Aggiornamento al 19 dicembre 2012 – Oggi la Corte di Cassazione ha depositato le motivazioni dell’annullamento con rinvio della sentenza d’appello che assolveva i protagonisti della scalata di Unipol alla Bnl. Secondo i giudici della Cassazione, «il vizio che si riscontra nella sentenza impugnata e che ne impone l’annullamento con rinvio, consiste nell’aver indebitamente omesso di verificare se, pur nella riconosciuta insussistenza del patto parasociale valorizzato dal giudice di prima istanza, fossero enucleabili altri profili di corresponsabilità di tutti gli imputati per concorso nel delitto di aggiotaggio informativo e manipolativo». In particolare, «quanto agli imputati appartenenti al novero dei cosiddetti “contropattisti” [guidati dal costruttore Francesco Gaetano Caltagirone, ndr], la pur intangibile esclusione dell’esistenza di un patto parasociale con l’Unipol non sarebbe valsa ad escludere radicalmente un loro concorso nel reato di aggiotaggio». La motivazione della Cassazione è stata depositata in tempi brevi anche alla luce della prescrizione del reato che scatta proprio oggi 19 dicembre. «L’immediata prossimità della scadenza del termine prescrizionali non sfugge» ai giudici che però non hanno ritenuto di procedere all’annullamento senza rinvio.
Articolo originariamente pubblicato il 7 dicembre 2012
Questa mattina la Corte di Cassazione ha annullato, con rinvio in appello, una sorprendente sentenza della Corte d’Appello di Milano dello scorso maggio. Sentenza che assolveva tutti i protagonisti della scalata di Unipol alla Bnl dal reato di aggiotaggio, con l’eccezione di Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti (condannati per insider trading), all’epoca rispettivamente presidente e vicepresidente di Unipol. Fra gli assolti c’erano l’ex governatore Antonio Fazio (condannato, invece, in via definitiva per la scalata ad Antonveneta), il costruttore Francesco Gaetano Caltagirone e Carlo Cimbri, allora direttore generale e oggi amministratore delegato del gruppo Unipol.
Peccato che tutto ciò servirà a poco. Da un lato, i giudici della Cassazione hanno il merito di avere riappacificato la giustizia amministrata con il senso di giustizia e il buon senso dell’uomo della strada che all’epoca dei fatti aveva potuto leggere come si muovevano i signori di cui sopra, attraverso le loro vive parole intercettate dalla Procura di Milano. La giustizia dei giudici, insomma, ha salvato la faccia. Dall’altro lato, però, l’esito finale di tutta la vicenda è quello voluto dalla Corte d’Appello di Milano: il 19 dicembre, infatti, scatta la prescrizione, e quindi buonanotte suonatori. Tranne che per Consorte e Sacchetti, per gli altri finirà in gloria, anche se dovranno comunque saldare le sanzioni pecuniarie. Unipol, per esempio, dovrà pagare 420mila euro.
Questo esito del procedimento penale, tuttavia, non può lasciare indifferente chi oggi è chiamato a vigilare sul settore assicurativo, dopo lo scandalo Ligresti. Ossia, il direttorio della Banca d’Italia integrato con i due membri del consiglio dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass). Bisognerà attendere le motivazioni della sentenza della Cassazione per capire, se oltre alla richiesta di annullamento della sentenza d’appello, la Corte ha anche accolto le conclusioni del procuratore generale D’Ambrosio: e cioè che «non ci sono dubbi sulla sussistenza del concorso nel reato» di aggiotaggio a carico degli undici imputati assolti in appello, dopo la dura condanna in primo grado. Se così fosse, per il governatore Ignazio Visco e per l’Ivass si porrebbe un interrogativo sull’adeguatezza reputazionale di Cimbri a gestire la fusione fra Unipol e FonSai e a guidare poi quello che sarà il secondo gruppo assicurativo italiano. E anche sull’opportunità della permanenza di Caltagirone alla vicepresidenza delle Assicurazioni Generali, dopo che peraltro l’ingegnere romano è stato protagonista di un’opaca operazione immobiliare fra parti correllate con la compagnia triestina poco dopo l’arrivo alla presidenza di Cesare Geronzi.
La prescrizione permetterà all’a.d. di Unipol, che nel frattempo ha assunto la stessa carica in FonSai e nella controllata Milano Assicurazioni, di mantenere la fedina penale pulita, certo. E non ci saranno problemi formali nemmeno dal punto di vista dei requisiti di onorabilità richiesti dal Codice delle assicurazioni. Ma un conto sono i requisiti formali piuttosto laschi enucleati dall’articolo 5 del regolamento ministeriale predisposto dall’allora ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani e poi prontamente firmato dal ministro della Giustizia Paola Severino; un conto è l’aspetto sostanziale della reputazione.
C’è dunque una domanda alla qualené il governatore Visco né il direttore generale Fabrizio Saccomanni né i consiglieri Ivass Alberto Corinti e Riccardo Cesari possono sottrarsi: quali garanzie e quale reputazione apporta a un’istituzione finanziaria un manager su cui – sono le parole di un procuratore generale della Cassazione, vedremo se recepite anche dalla Corte stessa –«non ci sono dubbi sulla sussistenza del concorso nel reato» di aggiotaggio, ovvero del tentativo di inquinare con false informazioni le quotazioni dei titoli in borsa? Chiediamo lumi, insomma: per saperci regolare la prossima volta che Visco o Saccomanni richiameranno banchieri e assicuratori alla correttezza dei comportamenti; e anche per capire che peso dare alle parole e alle promesse di chi guida le principali imprese di questo paese.
Twitter: @lorenzodilena