MILANO – È stremato, senza voce, ma sa che poche ore lo separano dal traguardo. «Ragazzi, stanotte ho fatto le tre ragazzi, dopo una giornata bellissima», si giustifica. Via Moncalieri, periferia Nord di Milano. Sesto San Giovanni, un nome che non evoca bei ricordi al Pd, è a una manciata di chilometri. Qualche minuto dopo mezzogiorno arriva Pier Luigi, accompagnato da un lungo applauso. Nessuno chiama il segretario del Pd per cognome. «Noi veniamo qui come a casa, lo sappiamo. Il ringraziamento va a Milano per la partecipazione e il risultato che ne è venuto», avrà modo di dire pochi istanti dopo. La Casa di Alex – Alex Extea in lingua basca – è un’associazione culturale intitolata alla memoria di Alessandro Iriondo, segretario provinciale dei Ds fino alla scomparsa nel 2008, ricordato in città come uomo di grande onestà intellettuale. Bersani non lo dimentica quando si rivolge ai suoi sostenitori.
Arriva Bersani (Foto: A.V.)
Capelli sale e pepe, l’Unità che spunta dalla tasca, la giacca a costine, le Clarks: il phisique du role del Pierluigi boy c’è tutto. Il mood è da casa del popolo, i trentenni si contano sulle dita di una mano. Tanto folklore, la politica ha bisogno di simboli: tre costituzioni firmate e donate ad altrettanti sostenitori. Il regalo di Mariapia, donna che ha fatto la resistenza: un barattolo di incenso, «profuma di sinistra». In prima linea i fedelissimi: i consiglieri regionali Maurizio Martina e Franco Mirabelli, l’assessore alle Politiche sociali di Milano Pierfrancesco Majorino. Presente ma più defilata Carmela Rozza, capogruppo del Pd a Palazzo Marino.
L’incipit, e non potrebbe essere altrimenti, è su Renzi: «Matteo mi ha mandato un tweet: beviamo un caffè. Io gli rispondo: ma anche un pranzo perché siamo tutti una grandissima squadra, uno squadrone». Non troppo compatta, a dire il vero: «Matteo sulle regole ha avuto e ha opinioni diverse, ma sono sicuro che in tutti in queste ore maturerà la voglia di rispettarle, anch’io ho avuto sollecitazioni di gente che vuole andare a votare. Io ho detto ok, ma dentro le regole che ci siamo dati, penso che sia la nostra chiave e sono convinto che Matteo io e tutti quanti vorremo fare di domani ancora una giornata di festa per la nostra democrazia». Il colpo allo sfidante fiorentino lo sferra sulla politica estera, dove si dice preoccupato per le differenze delle loro visioni: «Su Israele e Palestina Renzi dice cose che neanche tutte le destre messe insieme…». Bene invece il voto favorevole dell’Italia a dare un seggio Onu alla Palestina: «Finalmente l’Italia ha ripreso la dignità di un profilo di politica estera» dopo un decennio in cui «ci ridevano dietro».
Bersani stamani a Milano (Foto: A.V.)
Il discorso di Pier Luigi è fluido e collaudato, e riprende in un’unica narrazione gli input lanciati nei vari dibattiti televisivi, a partire dal confronto su Rai 1. Uguaglianza, lavoro, merito, giovani, università, solidarietà fiscale. Sono queste le parole su cui insiste di più il segretario del Pd. La platea della Casa di Alex si presta a qualche considerazione sul Pdl, ed è questa la vera novità rispetto a quanto detto nei giorni scorsi. Ora che le primarie del Pd volgono al termine, Bersani osserva che: «Anche quelli di destra sono persone normali che vogliono partecipare, è un loro diritto che gli va riconosciuto. Gli elettori di destra non devono partecipare alle nostre primarie ma fare le loro», auspicando che alla riunione di martedì prossimo il Pdl decida di recuperare questo strumento «per dare un segnale di salute del sistema». Poche ore dopo, Alfano confermerà la data del 16 dicembre, ma il Cavaliere non si è ancora espresso. Se Berlusconi preferirebbe Bersani come sfidante rispetto a Renzi, ma Berlusconi per Bersani è uno spauracchio.
Bersani firma la Costituzione (Foto: A.V.)
«Spero che il buon Dio abbia perso lo stampino», è la battuta a proposito di Silvio: «È arrivato uno che ha detto: la politica mi fa schifo, lo stato mi fa schifo, il fisco mi fa schifo. Riformare era contro il suo interesse». Applausi scroscianti. Poi l’analisi: «In questi vent’anni c’è stata un’egemonia culturale delle destre, significa che le idee ti entrano in testa come se fossero tue. Ci hanno rubato le nostre parole come libertà e merito, e lo hanno fatto staccandole dalla parola uguaglianza. Uguaglianza è una parola importante che serve anche per l’economia».
«Dobbiamo essere convinti», osserva il leader, «che quando arriviamo sotto elezioni dobbiamo chiedere il voto su un’alternativa di sistema a un meccanismo durato vent’anni, che può rispuntare a fronte di nuove offerte politiche». Un tasto sul quale i sostenitori della Casa di Alex sono particolarmente sensibili: «Per quale motivo tre anni fa tutti sapevano che Berlusconi non era più in grado di dirigere la baracca e ce lo siamo levati di torno solo ora? Perché il sistema è rigido» è la sua giustificazione. «Mentre cadeva il muro di Berlino noi avevamo Tangentopoli, siamo stati l’unico paese dove la politica è arrivata morta» a quell’appuntamento, che ha aperto le porte al berlusconismo. Eppure «Amartya Sen (l’economista indiano, ndr) dice che la democrazia e la discussione pubblica sono utli all’economia perché consentono di correggere gli errori, il populismo finisce quando sei finito anche tu come Paese».
La platea della Casa di Alex (Foto: A.V.)
Sull’economia Bersani va più in profondità, prendendosela ancora con la destra, che «ha seminato l’idea che uno Stato si salva da solo» e non ha risolto il problema di fondo del lavoro, perché «l’austerità da sola non basta», tanto che «la Merkel è su un treno che va verso il segno meno». «Siamo i maggiori finanziatori dell’Europa», spiega ancora, aggiungendo: «non abbiamo banche da salvare come la Grecia». Dimenticandosi che il Monte dei Paschi di Siena, a lungo feudo del Pd, è stato appena salvato dal Tesoro. Forse perché vola alto: «Bisogna ripartire dalla grande idea degli Stati Uniti d’Europa».
Insomma, niente promesse vacue di berlusconiana memoria. Bersani offre alla platea le sue carte vincenti: onestà ed esperienza. «Ce la faremo, ce la faremo» ripete uscendo assediato dai flash e dalle telecamere. Parlando anche a sé stesso.
Twitter: @antoniovanuzzo