Un salto indietro di oltre dieci anni. Il Pil dell’Italia è tornato allo stesso livello del 2001, come evidenziato oggi da un’analisi del Crédit Agricole. Mentre il Pil cala, diminuisce anche la capacità di risparmio delle famiglie, giunta ai minimi dal 1980, e il tasso di crescita del reddito disponibile. L’allarme, in questo caso, è lanciato da Goldman Sachs, che ricorda anche come il proverbiale tesoretto dell’Italia, ovvero la ricchezza privata, è dato in costante declino. Il tutto nonostante Banca d’Italia continui a rimarcare come, sotto questo punto di vista, l’Italia è messa meglio di tanti altri Paesi europei. Forse lo era in passato, avverte Goldman Sachs, ma difficilmente lo è ancora oggi.
Nell’arco di quattro anni sono stati cancellati i rialzi registrati dal 2001. L’analisi del Crédit Agricole lascia poco spazio all’ottimismo. «L’Italia è nella peggiore recessione dal 2009 a oggi e il Pil è tornato al livello del 2001», spiegano Isabelle Job e Paola Monperrus-Veroni, analiste della banca transalpina. «Il Pil è tornato al livello del 2001 e tutto quanto guadagnato dal decennio di crescita successivo all’ingresso dell’euro è stato cancellato», spiegano Job e Monperrus-Veroni. Calo della produttività, salari fermi, incremento delle imposte dirette e indirette, peggioramento della profittabilità delle imprese, ciclo delle attività produttive bloccato, aumento dei tassi d’interessi retail, flussi di cassa congelati, scarsità di liquidità, credit crunch: l’Italia è destinata a soffrire ancora per via della recessione, spiega l’istituto di credito francese.
A peggiorare la situazione ci ha pensato un’altra analisi, questa volta di Goldman Sachs. La banca statunitense ha analizzato la percentuale di risparmio delle famiglie all’interno dell’eurozona e ha calcolato in che modo questa è cambiata dal 1980 a oggi. Se per una nazione come la Francia questa è rimasta stabile, come anche per la Germania, colpisce la performance negativa dell’Italia. Nessuno ha fatto peggio di Roma. Se nel 1980 il tasso di risparmio era superiore al 20%, dopo 30 anni si è scesi per la prima volta sotto quota 10 per cento. Le cose non migliorano se si osserva la curva del reddito disponibile dal 2000 a oggi. L’Italia si conferma la maglia nera dell’eurozona, insieme con la Spagna. Ma se Madrid ha avuto il suo crollo nel corso del 2009, in seguito allo scoppio della bolla immobiliare, per Roma si può parlare di lento declino dopo una crescita notevole a cavallo fra 2001 e 2002. Come evidenzia il grafico di Goldman Sachs pubblicato qui sotto, il vero declino per l’Italia è arrivato nel corso del 2011. In concomitanza, quindi, con il deterioramento delle attività produttive e con l’amplificarsi delle tensioni sul mercato obbligazionario.
Da anni si dice che il risparmio privato è la vera salvezza dell’Italia. Ma è ancora così? L’analisi di Goldman Sachs suggerisce di no. Nel periodo dal 1991 a oggi, il reddito delle famiglie (a prezzi costanti) è passato da quota 100 a quota 96, dopo un picco a 102 nel primo trimestre del 2006. Dati simili a quelli di Banca d’Italia, che ha ricordato ancora alcuni mesi fa che la ricchezza delle famiglie italiane è pari a circa 8.500 miliardi di euro. Una cifra superiore a quelle registrate in Germania o Stati Uniti. Di contro, Goldman Sachs suggerisce che, a seguito di un «massivo deterioramento dei risparmi dal 2008 a oggi», la cifra potrebbe essere inferiore a 7.500 miliardi di euro. Insomma, delle due l’una. Il ragionamento della banca d’affari è semplice. Se aumenta il tasso di disoccupazione, diminuiscono i consumi, si ferma il tessuto produttivo italiano e diminuisce la capacità di risparmio delle famiglie, il primo tesoretto da cui attingono le famiglie italiane è quello privato. Se poi si aggiunge il ritmo di crescita del carico fiscale, è quasi lapalissiano che la ricchezza privata sia destinata a diminuire.
Non solo. Ci sono anche fattori di distruzione della ricchezza indotti dalle abitudini d’investimento del Paese, o dalla particolare situazione vissuta dall’Italia sui mercati obbligazionari. Data la completa frammentazione dei mercati obbligazionari, le famiglie italiane sono state spinte all’acquisto di titoli di Stato. Come? Per esempio tramite le emissioni di BTP Italia, pubblicizzate come un atto di patriottismo. Ma gli esempi sono innumerevoli e derivano dalla naturale propensione degli italiani a preferire le obbligazioni ad altri strumenti d’investimento. Nel caso ci fosse una perdita di valore dei bond governativi italiani, gli effetti sarebbero in primo luogo sui nuclei familiari. Altro che tesoretto.