«Vogliamo partecipare all’aumento di capitale (che sarà aperto a tutti gli azionisti, ndr), ma i soci possono scegliere di non diluirsi e partecipare per iniettare denaro. Se non vogliono farlo, arriveremo noi e li sostituiremo. Ma loro beneficeranno di un prezzo più alto in borsa, di una società più stabile e che crescerà». Parola di Naguib Sawiris, il magnate egiziano ex proprietario di Wind, intervistato a Dubai dalla Reuters, a proposito di Telecom Italia e dei suoi soci italiani – Generali, Mediobanca e Intesa – riuniti con Telefonica nella holding di controllo Telco. A proposito degli spagnoli, Sawiris è tranchant: «Li ho incontrati ma mi sembra che siano in conflitto di interesse. Sono contenti di dove sono oggi e tengono Telecom Italia come un ostaggio per evitare che cresca in Sud America».
L’aumento di capitale da 3 miliardi per finanziare l’acquisto di Gvt da Vivendi – società in cui ha una partecipazione di minoranza il finanziere Vincent Bolloré, socio anche di Mediobanca – proposto dall’imprenditore copto prevede un prezzo delle azioni pari a 70 centesimi, intorno alle attuali quotazioni (oggi ha chiuso a 67 centesimi) ma lontanissimo da 1,5 euro, valore che rappresenta il prezzo di carico al quale i soci italiani hanno iscritto a bilancio la partecipazione. Sawiris parla senza troppi giri di parole anche dello scorporo della rete in rame, oggetto di un negoziato prolungato con la Cassa depositi e prestiti: «Sarebbe una catastrofe» in quanto «se Telecom lo fa, perde l’unico elemento di differenziazione che gli è rimasto nel mercato dele tlc in Italia».
Punto e a capo. Nonostante il presidente Bernabè getti acqua sul fuoco, dicendo che «non c’è niente in caldo», il cda convocato per il 6 dicembre si preannuncia rovente. Con un menù a dir poco luculliano: scorporo della rete, offerta di Sawiris e disamina delle offerte per TI Media. D’altronde, i conti del gruppo Telecom Italia al 30 settembre parlano chiaro: l’utile non cresce, il margine cala del 3% rispetto ai nove mesi del 2011 e la cassa si riduce di quasi 400 milioni, a quota 4,1 miliardi. Per fortuna il debito scende da 30,9 a 29,9 miliardi di euro, da 30,4 a 29,4 miliardi escludendo gli effetti contabili della valutazione di mercato dei derivati. Su ricavi complessivi per 22 miliardi, praticamente invariati rispetto al settembre 2011, Brasile e Argentina ne portano in dote poco meno della metà, 8,3 miliardi, il 38,1 per cento del totale, in crescita rispetto al 35% di un anno fa. Eppure, anche i due Paesi non sfuggono al leggero calo della marginalità, in percentuale sui ricavi.
Lo stesso Bernabè, nel corso dell’ultima assemblea, sulla riduzione del debito ha dato poche certezze agli azionisti. I soci “di sistema” o non hanno le risorse (Mediobanca) o non ritengono più strategica (Generali) la partecipazione nella società di telecomunicazioni. Se non altro, Sawiris ha un merito: mettere il “sistema” con le spalle al muro. Potenzialmente ne avrà un altro, qualora la sua offerta venga accettata dal board: risparmiarci l’acquisto, attraverso la Cdp, controllata dal Tesoro, e dunque dallo Stato, una rete in rame obsoleta e costosa.