Chiamato a guidare l’Italia fuori dal pantano in cui era preciptiata dopo tre anni di non governo berlusconiano, Mario Monti lascia praticamente un anno dopo. Proprio a causa del risveglio del Cavaliere. Non poteva preparare una risposta politica migliore, il presidente del Consiglio. L’unica che, di fatto, consegna la patata bollente nelle mani del Pdl e del suo capo. Adesso la responsabilità è tutta di Berlusconi. Quel che accadrà da oggi in poi, crescita dello spread, provvedimenti delle agenzie di rating, timori dei mercati finanziari, preoccupazioni europee, tutto avrà un responsabile con tanto di nome e cognome: Silvio Berlusconi.
Probabilmente il Cavaliere lo aveva messo in preventivo. Forse se lo augurava persino. Forse. Sta di fatto che adesso margini per giochini non ce ne sono più. L’accelerazione l’ha impressa lui ma se pensava di poter tenere l’esecutivo sulla corda ancora un po’, ha fatto male i suoi conti. Il tecnico Monti gli ha riconsegnato il pallone.
Il comunicato del Quirinale è chiarissimo. Frutto, sicuramente, di un lavoro concertato. Chissà, probabilmente già da ieri. Solo una battuta si è concesso Mario Monti, quella sul Re Sole. Poi già oggi, da Cannes, aveva lanciato un chiaro avvertimento: «Bisogna assolutamente evitare che l’Italia ricada nella situazione precedente quando, prima di questo governo, ha rischiato di essere il detonatore che poteva far saltare l’Eurozona». Non solo: «Il fenomeno del populismo esiste in molti Paesi e anche in Italia: è un fenomeno molto diffuso con la tendenza a non vedere la complessità dei problemi o forse a vederla, ma a nasconderla ai cittadini elettori. Purtroppo questa scorciatoia verso la ricerca del consenso, anche attraverso la presentazioni di promesse illusorie, è un fenomeno che sta caratterizzando la vita politica». E ovviamente ogni riferimento non è affatto casuale.
Sull’Italia non si era detto preoccupato: «Mi sembra una situazione gestibile nella normalità della vita democratica di un Paese. La politica italiana è complessa, ma quest’anno abbiamo fatto passi avanti che altri paesi hanno considerato di fare ma che non hanno fatto. L’Italia è uscita da una situazione grave con una strana grande coalizione. In un anno abbiamo fatto riforme che nessun partito da solo poteva fare e che sono state possibili grazie al disarmo delle forze politiche». Per poi aggiungere: «Sarei felice se noi non avessimo bisogno».
In serata, la svolta al Quirinale. Un comunicato che di fatto fa precipitare l’Italia a un anno fa, quando sembravamo sull’orlo della crisi e in pochi giorni il presidente della Repubblica si inventò la cura e chiamò il miglior medico su piazza. Quest’anno di governo, ovviamente, può essere analizzato sotto diversi punti di vista. Non tutto è stato positivo, ovviamente. Talvolta il piglio professorale ha dato fastidio. E altre volte dietro l’atteggiamento austero si sono celate piccole magagne e (imparagonabili) piccoli conflitti d’interesse. Ma è innegabile che l’Italia sia uscita dalle secche. Sia sui mercati, sia sul versante dell’autorevolezza e della rispettabilità in campo internazionale. Dopo anni, abbiamo avuto un presidente del Consiglio non solo considerato ma addirittura influente ai vertici di Bruxelles.
Tutto questo adesso non c’è più. Mario Monti ha dichiarato che il compito dei tecnici è terminato. Sarà concluso dopo aver sbrigato le ultime formalità. Resta, forte, la sensazione di una perdita. Di una perdità di serietà, di autorevolezza, di credibilità e, certo, di sobrietà, di cui avevamo troppo a lungo sentito la mancanza. E, soprattutto, c’è, forte, il timore, che gli effetti benefici di quest’anno possano essere troppo rapidamente spazzati via da vecchie abitudini che pensavamo ormai appartenenti al passato.
Ovviamente è giusto, sacrosanto, che il Paese vada al voto e scelga il governo politico. Sarebbe però auspicabile che l’esperienza dell’esecutivo Monti lasciasse qualcosa più di un segno. Sempre che il professore non intenda poi presentarsi alle elezioni. Di certo il gesto di questa sera somiglia più al gesto di un politico consumato che non a quello di un tecnico prestato alla politica. Anche se, va detto, una cosa è confezionare la più nobile delle uscite di scena, un’altra lottare spalla a spalla per conquistarsi il trono.