Pd: chi sono i big con deroga che non faranno neanche le primarie?

Pd: chi sono i big con deroga che non faranno neanche le primarie?

Ci sono volute tre ore per approvare il regolamento delle primarie per la selezione dei candidati alle politiche del 2013. Un regolamento che lascia perplessi, ma che conferma la promessa fatta da Pier Luigi Bersani in tempi sospetti: «Se il Parlamento non riuscisse a riformare la legge elettorale, il Pd svolgerà primarie per la selezione dei candidati». Una vittoria per il segretario nazionale che consentirà agli iscritti al Pd e agli elettori compresi nell’Albo delle primarie di “Italia Bene Comune” di potere esercitare il diritto di voto il prossimo 29 dicembre o il 30 (scelgono le singole regioni) per la selezioni dei candidati al Parlamento.

Ma non è stato facile giungere ad una sintesi fra le diverse anime del Pd. Alla direzione nazionale di ieri, che si è svolta al quartier generale dei democratici in via Sant’Andrea delle Fratte, si era arrivati con una bozza messa a punto dai fedelissimi del segretario Bersani, Maurizio Migliavacca e Nico Stumpo. Una direzione alla quale ha preso parte anche il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che è andato via poco prima del voto finale.

Il primo nodo da sciogliere era quello relativo alla richiesta di deroga per chi è stato in Parlamento da più di quindici anni. E se Walter Veltroni e Massimo D’Alema sono stati i primi a fare un passo indietro in tempi non sospetti, ieri non hanno chiesto la deroga anche Livia Turco, Marco Follini, Enrico Morando, Anna Serafini, Arturo Parisi, Pier Luigi Castagnetti, Tiziano Treu.

Invece hanno chiesto di potersi ricandidare: Anna Finocchiaro, Rosi Bindi, Maria Pia Garavaglia, Beppe Fioroni, Beppe Lumia, Franco Marini, Giorgio Merlo, Mauro Agostini, Gianclaudio Bressa, Cesare Marini. Per non far saltare il tavolo, le dieci deroghe sono state votate in un unico emendamento, non dopo un dibattimento caso per caso. «Un modo per evitare che qualcuno venisse escluso». Le dieci “deroghe” sono state approvate dalla direzione, eccezion per tre voti contrari, e tre astenuti.

Piccolo particolare: i “derogati” dovranno sottoporsi a primarie per i parlamentari. Ma c’è già chi scommette che almeno «tre o quattro di essi non si sottoporranno a primarie, ma verranno blindati in quel 10% di candidati che Bersani sceglierà bypassando le primarie». In questo 10%, all’incirca un novantina, ci saranno esponenti della società civile, come ad esempio lo storico Miguel Gotor, e l’ex segretario nazionale della Cgil Guglielmo Epifani, ma potrebbero farne parte anche Anna Finocchiaro, in qualità di attuale capogruppo al Senato, Franco Marini e Rosi Bindi.

Ma su questo listino nazionale è già polemica. Perché se da un alto una parte dei parlamentari uscenti verrà salvata “per merito” o per “il ruolo che ricopre all’interno del partito”, il restante drappello di parlamentari uscenti dovrà prendere parte alle primarie. E giocarsi la partita con ras locali, più radicati sul territorio, e capaci di catalizzare diverse migliaia di voti. D’altronde, come confida a Linkiesta un dirigente nazionale del Pd, «consideri che molti parlamentari uscenti anche alla prima legislatura, avendo un percorso di crescita e avendo svolto un lavoro intenso nelle commissioni, rischiano di non essere rieletti. E’ stato un fulmine il cielo sereno per loro».

Ad esempio, chi come Roberto Giachetti, segretario d’aula del Pd, conoscitori dei regolamenti della Camera, che ha fatto 120 giorni di digiuno per far sì che si cambiasse la legge elettorale, rischia di non entrare in Parlamento: «Guardi io in questo momento sono in Commissione alla Camera, purtroppo non so nulla sulle regole. Allo stesso tempo, le posso dire che è un fatto positivo che si facciano le primarie. Ma ci sono alcuni limiti: i giorni sono pochissimi, e la platea è ristrettissima perché ci sono tantissimi potenziali elettori del Pd che non hanno la tessera, e non hanno partecipato alle primarie. Ma io ce la metterò tutta…». Stesso discorso vale per Anna Paola Concia, anch’essa alla prima legislatura, e attivissima sul fronte dei diritti civili. E nelle stesse condizioni ci sono Roberto Della Seta, Stefano Ceccanti, e due ambientalisti di peso come Ermete Realacci e Francesco Ferranti.

Invece, spiega a Linkiesta un parlamentare che preferisce restare anonimo, «magari chi è già stato sindaco o consigliere regionale, e ha una rete solida sul territorio avrà più chances. Questo sistema non garantisce la qualità del prossimo parlamento».

@GiuseppeFalci