BRUXELLES – L’Unione Europea è sempre più allarmata per la crescente violenza delle frange estremistiche dei coloni ebraici nei Territori palestinesi. E comincia a riflettere a misure più drastiche, inclusa la creazione di una lista nera per vietare l’ingresso di coloni violenti nell’Ue. È il quadro che emerge in questi giorni a Bruxelles, dove la crescente irritazione per lo stallo del processo di pace e la posizione del governo di Benjamin Netanyahu è sempre più palpabile (anche se naturalmente si ribadisce con forza la condanna per i lanci di razzi su Israele da Gaza).
Al centro c’è un aspetto che per Israele è un dettaglio marginale, mentre per i palestinesi, ma anche per l’Ue e l’Onu, è invece cruciale: la costante espansione degli insediamenti, soprattutto intorno a Gerusalemme Est, e le crescenti violenze. Solo pochi giorni fa il Cops (il Comitato per la politica e la sicurezza dell’Ue, che riunisce gli ambasciatori degli Stati membri presso l’Ue impegnati su questioni di sicurezza e relazioni esterne) ha approvato un documento riservato molto duro. «La violenza di coloni estremisti israeliani in Cisgiordania – si legge – compreso Gerusalemme Est, prende di mira principalmente civili palestinesi, incluso bambini, e le loro proprietà, con anche atti vandalici contro siti religiosi, come moschee e istituzioni cristiane».
Il documento ricorda le azioni chiamate «price tag» (cartellino del prezzo), e cioè violenze presentate come il «prezzo» che deve pagare il governo israeliano se sgombera avamposti di coloni, o i palestinesi per eventuali attacchi a coloni. «Molti di questi casi di violenza e intimidazione – avverte ancora il documento – risultano parte di uno schema coercitivo volto a costringere le comunità palestinesi nell’area C (quella parte della Cisgiordania sotto controllo israeliano perché contiene colonie ebraiche, ndr) ad andarsene, con l’obiettivo di espandere colonie e avamposti».
Il documento è il risultato di un progressivo indurimento delle posizioni dell’Unione europea. Da anni l’Ue ripete, inutilmente, la sua condanna alla continua espansione, illegale sotto il diritto internazionale, degli insediamenti ebraici in Cisgiordania, soprattutto a ridosso di Gerusalemme Est, favorito e sostenuto dal governo di Benjamin Netanyahu. A gennaio scorso i consoli generali dei paesi Ue a Gerusalemme Est e Ramallah avevano realizzato un allarmato rapporto sulle violenze dei coloni, esortando il Consiglio Ue a stilare una lista nera in cui includere almeno i più estremisti e pericolosi. Il 14 maggio l’Ue ha deciso di approfondire la questione, e il 12 giugno è stato chiesto agli esperti di Medio Oriente di presentare delle proposte, che è quanto avvenuto adesso.
Gli esperti, è scritto «hanno potuto stabilire che gli attacchi risultano progressivamente anche più gravi (oltre che più numerosi, ndr) e, in alcune aree, più coordinati». Il testo ricorda che «l’Onu ricorda la violenza dei coloni la maggiore minaccia al suo personale in Cisgiordania». E che, secondo l’Unocha (l’ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitaori), «il numero di attacchi da parte di coloni che hanno provocato vittime palestinesi o danni alle cose nel 2011 è cresciuto del 32% rispetto al 2010, e del 44% rispetto al 2009».
Non basta: «Oltre il 90% delle denunce monitorate – avverte ancora il testo – contro violenze di coloni sporte da palestinesi presso la polizia israeliana si sono chiusi senza rinvii a giudizio, stando all’Unocha. Inoltre molte vittime sono riluttanti, o non sono in grado di sporgere denuncia perché le stazioni di polizia sono spesso collocate all’interno di insediamenti in cui i palestinesi non possono accedere. Vi sono poi preoccupanti notizie di incidenti in cui i militari israeliani, pur presenti, non sono intervenuti a difendere palestinesi o le loro proprietà dalla violenza di coloni estremisti». Non si esita a parlare di «cultura dell’impunità», avvertendo che la costante espansione degli insediamenti rischia di «bloccare sempre più gli sforzi di entrambe le parti per risolvere il conflitto».
La strategia Ue ora è delineata, e messa per iscritto nel documento riservato. Si parla di «incrementare il monitoraggio» sia delle violenze, sia di come reagiscono le autorità israeliane. Si afferma che l’Ue continuerà a «esortare le autorità israeliane a rispettare i propri obblighi secondo il diritto umanitario internazionale», cercando di «rafforzare la dinamica di un più severo atteggiamento del governo israeliano contro la violenza dei coloni», cercando di aumentare il sostegno a palestinesi e ong attive nei Territori. Per ora non si parla di una posizione comune per una lista nera dei coloni da non ammettere nell’Ue (anzitutto la Germania è contraria), ma si afferma, per la prima volta, che «singoli Stati membri Ue potranno esplorare possibilità di vietare l’accesso all’Ue a noti coloni violenti». Bastano pochi paesi, purché siano in Schengen: se uno Stato membro dello spazio senza frontiere vieta l’ingresso a un individuo nel suo territorio, tutti gli altri paesi Schengen sono obbligati, a loro volta, a fermare questa persona alle proprie frontiere.
Sarebbe la prima, drastica sanzione contro, diciamo così, «l’altro lato» del conflitto palestinese. Una posizione «illogica», secondo un portavoce del ministero degli Esteri israeliano. «Come si può definire “violento” un colono che non è stato condannato in tribunale?», ha dichiarato. Il problema, però, a quanto pare è proprio questo: i violenti non vengono condannati e restano, purtroppo, lasciati indisturbati.