Tre anni fa a Parma prendeva avvio un piano da 130 milioni di euro per la costruzione di 1.050 alloggi destinati nelle intenzioni degli amministratori parmensi, a soddisfare il bisogno abitativo delle fasce deboli. Veniva così deliberato di destinare il 50% delle abitazioni alla vendita convenzionata, il 30% in locazione a canone concordato, il 20% in locazione a canone convenzionato con previsione di riscatto. Si trattava del primo stralcio di un ambizioso programma di edilizia residenziale sociale per la realizzazione di circa 2.500 alloggi su una superficie di quasi 150mila metri quadrati.
Per attuare la prima fase, in luogo dei tradizionali strumenti di housing sociale adottati da altri comuni, la giunta Vignali – quella che ha portato Parma sull’orlo della bancarotta – sceglieva l’innovativo strumento dei fondi comuni di investimento immobiliare: nasceva così il fondo chiuso Polaris Parma Social House. Un fondo a cui il Comune di Parma ha portato in dote 15 milioni di euro attraverso l’allora e tuttora indebitatissima holding Hsst spa.
Attorno al progetto Parma Social House (v. sito) si sono coagulati soggetti portatori di interessi rilevanti, a conferma di un sostegno forte e trasversale al piano. Che non a caso è stato condiviso, al tempo del suo varo, dall’opposizione di sinistra, nonché benedetto da Giulio Tremonti, che calò in città in occasione di una delle sue presentazioni ufficiali. Il fondo Polaris Parma Social House è stato affidato in gestione alla Polaris Investment Sgr Italia, specializzata in gestione di investimenti immobiliari e mobiliari e controllata dalla lussemburghese Polaris Investment Sa, che ha tra i suoi azionisti di riferimento (48%) la Fondazione Cariplo. A sua volta, la Cariplo è stata tra i promotori, assieme alla Regione Lombardia e ad Anci Lombardia, della costituzione della Fondazione Social Housing (FHS), che ritroviamo in qualità di supervisore, supervisore, assieme alla Finabita del mondo Legacoop del progetto di housing sociale privato di Parma denominato Parma Social House (Psh). Tra il 2010 ed il 2011, la Fondazione Social Housing ha prestato la propria consulenza al progetto Psh, introitando 685 mila euro, operando a fianco di Cdpi Sgr. Quest’ultima, nata nel 2009 per iniziativa della Cassa Depositi e Prestiti ha infatti deliberato, attraverso il Fondo Investimenti per l’Abitare (Fia), il cospicuo investimento su Parma Social House pari a 25 milioni. Andato ad aggiungersi a quelli di Fondazione Cariparma (10 milioni), dell’associazione temporanea di imprese composta dai soggetti privati promotori e attuatori Parma Social House scarl (5 milioni di euro) e della Coopfond, il fondo di promozione cooperativa di Legacoop (1,5 milioni).
Parma Social House è dunque un progetto che ha visto maggioranza e minoranza unite nel favorire la sua realizzazione. Fa dunque una certa impressione il silenzio che è calato sul programma. Perché a tre anni dal suo varo nessuno pare abbia voglia di fornire chiavi di lettura diverse da quelle che sono passate attraverso i comunicati ufficiali, copincollati dalla stampa locale, e che fino a poco tempo fa descrivevano un futuro all’insegna del motto di berlusconiana memoria “una casa per tutti”. Da Laura Rossi, attuale assessore alla politiche abitative della giunta grillina del sindaco Federico Pizzarotti, a Massimo Iotti, consigliere comunale del Partito democratico, fino alla Polaris Investment: nessuna risposta alle domande, bocche cucite.
Eppure sono molti gli aspetti da chiarire. Secondo quanto è previsto dalla convenzione tra Comune di Parma e i costruttori, votata dal consiglio comunale, i lavori avrebbero dovuto terminare a febbraio di quest’anno. In realtà, anche in considerazione della difficoltà di reperimento delle necessarie risorse finanziarie, solo quattro dei sette cantieri sono partiti. Uno di questi, che prevede l’assegnazione di soli 9 alloggi, dovrebbe finire nelle prossime settimane, mentre per i restanti 3 la data di ultimazione dei lavori prevista è a fine 2013. Dunque, a quasi due anni dal termine fissato nella convenzione.
Le delibere comunali su Psh parlano di circa 1.050 alloggi. In realtà, ne verranno, forse, realizzati 852: di 200 alloggi si sono quindi perse le tracce. L’assessorato alle politiche abitative del Comune di Parma non chiarisce, peraltro, un punto sulla clausola 8.6 della convenzione, secondo cui laddove «venga sottoscritto un ulteriore importo [del fondo comune, ndr] pari o superiore a 16 milioni di euro (…) l’investimento del Comune di Parma (…) si ridurrà di un importo pari a 1,5 milioni”. In effetti tale condizione si è avverata, perciò è singolare che il Comune di Parma non abbia ridotto la sua partecipazione a 13,5 milioni di euro.
Sorvolando rispetto al fatto che le superfici degli alloggi, determinate ex convenzione, nella dimensione massima di 95 metri quadrati, arriveranno invece a misurare fino a 147 metri quadrati, l’altra questione assai interessante riguarda il prezzo delle abitazioni realizzate da Psh. C’è innanzitutto una incongruenza, seppur lieve, tra il prezzo base al metro quadrato fissato da Psh per gli alloggi posti in vendita (nella gran parte dei casi sfiora i 2 mila euro) e quello di cui alla convenzione (1.850), che «può variare in diminuzione ed in aumento per ciascun alloggio in misura non superiore al 5%». Un esempio rende l’idea. Per l’intervento nell’area Chiavari (280 alloggi), il prezzo medio indicato da Psh è 1.998, variabile in aumento del 5%. Prendendo a base 1.850 euro, il prezzo finale, già maggiorato del 5%, non dovrebbe essere superiore a 1.942 euro. Sarà quindi curioso verificare se il Comune di Parma, come è previsto nella convenzione, applicherà una penale da cinque a otto volte la differenza tra il prezzo massimo consentito e quello praticato effettivamente.
Il tema vero, però, è che un prezzo attorno a 2.000 euro a mq è, per stessa ammissione di chi sta partecipando a Psh, perfettamente in linea con quelli che si sarebbero potuti praticare utilizzando le classiche leve dell’edilizia convenzionata. I vantaggi a favore delle imprese costruttrici impegnate nel programma Psh, messi sul tavolo da parte dell’ex sindaco di Parma Pietro Vignali, avrebbero dovuto invece permettere di mettere sul mercato gli alloggi in vendita ad un prezzo decisamente al di sotto dei 2mila euro al metro quadrato: «attorno a 1.700», secondo gli esperti. Il prezzo risulta tanto più alto alla luce delle agevolazioni concesse dal Comune di Parma per rendere appetibile l’investimento in Psh: la cessione per 99 anni del diritto di superficie sulle aree dove è in corso l’iniziativa al prezzo irrisorio di 20 euro al mq; l’esenzione Ici (ora Imu) di tutti gli alloggi destinati alla locazione; l’assegnazione al programma di un contributo a fondo perduto, di derivazione regionale, pari a 3 milioni di euro; l’esenzione dal pagamento del contributo di costruzione, come avviene per tutte le iniziative di edilizia sociale, e nonostante sia evidente la debolezza dell’utilità sociale del piano (solo il 30% degli alloggi sarà locato a canone sostenibile).
A dispetto di tutti questi aiuti, il programma non decolla neppure sul fronte delle possibili vendite, ossia in merito alla principale leva con cui garantire la sostenibilità economico-finanziaria dell’investimento. Infatti, dopo una serie di bandi per altrettante aree, ripetuti per tre volte, relativi all’assegnazione di 287 alloggi, solo 210 famiglie hanno presentato domanda.
Insomma, tra cantieri che non partono, ritardi nei tempi di realizzazione di quelli avviati, domanda stagnate, prezzi degli alloggi non così convenienti, viene da chiedersi se la formula del fondo di investimento sia stata azzeccata. Ma soprattutto se il gioco messo in piedi tre anni fa con il decisivo contributo della Cassa Depositi e Prestiti, guidata a quel tempo dal parmense Massimo Varazzani, e il vivo compiacimento del governo berlusconiano allora in carica, servirà solo a ridurre al minimo il rischio d’impresa, a garantire alla Cdp ed agli altri investitori istituzionali un possibile rendimento del 6%, nonché a distribuire lavori e tante consulenze. Anziché a realizzare un programma di edilizia sociale coerente con i veri bisogni abitativi dei parmensi in difficoltà. A Palazzo Chigi per ora tutto tace. Anche se pare che già qualcuno abbia espresso la necessità di vederci chiaro sulla stagione del social housing con fondi immobiliari.