Il mondo calpesta piastrelle made in Italy. Ieri, 21 dicembre, nel giorno del passaggio di Avio a General Electric, un’altra società industriale conosciuta in tutto il mondo è finita in mani statunitensi. Mohawk Industries, quotata a Wall Street, ha siglato ieri un accordo per l’acquisizione di Marazzi, tra i principali produttori italiani di piastrelle in ceramica, per 1,17 miliardi di euro. Cifra che implica una valutazione di 8 volte il margine lordo stimato a fine 2012, pari a 145 milioni di euro. L’operazione, che sarà chiusa entro il primo trimestre 2013, sarà realizzata parte in cash e parte in azioni, ma allo stato attuale è ancora troppo presto per capire le quote che la famiglia Marazzi e i fondi Permira e Private equity patners – oggi rispettivamente soci al 51 e 49% – avranno nella nuova compagine azionaria.
Marazzi è uno dei principali protagonisti della piastrella valley di Sassuolo, che comprende 128 aziende per un fatturato complessivo di 3,7 miliardi di euro nel 2011, un fatturato medio di 7,4 milioni di euro e un ritorno sugli investimenti del 4,4% in salita rispetto al 4% del 2010 e nonostante il dumping dei prodotti cinesi. A certificarlo i dati elaborati dal Servizio studi e ricerche di Intesa Sanpaolo nell’ambito di un report che sarà pubblicato il prossimo gennaio. Per quanto riguarda l’export, gli economisti della banca evidenziano, nei primi nove mesi del 2012, una crescita del 3,3% rispetto allo stesso periodo del 2011. In testa la Russia, +47,3% a quota 69,1 milioni di euro nel primo trimestre 2012 sul marzo 2011, seguito dagli Usa con +27,3% a 208,7 milioni e dal Canada, +8,9% a 64,3 milioni. Tracollo invece per Grecia (-39%) Croazia (-22,1%) e Polonia (-10%).
Fonte: Servizio studi e ricerche Intesa Sanpaolo
Fondata negli anni ’30 da Filippo Marazzi senior, l’azienda era presieduta fino a pochi mesi fa dal nipote Filippo, morto il mese scorso all’età di 63 anni dopo essere salito sulla tolda di comando a soli 22 anni, per via della scomparsa, in circostanze sfortunate, del padre Pietro. L’arrivo della Mohawk, forse accelerato dai fatti che hanno coinvolto la famiglia del capostipite, era nell’aria da qualche mese. E segue l’ingresso in azienda – lo scorso ottobre – di Andrea Sasso, manager 47enne formatosi professionalmente all’Indesit, nel ruolo di amministratore delegato al posto di Maurizio Piglione, dimessosi dopo la complessa ristrutturazione del gruppo. Come si dice al di là dell’Atlantico, il game changer, per Marazzi, fu l’invenzione della monocottura rapida, un metodo – brevettato nel 1974 – che consiste nella cottura simultanea sia del rivestimento smaltato che della parte interna (il “biscotto”) della piastrella. Un investimento tecnologico – nel 1985 introduce la smaltatura Firestream su supporto incandescente – che va di pari passo con quello artistico. Da ricordare, negli anni ’60, il coinvolgimento di designer come Giò Ponti e Alberto Rosselli nella creazione di una piastrella in ceramica a forma curva, esposta alla Triennale di Milano.
Oggi occupa 6mila dipendenti e ha sedi in Francia e Spagna – aperte negli anni ’80, negli Stati Uniti e soprattutto in Russia, Paese in cui «occupa la prima posizione sul mercato», come si legge sul comunicato della Mohawk. Il 50% dei prodotti Marazzi in Russia sono venduti attraverso una rete di negozi in franchising il cui ulteriore sviluppo sarà una delle prime mosse della multinazionale con il quartier generale a Calhoun, in Georgia. Un colosso, la Mohawk, da 5,6 miliardi di dollari di fatturato nel 2011, margini a 633 milioni, utili a 202 milioni e un indebitamento di 1,3 miliardi di dollari al 30 giugno 2012. Sempre nel primo semestre dell’anno i conti dell’azienda di Sassuolo evidenziano ricavi a 428 milioni di euro (+2,5%), un margine lordo di 69 milioni di euro (+6,2%) e utile netto a 12,5 milioni di euro (+9%). Sale invece l’indebitamento a 326,2 milioni rispetto ai 280 milioni del 2011.
Quotata nel 2006 ma rimasta in Piazza Affari, Marazzi fu una delle prime società italiane a utilizzare la cartolarizzazione dei crediti per aumentare il patrimonio netto, con un’operazione da 102 milioni di euro nel 2005. L’esperienza borsistica non è stata un successo: dopo aver raccolto soltanto 229 milioni dal collocamento, ha abbandonato il mercato dei capitali nel 2008, a soli 2 anni e mezzo dall’Ipo, complice la crisi finanziaria innescata dai mutui subprime. E ora, seppure indirettamente, vede nuovamente il mercato, proprio quello statunitense. Si vedrà se l’arrivo degli americani darà una spinta ulteriore a Marazzi o se, come temono in molti a Sassuolo, porterà via posti di lavoro. Una cosa però è certa: si tratta di un ottimo segnale per un distretto del made in Italy che, dopo anni di crisi profonda, sta faticosamente cercando di tornare a livelli di produzione pre-crisi.