È partito il conto alla rovescia. Tra un panettone e un pandoro, gli aspiranti candidati del Pd al prossimo Parlamento italiano cercheranno di convincere gli elettori democrat a recarsi ai circoli. Mancano ormai pochi giorni alle primarie per la selezione dei candidati al Parlamento, che si terranno il prossimo 29 e 30 dicembre (dipende dalla regione) in tutto lo stivale.
Da un lato, come affermano tutti all’unisono, il tempo stringe e il periodo di festa non aiuta, dall’altro la platea dei votanti è ristretta: potranno partecipare soltanto gli iscritti al Pd e gli iscritti all’Albo delle primarie dello scorso 25 novembre. Una platea ristretta che preoccupa i parlamentari uscenti, che non hanno un collegio ben definito, e che dall’oggi al domani si sono ritrovati in piena campagna elettorale senza alcun contatto con il territorio. E, infine, che potrebbe trasformare le primarie in una conta tra le truppe dei ras locali.
Infatti fra i parlamentari uscenti c’è chi ha deciso di non partecipare. Come Federica Mogherini, romana, eletta per la prima volta nel 2008 in quota Veltroni, che non contesta la scelta delle primarie ma «il mio profilo – spiega nel suo blog – è tutto tranne che territoriale, ed è per questo che ho deciso di non candidarmi alle primarie pur condividendo la scelta di farle». D’altronde, continua Mogherini, «in questi cinque anni il mio lavoro è stato sulla politica estera, le relazioni internazionali, i temi globali».
C’è poi Giovanni Bachelet, figlio del giurista assassinato dalle brigate rosse, di professione fa il fisico. Dopo cinque anni ritiene giusto che «per uno che non abbia come vocazione ordinaria quella del parlamentare, cinque anni di servizio bastano e avanzano». C’è il giuslavorista Pietro Ichino, montiano di ferro fra i democratici, che non si presenterà per motivi programmatici: «A spingermi verso questa scelta concorrono soprattutto alcuni difetti gravi di chiarezza – scrive sul suo blog – che vedo nella linea seguita oggi dal vertice del Pd e l’imbarazzo in cui mi troverei, domani, nel fuoco della campagna elettorale, se questa ambiguità non venisse superata. La campagna elettorale – prosegue – mi costringerebbe a negare l’ambiguità di fondo nella linea del partito sulla questione fondamentale della strategia europea dell’Italia per uscire dalla crisi, più volte denunciata ma a tutt’oggi non risolta». Infine c’è Anna Paola Concia, impegnata in questi anni sui diritti civile, unica deputata omosessuale dichiarata, che nemmeno ci proverà: «No, non mi candido, e non credo ci saranno sorprendenti sviluppi in merito…Vogliono delle candidature locali e io posso candidarmi solo in Puglia perché sono stata eletta lì, anche se ho girato l’Italia in lungo e in largo facendo iniziative in oltre seicento città».
I big del Pd, che prenderanno parte alle primarie, sono stati blindati in collegi dove non dovrebbero incontrare alcun problema. È il caso della siciliana Anna Finocchiaro, fresca di deroga per aver superato 15 anni in Parlamento, e che avrebbe optato per la bersaniana Taranto. Perché? A Taranto non ci sono candidati forti – spiegano alcune fonti a Linkiesta – e, sopratutto, non ci saranno ex consiglieri provinciali o regionali che scenderanno in campo. Quindi la Finocchiaro avrà la strada spianata. Oltretutto al ballottaggio in città Bersani prese il 70 per cento. Stesso discorso vale per la “derogata” Rosi Bindi. L’ex vicepresidente della Camera non correrà nella sua Toscana, ma in Calabria, nel collegio di Reggio, lì dove Pier Luigi Bersani superò il 70 per cento. Beppe Fioroni, altro “derogato” fra i big, non sarà il candidato di punta del suo luogo d’origine, Viterbo, ma correrà a Messina. «È ovvio – sottolinea un dirigente siciliano del Pd – Messina è la Stalingrado di Sicilia. Anche qui Bersani superò il 70% per le primarie».
Ma come andrà nelle grandi città? Nella Capitale sarà la volta del responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, bersaniano di ferro, che sarà sostenuto dalla Cgil romana. Prenderà parte anche l’uscente Marianna Madia, voluta fortemente da Veltroni nel 2008, fino a ieri seduta in Parlamento accanto a Massimo D’Alema, e impegnata in questi anni in materia di welfare: «Confido sempre nell’intelligenza degli elettori e degli iscritti», spiega a Linkiesta. Andrà in ticket con Fassina? «Con Fassina stiamo lavorando ad una iniziativa che si terrà prima del 29. Lavoriamo insieme non perché abbiamo un ticket». Ma nel collegio della capitale correranno anche Matteo Orfini, dalemiano di ferro, Roberto Giachetti, segretario d’aula del Pd e super-esperto di regolamenti Parlamentari, e Monica Cirinnà, moglie dell’ex capogruppo al consiglio regionale del Lazio, Esterino Montino. In provincia di Milano sono in corsa, tra gli altri, i parlamentari uscenti Barbara Pollastrini, Emila De Biasi, Fiorenza Bassoli, Emanuele Fiano, Vinicio Peluffo, Emilio Quartiani e Luigi Vimercati, che non hanno dovuto raccogliere le firme.
In provincia di Torino, invece, il Pd ha prodotto l’elenco di 20 candidati, con dodici new entry, di cui sei donne, a cui si aggiungono solo otto fra deputati e senatori uscenti. Perché all’ultimo minuto si sono ritirati mandando una lettera al partito e rinunciando alla candidatura tre pezzi da novanta: Giorgio Merlo, che era fra i “derogati” essendo stato per più di 15 anni in Parlamento, il senatore Roberto Della Seta, e l’ex operaio della Thyssen Kroup Roberto Boccuzzi. Mentre Cesare Damiano parteciperà regolarmente alle primarie del prossimo 29 dicembre, per lui nessun listino bloccato.
In Liguria Roberta Pinotti, già candidata alle primarie di Genova, proverà a piazzarsi per rientrare a Palazzo Madama. Mentre Andrea Orlando, trenta-quarantenne fedelissimo del segretario nazionale, se non dovesse far parte del listino “bloccato”, correrà a Genova.
In Emilia Romagna, regione del segretario nazionale, fra gli uscenti in corsa per la conferma ci sono Sandra Zampa, ex portavoce di Romano Prodi, Paola De Micheli, iper presente in tv a sostegno di Bersani in occasione delle primarie, Salvatore Vassallo e Sandro Gozi. Sul fronte renziano il nome più importante in campo è Matteo Richetti, modenese, fra i più attivi nella campagna per le primarie, mentre Roberto Reggi, ex sindaco di Piacenza e coordinatore della campagna elettorale, dovrebbe essere compreso nel listino.
Fra le curiosità in provincia di Bari spiccano la candidatura del fratello di Michele Emiliano e del cugino dello stesso sindaco del capoluogo pugliese. Sempre in Puglia, stando ad una fonte contattata da Linkiesta, in provincia di Taranto correrà lo scrittore Giancarlo De Cataldo. E nel ravennate parteciperà alla consultazione del Pd la campionessa di canoa Sefi Idem, già assessore allo sport e responsabile sport dei democratici: «Per me si tratta di una decisione importante. Credo nell’impegno politico, l’ho fatto dal 2001 al 2007, poi l’ho abbandonato perché con lo sport non era più coniugabile. Sono convinta che in questo momento storico non basta indignarsi. Dove si può, occorre darsi da fare. Si tratta di una scelta valutata bene, anche in famiglia. Non è un momento questo nel quale tirarsi indietro, e così ho fatto, naturalmente nel dialogo con il Pd», ha detto l’olimpionica.
Non mancano esponenti della socirtà civile nemmeno alle primarie di Sel (il partito di Vendola sceglierà in questo modo il 50% dei candidati). In lizza l’avvocato Bruno Leporatti, l’ex difensore di Francesco Schettino, il comandante della Costa Concordia naufragata all’Isola del Giglio il 13 gennaio scorso. E in provincia di Pisa, in lizza ci sarà anche l’ex allenatore del Bologna e di molte squadre di A, Renzo Ulivieri.