Assicurano di essere ottimisti. Al ballottaggio si può ancora vincere. Eppure nella sede romana del comitato di Matteo Renzi sono in pochi a sorridere. Nella Capitale il primo cittadino di Firenze non sfonda. Anzi, rischia quasi la figuraccia. E mentre arrivano i risultati dai seggi, tra i sostenitori del sindaco rottamatore c’è persino chi teme il sorpasso di Nichi Vendola.
Alla fine il leader di Sel non sembra aver raggiunto il secondo posto. Ma i risultati che i renziani analizzano a piazza delle Cinque lune, a pochi passi dal Senato, non sono positivi. A Roma Pierluigi Bersani sfiora il 50 per cento delle preferenze. Verso mezzanotte e mezza i dati che arrivano da Firenze inchiodano il sindaco di Firenze al 26 per cento, Vendola è solo due punti indietro. Rispetto al dato nazionale, Matteo Renzi perde quasi il dieci per cento.
«Ma senza Roma, al ballottaggio non si vince» dice qualcuno tra i suoi. Ha ragione. Tra i tanti simpatizzanti accorsi per seguire lo spoglio, c’è chi critica apertamente Renzi. Il sindaco rottamatore avrebbe snobbato la Città Eterna. «In campagna elettorale non l’ha mai citata». A fine settembre Renzi era arrivato a Roma: una rapida visita con il camper, complice la registrazione di una puntata di Porta a Porta. Al comizio organizzato in fretta e furia all’auditorium di via della Conciliazione, il suo staff aveva garantito: «Non sarà l’unico evento da queste parti. Renzi tornerà». E invece – esclusa una breve apparizione per inaugurare il suo comitato elettorale – il sindaco fiorentino nella Capitale non si è più visto. Ecco perché stasera, nella sede del suo comitato romano, sono in molti a chiedergli di tornare nella settimana che anticiperà il ballottaggio.
Eppure Roma poteva essere un buon argomento da portare in campagna elettorale. L’esperienza di Gianni Alemanno al Campidoglio era facilmente attaccabile. Dalla parentopoli nelle municipalizzate al dramma della raccolta differenziata. Un modo come un altro per sottolineare i risultati raggiunti da Renzi a Firenze (uno dei leitmotiv della sua campagna comunicativa). Invece niente. Passata la mezzanotte, a due passi da piazza Navona il comitato di Renzi continua a studiare i dati. In città hanno votato 230mila persone. Poco, sostiene qualcuno. «Anche perché oltre i 250mila votanti, le preferenze sarebbero state tutte per noi».
In alcune zone di Roma i risultati sono impietosi. «In periferia Vendola ci ha ammazzato». Nel certo storico non cambia molto. Qui Renzi è al 26 per cento, Vendola al 24. Qualcuno si stupisce, qualcun altro non troppo: «Qui l’apparato di partito è forte». Il sindaco di Firenze la spunta in pochi quartieri: Parioli, Vigna Clara. Le aree residenziali dell’alta borghesia. Segno che in città è ancora visto come un candidato poco di sinistra. Si dovrà ripartire proprio da questo. Il primo a saperlo è Renzi. Non è un caso se nel suo primo intervento dopo l’apertura delle urne – verso le 23.30 – si è affrettato a sottolineare il buon risultato nelle Regioni Rosse.
Al comitato romano si commentano con enfasi proprio questi dati. Dal Cesenate a Modena, passando per l’Umbria. Per spuntarla al ballottaggio servono i voti di Vendola. Da questo punto di vista c’è ottimismo. Buona parte delle preferenze ottenute dal leader di Sel rappresentano voti di protesta. Sono elettori critici verso la segreteria Pd, schierati contro l’establishment del partito. Almeno questi possono finire facilmente in quota Renzi. Lo svantaggio con Bersani è di circa otto punti. Il successo non è impossibile. A Roma ricordano – e citano frequentemente – le ultime amministrative. Il sorpasso di Gianni Alemanno su Francesco Rutelli, che aveva chiuso in testa il primo turno. «Quella – spiegano – è stata un’altra vittoria della novità contro l’usato sicuro».
E poi c’è l’incognita affluenza. Domenica prossima Bersani riuscirà a riportare ai seggi tutti i suoi elettori? Il successo di questa sera non rischia di demotivare qualcuno? Da questo punto di vista – ne sono convinti alla sede del comitato di piazza delle Cinque lune – la capacità comunicativa di Renzi potrebbe aiutarlo a colmare il divario. «In ogni caso, se mi avessero detto che sarebbe finita così avrei firmato» ammette prima di andare via Andrea Sarubbi, uno dei pochi deputati democrat schierati con Renzi. Dopo tutto, sono in molti a pensarla così. Il ballottaggio di domenica prossima rappresenta un bagno di umiltà per la classe dirigente del partito. «Speravano di vincere al primo turno. Volevano stritolare il dissenso. Ma adesso si riparte». Ci sono altri sei giorni per convincere i romani.