Panico tra i deputati del Pd: non vogliono le primarie per i parlamentari

Panico tra i deputati del Pd: non vogliono le primarie per i parlamentari

Il Partito democratico non ha molta scelta. Se il Parlamento non riuscirà a riformare il Porcellum – ipotesi sempre più concreta – si dovranno organizzare le primarie per i parlamentari. Stavolta dovranno mettersi tutti in gioco. In palio non ci sarà la premiership della coalizione. Ma un seggio alla Camera o al Senato. Tanti esponenti del partito restano scettici, se non addirittura contrari. Molti temono di perdere la ricandidatura a Roma. Ma la decisione ormai è stata presa. A garantire lo svolgimento della competizione è stato lo stesso Pierluigi Bersani. Il segretario lo ripete da tempo. Se rimarranno le liste bloccate, il Pd sceglierà i propri eletti con le primarie. A scanso di equivoci lo ha messo, nero su bianco, nella relazione approvata dall’Assemblea nazionale dello scorso gennaio.

Adesso si rischia un nuovo scontro. Le polemiche tra Renzi e Bersani sono appena terminate e si torna a discutere del regolamento delle primarie. Chi può votare? Per i parlamentari vicini al sindaco di Firenze è necessario togliere qualsiasi ostacolo. Stavolta il voto dovrà essere aperto a tutti. Un’ipotesi che al Nazareno non piace affatto. «In questo caso tanto vale introdurre il voto di preferenza» racconta un dirigente vicino a Bersani. Qualcuno suggerisce di far partecipare solo gli iscritti al Pd. Circa 600mila persone. Oppure i tre milioni che in occasione delle recenti primarie si sono iscritti all’albo degli elettori di centrosinistra. «Sennò che lo abbiamo fatto a fare quel registro?».

Votanti e votati. Si studiano alcuni paletti anche per gli aspiranti parlamentari. Permettere candidature generalizzate è un rischio. Specialmente nelle regioni meridionali, dove clientelismo e voto di scambio sono pratiche tutt’altro che infrequenti. E allora perché non lasciare correre alle primarie solo gli iscritti al Pd? Oppure chi è già stato eletto, magari sul territorio. Nel partito ci si interroga. Anche sulla possibilità di tutelare il gruppo dirigente. È allo studio l’ipotesi di riservare alcuni seggi sicuri ai vertici già scampati alla rottamazione. Un’idea che non piace al responsabile Cultura Matteo Orfini, “giovane turco” vicino al segretario: «Il gruppo dirigente può tranquillamente misurarsi sul territorio». Ma non c’è solo la nomenklatura del partito. Qualcuno propone di garantire un seggio anche a personalità di indubbio valore, magari esterne al Pd. «Non si può costringere uomini di cultura a competere sul territorio».

Sulle primarie per i parlamentari il Partito democratico si divide. Lo scontro non è più tra renziani e bersaniani. Non solo, almeno. Alcuni dirigenti come il capogruppo Dario Franceschini sono apertamente contrari alla competizione. Molti per convinzione, qualcuno per paura di perdere la poltrona. Il fronte è trasversale. Anche tra i democrat vicini a Matteo Renzi non tutti sono entusiasti del progetto. C’è chi, pur avendo svolto un ruolo importante nella campagna elettorale del sindaco fiorentino, sul territorio non ha un gran seguito. E ora teme di essere fatto fuori. «Per loro si spenderà direttamente Renzi – racconta un deputato vicino al tema della rottamazione – ci metterà la faccia sostenendoli alle primarie».

Certo, il timore di un nuovo scontro all’interno del partito è forte. Dopo le roventi polemiche sul regolamento che hanno accompagnato la sfida tra Renzi e Bersani, stavolta a pagarne le conseguenze potrebbe essere tutto il Pd. Soprattutto in termini elettorali. Con tanti ringraziamenti da parte di Beppe Grillo. Già in forte ascesa, specie se sarà confermato il fallimento della riforma del Porcellum.

Per evitare problemi, al Nazareno si lavora sul regolamento delle nuove primarie. Il confronto va avanti da almeno un paio di mesi (segno che non c’è mai stato troppo ottimismo sulle reali possibilità di cambiare la legge elettorale). A studiare il progetto sono il coordinatore nazionale della segreteria di Bersani, Maurizio Migliavacca. Il capo della segreteria politica di Letta, Gianni Dal Moro. E Antonello Giacomelli, legato a Dario Franceschini. Presto al tavolo dovrà trovare posto anche un esponente del mondo renziano. Nella trattativa giocherà un ruolo fondamentale anche il responsabile dell’organizzazione Pd Nico Stumpo.

I progetti a cui ispirarsi non mancano. Il Partito democratico del Lazio, solo per fare un esempio, già un anno e mezzo fa ha istituto un apposito gruppo di lavoro presieduto da Walter Tocci. Una commissione incaricata di studiare le modalità per individuare i locali aspiranti parlamentari. Ovviamente attraverso le primarie. Il tema non è nuovo. Durante l’assemblea nazionale dello scorso gennaio il deputato Salvatore Vassallo e il consigliere regionale lombardo Pippo Civati avevano già presentato un ordine del giorno per istituire le primarie per i parlamentari. Il documento doveva essere votato da tutti i presenti. Alla fine, grazie alle pressioni di buona parte del gruppo dirigente, è stato accantonato. 

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