Quando il ministro per lo Sviluppo Economico Corrado Passera si presenta alla trasmissione Agorà di mattina presto, la giornata parlamentare che passerà alla storia come una delle più tormentate per il governo Monti, non è ancora entrata nel vivo. L’ex amministratore delegato di Banca Intesa, però, pare avere le idee molto chiare in trasmissione, in particolare sulle intenzioni di Silvio Berlusconi di ricandidarsi nel 2013 esternate con un comunicato notturno insieme con il fedele Denis Verdini. Dice Passera rispetto a una possibile ridiscesa in campo del Cavaliere: “Tutto ciò che può solo fare immaginare al resto del mondo, ai nostri partner, che si torna indietro, non è un bene per l’Italia. Dobbiamo dare la sensazione che il Paese va avanti”. Silvio, in pratica, è il male.
Non appena le agenzie di stampa battono l’uscita del ministro, a Palazzo Chigi, come tra le file del Popolo della Libertà e del Partito Democratico, iniziano a scattare gli allarmi. È il segnale, sostengono alcune fonti parlamentari in Transatlantico, che Passera forse si è deciso per davvero a lanciare la sua discesa in campo. Cosa che sarà confermata nelle ore successive, anche perché sarà proprio lui, per tutta la giornata, il convitato di pietra delle discussioni politiche.
Le parole di Passera riescono in pochi minuti a spaccare il centrodestra, tra i falchi ancora fedeli al Cavaliere e quelli più moderati, che invece non lo vogliono più come candidato. In questa chiave, Passera, potrebbe fare da contenitore dei moderati (insieme con un Pierferdinando Casini in difficoltà), in cerca di un vero e proprio leader, sostituendo nell’operazione un Luca Cordero Montezemolo più impegnato ormai per “Telethon” (parole sue) che in politica.
A Montecitorio si racconta che il ministro abbia parlato a lungo in questi giorni con vari esponenti dei partiti, in particolare nell’area di centrodestra. Le buone entrate di questo banchiere di peso nel Pdl, anche tra i fedelissimi di Berlusconi, sono note. Come le intenzioni di fare la sua parte nella prossima legislatura. «È un dritto, non sottovalutatelo, forse è stato un po’ democristiano nell’attaccare il Cavaliere ma sa bene quello che fa», spiega uno che ha seguito gli spostamenti degli ultimi giorni del ministro.
Per questo motivo, non appena l’uscita di Passera inizia a rimbalzare tra i palazzi romani, ecco incominciare il fuoco di fila dei falchi di Berlusconi. È Maurizio Gasparri, capogruppo al Senato, ad aprire le danze, annunciando che il Pdl si asterrà sulla fiducia a decreto sviluppo a palazzo Madama. È l’inizio della crisi. Renato Brunetta, ex ministro, altro fedele del Cavaliere (si dice che sia stato lui insieme a Verdini a stilare il comunicato della scorsa notte ndr), va allo scontro frontale. «Chiedo formalmente le dimissioni del dottor Passera che, con le sue dichiarazioni, è venuto meno alla qualifica di ministro tecnico». Nel frattempo in consiglio dei ministri si discute del decreto sull’incandidabilità dei condannati.
In poche ore il centrosinistra comincia ad accusare il Pdl di aver aperto la crisi usando come pretesto «le affermazioni di Passera». Il nocciolo della questione sarebbe invece il decreto in discussione a palazzo Chigi che impedisce a chi ha ricevuto una condanna definitiva di candidarsi. Ma su quest’ultimo punto sarà Angelino Alfano, segretario del Pdl, a spiegare in conferenza stampa che «il provvedimento era stato firmato dal governo precedente: questo ha fatto solo una legge delega».
Quindi si ritorna a Passera. Gli attacchi contro il ministro proseguono. Da Stefania Craxi fino a Stefano Nucara è un fuoco continuo. Gabriella Giammanco, fedelissima del Cav, è netta. «Passera eviti di pronunciare slogan consumati da campagna elettorale e, semmai, torni alle banche e continui a rappresentare gli interessi dei banchieri». Perfino un centristra come Francesco Rutelli lo prende di mira: «Se membri dell’attuale governo diventano politici, hanno il diritto di farlo, ma emergono immediatamente le conseguenze».
Il dado è tratto. Dopo la risicata fiducia al Senato, durante il voto a Montecitorio, Fabrizio Cicchitto, capogruppo alla Camera, definisce Passera un “untorello”. Sulla fiducia si sfilano Carla Castellani, Giuliano Cazzola, Franco Frattini, Gennaro Malgieri e Alfredo Mantovano. A prendere le distanze da Cicchitto e dalla crisi di governo sono anche atri politici pidiellini di area moderata come Mario Mauro e Roberto Formigoni. Mentre Maurizio Lupi, della stessa corrente, attacca Passera: «È sbagliato che usi il ruolo istituzionale per prepararsi il futuro». A fine serata arriva anche la frase di Mario Monti su Passera, in conferenza stampa a palazzo Chigi: «Singole dichiarazioni possono essere più felici e meno felici».
Adesso la palla torna al Pdl. Domattina Alfano sarà dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per discutere dell’uscita dalla maggioranza del partito di Berlusconi. Dopo, con tutta probabilità, ci sarà la richiesta del capo dello Stato di chiedere la verifica sulla fiducia a Montecitorio e a Palazzo Madama. Vada in un modo o nell’altro, dicono in tanti, dopo l’uscita di Passera, la strada per il ministro dello Sviluppo Economico appare segnata. E non sarà da tecnico.