Roberto Della Seta è senatore del Partito democratico e capogruppo nella Commissione Ambiente. Dopo vent’anni nelle fila di Legambiente, di cui è stato anche presidente nazionale, nel 2008 è arrivato a Palazzo Madama. Il suo nome compare nella lettera scritta nel 2010 da Emilio Riva (messa agli atti dal gip del Tribunale di Taranto), in cui il patron dell’Ilva chiede a Pier Luigi Bersani di allentare la pressione mediatica sull’acciaieria di Taranto e di fermare gli interventi polemici di Della Seta in Parlamento. Lo stesso Riva che nel 2006 aveva foraggiato la campagna elettorale del Pd con un finanziamento di 98 mila euro.
Della Seta ha sempre detto di non aver mai ricevuto pressioniper cambiare le sue posizioni contro l’inquinamento prodotto dagli stabilimenti pugliesi. Eppure, come scrive Il Corriere della sera, a distanza di due anni il nome di Della Seta non comparirebbe nell’elenco del cosiddetto «listino blindato» di candidati alle politiche 2013 scelti dal segretario Pier Luigi Bersani. Quelli che non avranno bisogno di correre alle primarie dei parlamentari per ricandidarsi. E con lui, mancherebbero all’appello anche gli altri due parlamentari ambientalisti, Ermete Realacci e Francesco Ferrante. Figure che non sono espressione del territorio, ma che rappresentano, come dice Della Seta, un «interesse diffuso». E quindi avranno scarse possibilità di essere eletti il 29 e il 30 dicembre prossimi.
Senatore Della Seta, a quanto pare lei non sarebbe nel cosiddetto «listino blindato» di Pier Luigi Bersani. Cosa ne pensa?
Il listino definitivo ancora non c’è. Sono solo indiscrezioni.
Ma lei crede che farà parte di questo listino o no?
Non lo so, non glielo so dire. In ogni caso una persona come me, scelta a suo tempo per fare il parlamentare come espressione di un interesse diffuso, cioè quello per l’ambiente, non ha senso che partecipici alle primarie sul territorio. Io sono stato eletto nelle circoscrizione Piemonte, ma non sono espressione di quel territorio.
Qualcuno potrebbe dire che, visto il passato finanziamento da parte dei Riva della campagna elettorale di Bersani, lei potrebbe non essere candidato per via delle sue posizioni critiche sulla gestione dell’Ilva.
Mi auguro che non sia così. Mi auguro che il mio segretario di partito non scelga i candidati sulla base delle preferenze del Cavalier Riva.
Ma ha mai ricevuto pressioni all’interno del partito sulla questione Ilva?
No, non ci sono mai state pressioni perché io modificassi le mie posizioni sulla vicenda Ilva. Sono solo venuto a conoscenza delle intercettazioni telefoniche (contenute nell’ultima ordinanza del gip di Taranto, ndr) in cui un collega deputato (Ludovico Vito, ndr) parlando con Girolamo Archinà, il cosiddetto faccendiere dell’Ilva, diceva che alla Camera bisognava farmi buttare il sangue.
Cosa aveva fatto per far arrabbiare così tanto l’Ilva?
Avevo presentato una interrogazione all’allora ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo in cui contestavo un decreto del governo che rinviava di due anni l’entrata in vigore dei limiti previsti dalla normativa europea sulla concentrazione benzo(a)pirene. Era chiaramente una norma disegnata su misura per l’Ilva, visto che tra le emissioni dell’acciaieria ci sono elevati livelli di questa sostanza. La mia è stata un’azione di denuncia.
E se i Riva finanziassero di nuovo la campagna elettorale del Pd come è già accaduto nel 2006?
Non credo che sia un’impotesi realizzabile.
Ma come vede il futuro dell’Ilva?
Penso che i Riva abbiano dimostrato di non essere all’altezza di gestire un’azienda in vista di un risanamento. Questa è la mia opinione personale. Credo che ci siano le condizioni per applicare l’articolo 43 della Costituzione che prevede la possibilità di espropriare beni a privati per un interesse generale superiore. L’Ilva deve essere risanata ma sotto il controllo pubblico.
Esiste una posizione ambientalista unitaria nel Pd o ci sono delle divergenze?
Io come altri parlamentari ecologisti in più di una occasione abbiamo avuto delle divergenze rispetto alla maggioranza del Pd, ad esempio sulla questione dell’energia nucleare. Ma mi auguro che queste differenze non siano considerate come un problema. Se si chiudesse rispetto a certe posizioni e a certe sensibilità, il Pd sarebbe un partito senza futuro. Non sarebbe un partito a vocazione democratica come dice di essere.
Ma qualora lei, Realacci e Ferrante foste esclusi dal listino blindato, nel Pd non ci sarebbe più un’anima ambientalista?
Non ho la pretesa che la mia esperienza e quella dei miei colleghi abbia l’esclusiva ambientalista. Certamente le nostre posizioni non rappresentano la maggioranza del partito ma, come si è visto ad esempio dal referendum sul nucleare, rappresentano invece la maggioranza degli elettori. Le nostre storie da 25 anni si identificano con l’idea che l’ambiente vada considerato anche da un punto di vista sociale. Francamente, se mi guardo intorno, nel Pd non vedo altre sensibilità così spiccate. Certo, se emergeranno altri ecologisti sarò ben contento.
Quindi esclude di poter essere eletto se non sarà tra i nomi del listino bloccato?
Se si facessero delle primarie nazionali, dico che prenderei più voti della quasi totalità dei candidati del Piemonte proprio grazie alla mia storia di impegno in difesa dell’ambiente. Ma se le primarie si fanno a partire dalla singola provincia, questa forza si svuota. Io non sono espressione di una provincia. In questi anni ho conosciuto e ho imparato ad amare Torino. Ma non credo che sarebbe corretto candidarmi come espressione di quel territorio. Io non rappresento quel territorio ma un interesse diffuso, che vale per i palermitani e per i piemontesi. Mi sono opposto ai condoni edilizi in Campania, ma mi sono anche occupato dell’Ilva in Puglia. L’interesse per l’ambiente non è circoscritto a una sola area.
Quindi, alla fine, spera di esserci in questo famoso listino Bersani.
Vedremo.