«Il cambiamento non è mai stato così vicino». Per provare a ribaltare i pronostici Matteo Renzi si affida al rinnovamento. La chiave per vincere le primarie è il coraggio di voltare pagina. A otto giorni dal voto il sindaco di Firenze interviene alla Leopolda e lancia la sua sfida a Bersani. Il segretario Pd è il candidato che meglio degli altri incarna l’affidabilità? Renzi è il nuovo, il futuro. Non a caso il sindaco di Firenze cita più volte la sconfitta elettorale delle ultime amministrative di Parma. Dove il progetto dell’usato sicuro proposto dal Partito democratico ha perso malamente contro il candidato del rinnovamento: il grillino Federico Pizzarotti.
Renzi arriva alla Leopolda in bicicletta. Per tutti quelli che non se ne sono accorti lo specifica in un passaggio – forse non troppo casuale – del suo discorso. Camicia bianca con le maniche arrotolate, nell’immagine che gli italiani ormai hanno imparato a conoscere, il sindaco non si risparmia neppure una citazione del presidente Obama.
E insiste, tanto, sul rinnovamento. Domenica gli elettori possono scegliere tra la noiosa sicurezza offerta da Bersani e la sfida del futuro rappresentata da Renzi. È questo il leitmotiv della giornata. «Siamo la più straordinaria novità della politica degli ultimi anni». Il messaggio è insistente. «Siamo gli unici che possono cambiare le cose. Perché siamo gli unici non invischiati nella gestione fallimentare degli ultimi 20 anni». Gli slogan si susseguono. «Siamo noi che possiamo voltare concretamente pagina». «L’Italia non sarà più quella di prima». Per provare a vincere le primarie il sindaco rottamatore si appella all’«impazienza» dei cittadini.
Il sindaco parla alle dodici. Doveva intervenire in chiusura della Leopolda, nel pomeriggio, ma ieri ha deciso di anticipare. Il motivo ufficiale? Esigenze televisive. In realtà, così raccontano, si è voluta evitare una sovrapposizione con il segretario Pier Luigi Bersani, che alle 16 interverrà da Bari. E chissà, forse Bersani non è l’unica preoccupazione di Renzi (mediaticamente parlando). Nel pomeriggio a Roma si terrà anche il grande appuntamento dei moderati organizzato dal leader di Italia Futura Luca Cordero di Montezemolo. È chiaro che il sindaco di Firenze non vuole correre il rischio di venire oscurato dai suoi rivali.
Renzi è certo di potercela fare. Difficilmente potrebbe dire altrimenti. «Ce la giochiamo fino all’ultimo giorno» ripete ai suoi. In vista del voto di domenica 25 novembre invita a chiamare più persone possibile, a portarle ai seggi. Più è alta la partecipazione più possibilità ci sono di vincere. Il regolamento delle primarie non aiuta, ma ormai è inutile continuare a polemizzare. Certo, ai seggi ci saranno lunghe file. «Meglio perdere 15 minuti in coda che perdere 5 anni» dice il sindaco, riproponendo lo slogan lanciato ieri. Renzi ripete che votare è facile, che i nomi degli elettori non saranno pubblicati. La registrazione è solo una formalità. Cerca di convincere gli elettori meno convinti, che a conti fatti rappresentano la sua possibilità di vittoria. Renzi respinge i complimenti che spettano allo sconfitto. «Non vogliamo perdere bene, ma vincere male». È uno dei passaggi che raccoglie l’applauso più forte in sala. «Non ci vogliamo accontentare del premio simpatia». Eppure i dati non sembrano ancora premiarlo. «Un leader vero i sondaggi non li commenta, li cambia» ammette a un certo punto.
Insomma, Matteo Renzi ci crede. O almeno così dice. Già, perché nonostante le rassicurazioni del sindaco di Firenze e l’entusiasmo dei suoi – accorsi in gran numero all’appuntamento di oggi – l’aria che tira ai margini della Leopolda non è affatto buona. Gli addetti ai lavori, in sala stampa, hanno un’altra idea. In molti danno per certa la vittoria di Pier Luigi Bersani (qualcuno anche con percentuali piuttosto alte). E tra i giornalisti presenti non sono pochi quelli che ormai si interrogano sul futuro politico di Renzi. «Dopo la sconfitta tornerà davvero a fare il sindaco?». Un’impressione, certo. I sondaggi d’altronde sono tanti e molto diversi tra loro. Eppure l’intervento di ieri di Renzi, davanti ai comitati, in cui il primo cittadino di Firenze ha chiesto al partito di evitare vendette sui suoi uomini in caso di sconfitta elettorale a molti è sembrato quasi una prima ammissione (a memoria è stata la prima volta che il rottamatore ha parlato di insuccesso alle primarie).
Pochi dubbi sul fatto che – comunque andranno le primarie – Renzi rimarrà nel Pd. Magari per proseguire la sua battaglia dentro il partito (il congresso è in programma nei prossimi mesi). Per chi non lo avesse ancora capito, il primo cittadino fiorentino lo ripete. La sua battaglia per le primarie non era affatto contro il Partito democratico. Anzi. «Oggi il Pd è sopra il 30 per cento? Andate a cercare quelli che dicevano che le primarie ci avrebbero distrutto. Quelli che ce l’avevano con noi».
Intanto prosegue la campagna elettorale in vista del 25 novembre. Renzi è accusato di aver presentato agli italiani pochi contenuti. Il sindaco respinge le accuse al mittente. Cita solo alcuni dei passaggi contenuti nel suo programma. Lavoro, taglio della burocrazia, green economy, cultura «Cosa penso dell’Europa? L’ho detto in 18 lingue diverse che vogliamo gli Stati Uniti d’Europa». Non è il caso di soffermarsi troppo sugli aspetti tecnici del programma. Sono già presenti sul sito. E il programma, Renzi lo sa, non appassiona troppo gli elettori. Non è questo argomento che gli farà vincere le primarie. Molto più redditizio raccontare un sogno agli italiani, come ha spiegato anche ieri sera ai suoi.
E allora difende la rottamazione. Anche se è costretto a riproporre il messaggio sotto una nuova chiave di lettura. Lo consigliano i sondaggi, che lo vedono in difficoltà rispetto all’elettorato più anziano. Ecco perché la rottamazione sarà portata a termine, in caso di vittoria. Ma non è un procedimento legato ai dati anagrafici. «Io mi prendo Morando e vi lascio Fassina tutta la vita» spiega Renzi ironizzando sui due dirigenti democrat.
Alla fine vengono accontentati anche i membri dello staff che chiedevano a Renzi un attacco più diretto al partito (almeno così raccontano i bene informati). Il sindaco non risparmia qualche frecciata al segretario. La più applaudita quando difende Pietro Ichino. «Chiedo al nostro segretario Pier Luigi Bersani se non sia il caso di dire una parola su chi ha detto che Ichino sta dalla parte sbagliata e non si debba candidare con noi: lo ha detto il segretario della Cgil». Renzi attacca: «Dove sta Ichino lo decide Ichino e gli elettori che lo votano, non il segretario di una organizzazione sindacale».
Renzi ripete che se perde non avrà bisogno di premi di consolazione. «Non voglio diventare come loro». Inchioda la sinistra alle sue responsabilità. Il fallimento degli ultimi venti anni passa anche da qui. «Perché non avete fatto la legge sul conflitto di interessi? Avete avuto paura». Passato e presente. Renzi attacca Bersani sulla scelta di dialogare con Casini. Confermando la sua intenzione di chiudere ogni possibile accordo con i centristi. «Perché dovrei fare un accordo con una forza moderata che mi prende i voti in conto terzi e non prenderli direttamente?. Perché devo inseguire Casini? Pier Luigi, dammi un motivo per cui non si possa essere chiari su questo tema».
Sabato prossimo, a poche ore dall’apertura dei seggi, il sindaco sarà a Siena. Dove chiuderà la sua campagna elettorale. Un appuntamento scelto con cura nella città del Monte dei Paschi per tornare a parlare dell’intreccio tra economia, finanza e politica. Nei prossimi giorni Renzi proverà a convincere gli ultimi indecisi. Sarà in Emilia e in Puglia, le zone del Paese dove i suoi sondaggi lo danno più in difficoltà. In programma anche una visita al suo seggio delle primarie. Si farà fotografare mentre si registra all’albo degli elettori a Firenze, sperando di convincere molti sostenitori ad anticipare le procedure di iscrizione.