L’effetto Mario Monti non si fa sentire solo a livello nazionale, su Partito Democratico e Popolo della Libertà. Ma si avverte soprattutto a livello di regione Lombardia, sulle candidature di Gabriele Albertini e Umberto Ambrosoli. E a farne le spese è in particolare il quotidiano per eccellenza della borghesia di Milano, quel Corriere della Sera che in questi mesi si è dimostrato spesso molto vicino all’avvocato, figlio dell’eroe borghese Giorgio, che vantava un posto nel consiglio di amministrazione di Rcs.
In vista delle elezioni regionali in Lombardia gli spifferi di via Solferino raccontano di una situazione complessa e intricata nella gestione della campagna elettorale. Perché il giornale diretto da Ferruccio De Bortoli si trova nell’imbarazzo di appoggiare il professore della Bocconi a livello nazionale ma è ora diviso sui due candidati montiani, Ambrosoli e Albertini. Con il secondo che afferma che il primo diventerà il suo vice e con le liste civiche in appoggio già sulle barricate perché quella di centrosinistra accusa l’altra di aver copiato nome e simbolo.
Del resto, entrambi, sia l’ex sindaco di Milano sia l’vvocato stanno facendo a gara per sposare l’agenda Monti. Ma Albertini sembra avere un passo in più, anche perché sgravato dall’appoggio di un Pd che con Pier Luigi Bersani, fino adesso, non sembra (o non può) venire incontro al da poco dimissionario presidente del Consiglio.
L’europarlamentare del Pdl non smette giorno, invece, di paragonare Monti a De Gasperi. « Mi auguro che dalla Lombardia possa prendere avvio questo autentico processo di rinnovamento di cui l’Italia ha bisogno», ha detto Albertini. E subito a ruota Ambrosoli: «Sintonia con le parole di Monti». Frase che ha fatto inalberare non poco la Cgil in Lombardia e quella Sinistra e Libertà che con Andrea Di Stefano, sconfitto alle primarie, premer per un posto da capolista.
L’appoggio del Corriere ad Ambrosoli negli ultimi mesi, in vista delle primarie civiche, lo si è notato non solo dalle piccole cose. Sull’avvocato è sempre gravato il posto nel consiglio di amministrazione di Rcs, abbandonato appena vinto il confronto contro Alessandra Kustermann e Di Stefano. Ma a novembre in tanti hanno potuto vedere come spesso gli articoli nazionali sul Partito Democratico fossero correlati (a sorpresa) da foto dove spuntava la faccia dell’avvocato, anche se il pezzo era sul segretario democratico Pier Luigi Bersani.
Non solo. In alcune interviste proprio ad Albertini sempre nelle foto, di riffa o di raffa, compariva pure Ambrosoli. E poi le edizioni locali, con interviste per l’edizione di Bergamo o Brescia: un modo per far conoscere un candidato conosciuto più in via Solferino che in Val Brembana. Tutti dettagli che hanno fatto capire la buona borghesia milanese aveva una forte preferenza per l’avvocato.
Ma i giochi sembrano cambiati negli ultimi giorni. Dopo aver lasciato il posto nel cda di Rcs, Ambrosoli è stato intervistato sia il 21 dicembre sia il 23, segnale che una certa assonanza c’è sempre. Ma la decisione dell’ex sindaco di correre lo stesso alle prossime regionali («Ho rifiutato le proposte di Berlusconi» ha detto in conferenza stampa sabato scorso) mettono soci e giornalisti nella difficoltà di dover gestire una partita spinosa da qui ai prossimi due mesi.
Della questione sembra essersene accorto anche il terzo candidato Roberto Maroni, che con un tweet ha preso in giro l’agenda Monti pubblicando quelle di Unicredit e Intesa San Paolo, con la seconda banca socio di forza di Rcs Mediagroup. Il candidato della Lega Nord, che non ha ancora sciolto la riserva sull’alleanza con Silvio Berlusconi e il Pdl, lo ha anche scritto nero su bianco: «”Albertini: ”Viva Monti”. Ambrosoli: ”Viva Monti”. Meno male che c’e’ Maroni!!! Basta Monti, basta tasse” ha scritto sulla sua pagina Facebook il segretario del Carroccio.
È un segnale di come anche la campagna elettorale in Lombardia potrebbe essere contrassegnata dallo scontro a livello nazionale tra tasse e meno tasse. Ma chi sarà il più montiano tra Albertini e Ambrosoli? «Il Corriere appoggerà Monti a livello nazionale e Ambrosoli a livello regionale», spiega uno che conosce bene i meccanismi della comunicazione politica a Milano. Ma non è detto che qualche socio del patto abbia già inziato a storcere il naso.