Viva la FifaCari Berlusconi e Moratti: a gennaio o si spende o si affonda

Cari Berlusconi e Moratti: a gennaio o si spende o si affonda

E va bene che la palla e rotonda e non sai mai che scherzi può farti (vero Livaja?), che ogni tanto le partite vengono decise dagli episodi, che esistono variabili come gli errori arbitrali capaci di cambiare il corso di un intero campionato. Ma è anche vero che spesso e volentieri il calcio diventa una scienza esatta, quasi inappellabile. Ad esempio: se hai pochi ricambi e la squadra a dicembre è già mezza logora e sei costretto ad affidare le chiavi del gioco a Gargano, chiaro che non batti in casa l’ultima in classifica. Oppure: se pensi che l’acquisto da fare sia Balotelli, quando il problema sta nella tenuta difensiva, il rischio è di andare a Roma e prendere 4 gol, di cui 3 già solo nel primo tempo. E magari: se riacciuffi una partita che stai perdendo dopo aver giocato un brutto primo tempo a aver sbagliato pure un rigore, è un segnale che questa può essere la tua stagione.

Da quando ha battuto la Juve in casa sua, l’Inter si è smarrita. Complici tre fattori, tutti legati fra loro: la rosa corta, la stanchezza legata all’Europa League e alcuni infortuni a centrocampo. Stramaccioni, nel tentativo di dare un’identità alla squadra, deve però fare con quello che si ritrova. E ieri si deve essere convinto del fatto che Moratti a gennaio dovrà inevitabilmente tornare sul mercato: gli obiettivi sono un attaccante in grado di far rifiatare Milito (al di là del gol sbagliato, Livaja è troppo acerbo), un centrocampista dai piedi buoni in grado di dettare i tempi alla squadra, un difensore che si metta in competizione con Ranocchia (chi pensa sia maturato lo chieda a Prandelli, che in nazionale sono più le volte che non lo convoca). L’Inter di ieri ha mostrato i limiti che dovranno essere coperti dal mercato. Limiti che si sono concentrati al centro del campo, dove un reparto muscolare ma dai piedi poco fini sparacchiava palloni in avanti alla ricerca di un guizzo delle punte: il 67% dei passaggi nerazzurri sono stati lunghi. Peccato che i lanci fossero affidati spesso a Gargano. Non proprio il suo mestiere. E così, a poco ti serve il 93% di vantaggio territoriale, o il 61% di possesso palla, se non riesci a scardinare un avversario venuto a San Siro per difendersi e ripartire. Metteteci anche il nervosismo per il gol che non arriva e il fatto di avere buttato mezzora per aver giocato con il lento e inconcludente Alvarez titolare e il pareggio – che poteva essere sconfitta – è servito.

In casa Milan il tema è simile: Allegri fa quel che può. Il bello è che il tecnico livornese aveva pure disposto la squadra in modo da far male ai giallorossi, con un 4-3-3 che avrebbe dovuto lavorare ai fianchi una Roma che non ha nell’atteggiamento difensivo la sua arma migliore. Ma questo è anche un problema del Milan, che così attacca, pressa e cerca di mettere all’angolo i ragazzi di Zeman, che contengono e alla prima occasione ripartono correndo felici palla al piede su una prateria grande così. Spazi aperti e palle inattive: alla Roma è bastato sfruttare queste due debolezze rossonere. Bravo Zeman a scegliere Bradley al posto di Florenzi: se il giovane ex Crotone regala tagli e inserimenti, lo statunitense dà maggiore equilibrio senza rinunciare ai piedi buoni. E la Roma vince con un vantaggio territoriale bassissimo (28%!), ma con un centrocampo fatto da geometri come l’ex Chievo, un De Rossi ritrovato e un Totti che vive con il suo vecchio maestro in panchina una seconda giovinezza: un reparto che ha assicurato alla Roma una fitta trama di 7596 passaggi in stagione, tra cui i 571 in attacco e i 6 assist del capitano. Troppo facile, allora, vincere su un Milan che ci mette buona volontà ma che se viene attaccato va in barca. Anzi, in Barça: dalle parti del Camp Nou il timore è che si stiano già sfregando le mani.

Si può giocare un primo tempo brutto, andare in svantaggio, sbagliare un rigore e poi vincere la partita. E’ successo alla Juventus venerdì sera. Un Cagliari corto e aggressivo (leggi anche falloso) con il suo 4-3-1-2 contiene una Juve svogliata e con pochi sprazzi, con Thiago Ribeiro che ha il colpito di tenere a bada il geometra Pirlo. Ai sardi non interessa dominare, interessa portare a casa la pelle. La Juve è abulica: Asamoah fa sempre lo stesso movimento, in attacco la squadra non è pervenuta, Vidal e Marchisio sono sottotono. Conte striglia i suoi, che nella ripresa cominciano a fare la Juve, con gli esterni che finalmente decidono di crossarla e gli attaccanti che ci provano un po’ di più. Non basta, ma come spesso accade ci vuole un gol per sbloccare tutto. Matri fa 1-1 e la Juve pur non brillando si distende sul Cagliari e i numeri alla fine sono dalla sua parte: 77% di vantaggio territoriale, 66% di possesso palla, 10 tiri in porta, 37 cross (a 3), 548 passaggi (a 283). E’ il segnale che per i bianconeri può essere la seconda stagione giusta: così si spiega l’esultanza di Conte al secondo gol di Matri.

Un’altra regola del pallone spesso vincente dice che il calcio è semplicità. Non bisogna essere per forza un Barcellona versione Playstation. A volte, per stare in alto in classifica, si può essere una squadra di onesti calciatori costruita su una spina dorsale composta da un portiere tornato in stato di grazia, due centrocampisti che costruiscono e una punta che trasforma in oro quasi tutti palloni che tocca. L’identikit è quello della Lazio, da ieri seconda in classifica dopo la vittoria a Marassi. I biancocelesti di Petkovic sono solidi, compatti, senza fronzoli. E cinici. Lo hanno dimostrato contro l’Inter, lo hanno ribadito a Genova. Perché i biancocelesti non sono nemmeno Klose dipendenti: se il tedesco è ben marcato, la squadra non si scompone e si allarga sulle fasce, dove Konko e Lulic fanno piovere cross che è un piacere. Da uno di questi arriva il gol di Hernanes. Poi la Samp ci mette il cuore e la Lazio si difende, portando a casa la quinta vittoria nelle ultime 7 gare. Il cinismo biancoceleste emerge anche nei numeri, che hanno visto le due squadre quasi alla pari: 51% di possesso palla per gli ospiti, 50% di vantaggio territoriale a testa, 7 tiri in porta per entrambe, 408 passaggi della Samp contro i 420 della Lazio.