“Lotta all’evasione per tagliare le tasse”: ma Renzi non dice quali

“Lotta all’evasione per tagliare le tasse”: ma Renzi non dice quali

FIRENZE – Con una pressione fiscale oltre il 55%, la priorità deve essere il rilancio imprenditoriale a partire da una certezza: le tasse non possono essere innalzate. Anzi, bisogna abbassarle. È questa l’idea di Matteo Renzi. Definito il punto di partenza e l’obiettivo finale, resta però da definire il percorso. E su questo punto sono elevate le incognite. La sola lotta all’evasione può garantire un tesoretto, ma imprese e famiglie chiedono azioni concrete ora. O meglio, per riprendere lo slogan elettorale del sindaco di Firenze, adesso.

Persone o cose? Quali privilegiare nella futura riduzione delle imposte? In primis, l’obiettivo è quello di puntare su un fondo per la riduzione della pressione fiscale. Preso atto che l’evasione si è stimato che può valere 120 miliardi di euro secondo Istat e Banca d’Italia (ma in realtà, secondo il Fondo monetario internazionale, è intorno ai 150 miliardi), bisogna agire su quel punto. Via libera quindi alla lotta all’evasione con il target di ridurla di un terzo nell’arco temporale di cinque anni. Vale a dire, utilizzare i fondi recuperati per garantire un taglio delle aliquote Irpef. Una misura che ricalca l’idea del ministero delle Finanze, ma che non sembra bastare.

Il sentore è che si potesse fare di più. Nell’Italia delle partite Iva strozzate da un fisco sempre più oppressivo, sono in tanti in sala quelli che volevano che si parlasse anche di riduzione dell’Iva. Come Giovanni, piccolo imprenditore di Firenze, che a Linkiesta non usa mezzi termini: «Renzi è bravissimo quando parla di rottamazione della classe politica, ma non quando parla di fisco». Il riferimento è chiaro. Con l’arrivo di Mario Monti a Palazzo Chigi, i consumi si sono contratti anche a causa degli innalzamenti dell’Iva. «Se non ci sarà un abbassamento dell’Iva ci saranno sempre più imprese a chiudere, qui non si spende più nulla», dice Zeno, titolare di un negozio di abbigliamento nel centro di Firenze.

Nella politica fiscale, molto semplicistica, di Renzi, non ci sono vincitori e vinti. Ci sono persone che faticano e continueranno a farlo. Lo spazio di manovra è ampio. La ricetta fiscale è carente. Sono diversi, fra quelli seduti in platea, che chiedono come sia possibile puntare solo sui proventi dell’evasione fiscale e non pensare a una corporate tax a bassa aliquota come sul modello adottato dall’Irlanda. Invece, si è deciso di adottare un sistema differente. Dato che, come spiegano dallo staff del sindaco di Firenze, «i margini finanziari operativi, nel caso di vittoria, sono quelli che sono», meglio andare avanti con un modello a punti. È il concetto della “white list” fiscale, grazie alla quale le imprese più meritevoli dall’Agenzia delle Entrate potranno avere bonus. Non è ancora chiaro se si tratti di crediti d’imposta o altro. «Si vedrà più avanti», dicono i collaboratori più stretti di Renzi.

Di contro, è apprezzata la proposta di introduzione dello Standard business reporting. Così facendo l’impresa e il fisco dialogano quasi in tempo reale in merito al calcolo delle imposte, concordandosi sulle imposte da pagare. Un modello, questo, che però potrebbe essere di difficile implementazione nel sistema tributario italiano, machiavellico e bizantino allo stesso tempo. È stata una banca anglo-asiatica, HSBC, ha sottolineato come uno dei maggiori ostacoli alla crescita italiana sia «l’incredibile complessità» dell’impianto di tassazione, rimasto sostanzialmente ancora agli anno Settanta. Difficile dargli torto.

Tagliare le tasse alle imprese, tuttavia, sembra essere uno degli strumenti più proficui per il rilancio dell’economia. E su questo punto, il più ottimistico negli ultimi mesi è stato il ministro dell’Economia Vittorio Grilli, che ha parlato di una riduzione dell’Irap nel 2014. Se da tutte le parti si continua a ripetere, a più riprese, che la coperta è troppo corta, c’è però chi non la pensa così. La ricetta migliore, almeno sulla carta, arriva infatti dalla Germania. Oltre un mese fa, la banca tedesca Deutsche Bank analizzò il sistema di tassazione dei singoli Paesi dell’eurozona, prendendo come espressione di negatività l’Italia. Pertanto, spiegava Deutsche Bank, Roma deve fare come Berlino nel 2000: tagliare le imposte alle società. Nello specifico, nel report si spiega che «la corporate tax fu abbassata dal 45% al 20%, in vista di una ulteriore riduzione, poi effettivamente avvenuta nel 2007, fino al 15 per cento». Una misura, rimarca la banca tedesca, possibile anche per l’Italia. 

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