I deputati berlusconiani si aggirano per il Transatlantico, stupiti e dubbiosi. L’accelerazione antigovernativa impressa da Silvio Berlusconi ha sorpreso anche loro. In mattinata i colleghi di Palazzo Madama si sono astenuti sulla fiducia al governo, durante il voto sul decreto Sviluppo. Tra poche ore toccherà anche a loro. A Montecitorio è in programma un altro voto di fiducia. Sul provvedimento relativo ai costi della politica negli enti locali. La maggior parte dei parlamentari fedeli al Cavaliere non nasconde l’imbarazzo. Ancora non sanno come dovranno votare. Si attendono lumi dalla riunione dei vertici pidiellini in corso a Palazzo Grazioli. «Ieri sera avevamo capito che la linea era un’altra. Si sarebbe dovuto prendere tempo. Evitare, per il momento, attacchi frontali al governo Monti».
Poi Berlusconi ha cambiato idea. Infuriato per le indiscrezioni uscite dalla riunione, verso le 22.30 ha diffuso un comunicato in cui, di fatto, annunciava la sua nuova discesa in campo. La strategia è cambiata all’improvviso. Le prime conseguenze già stamattina. Alla prima occasione utile – le avventate dichiarazioni del ministro Corrado Passera – i gruppi parlamentari del Pdl hanno preso le distanze dall’esecutivo.
Parlando con i suoi uomini, ieri il Cavaliere si sarebbe lamentato dei tanti tradimenti. All’indomani della recente condanna nel processo sui diritti tv Mediaset, solo pochi, pochissimi, lo hanno difeso. Berlusconi avrebbe contato solo undici dichiarazioni “amiche”. E così stamattina è partita la corsa a riallinearsi. Fin dalle prime ore le agenzie rilanciano decine di note stampa. Messaggi di solidarietà, inviti a scendere in campo, complimenti personali. Annusata l’aria, i parlamentari Pdl si schierano con il vecchio capo. Senza troppi distinguo. Berlusconi è tornato in campo. Si sgomita per confermare la propria fedeltà (e magari conservare una poltrona alla Camera).
Qualche parlamentare quasi si arrabbia. Improvvisamente si è riallineato al Cavaliere anche chi, fino a pochi giorni fa, metteva in dubbio l’opportunità di un suo ritorno. I dubbiosi, i supermontiani. È il caso dell’ex ministro Stefania Prestigiacomo. Spesso critica nei confronti del Cavaliere, oggi si lancia in uno sperticato appello. «L’uomo giusto è Berlusconi, con il suo carisma è l’unico in grado di appassionare di nuovo un centrodestra disorientato, sbandato, in attesa di un riferimento, di un leader forte, di un programma chiaro e concreto per il governo del Paese».
Sulla stessa linea Mariastella Gelmini. Nel recente passato vicina alle posizioni filogovernative di Franco Frattini. Oggi prende posizione a favore dell’ex premier. «ll tempo delle decisioni è arrivato – annuncia – Per fronteggiare la sinistra serve un combattente capace di raccogliere la sfida, di galvanizzare un centrodestra ancor oggi sbandato, diviso e indeciso. Per non consegnare l’Italia al partito delle tasse e battere l’alternativa Pd-Grillo, servono il coraggio e la leadership di Berlusconi». E anche Mara Carfagna – alfaniana convinta – si affretta a dire: «Se Berlusconi decidesse di rappresentare il centrodestra, di proporsi nuovamente come candidato premier, il nostro lavoro sarebbe certamente più facile».
Con Monti o contro Monti? In realtà nel Pdl si rischia una spaccatura tra chi sta con Berlusconi è chi preferirebbe un altro leader. Spiazzati dall’offensiva berlusconiana, questi ultimi restano senza parole. Gli ex An non parlano. Così il capogruppo Fabrizio Cicchitto. Le primarie sono improvvisamente scomparse dalla scena, ma il più grande sponsor Angelino Alfano tace. Si limita a parlare dopo il vertice di Palazzo Grazioli, per confermare che il partito si asterrà anche alla Camera. Un dissenso silenzioso, per ora. Salvo poche eccezioni. Spiccano il capogruppo al Parlamento Europeo Mario Mauro, che ancora spera in un proseguimento dell’esperienza del governo Monti. E Giorgia Meloni. L’ex ministro della Gioventù si schiera contro la candidatura di Berlusconi. «Dopo tutto il rumore che ha fatto sulle primarie – commentano poco carinamente alla Camera i suoi colleghi – Non poteva fare altro». Alla Camera, invece, Franco Frattini vota in dissenso dal gruppo parlamentare.