzata quale la nostra, quel dislivello economico che rende molto diverse tra loro le varie categorie di persone e non solo per un’evidenza finanziaria. In una domanda: un cittadino economicamente abbiente, che riesce a pagare meno tasse attraverso il ricorso a meccanismi molto sofisticati (e negati alla massa) ma del tutto legali, sotto il profilo etico (e delle pari opportunità) può essere considerato allo stesso modo di un cittadino meno fortunato economicamente a cui, magari, le tasse vengono prelevate alla radice?
Se non si scioglie questo nodo, l’equilibrio sociale (che significa una consapevole accettazione di condizioni diverse) sarà difficilissimo da trovare.