Le elezioni politiche sono alle porte, il 17 o il 24 febbraio gli italiani si recheranno alle urne, e in queste ore si torna a parla di liste elettorali. Ormai sembra scontato che la legge elettorale non cambierà, e si tornerà a votare con l’ormai famoso Porcellum, liste bloccate alla Camere e al Senato. Quindi i candidati, come vuole la vulgata del Palazzo romano, verranno selezionati dalle segretarie di partito, rispettando gli equilibri delle varie correnti.
Di certo il segretario del Pd Pier Luigi Bersani aveva messo in conto la possibilità di organizzare le primarie per la selezioni dei candidati alla Camera e al Senato, qualora non cambiasse la legge elettorale, e si tornasse a votare con il Porcellum. In questo contesto oggi si terrà una riunione al quartier generale dei democratici di Roma, alla quale prenderanno parte tutti i segretari regionali del Pd, il segretario nazionale Pier Luigi Bersani, e il responsabile organizzazione Nico Stumpo.
Allo studio dello staff del segretario ci sarebbe un meccanismo di partecipazione che prevede una platea elettorale di chi potrà votare per scegliere i propri candidati in Parlamento formata solo dagli iscritti al Partito democratico. Ma «vogliamo ascoltare quali sono le proposte del territorio – si spiega dallo staff del segretario – contando che alcune regioni si sono già mosse. La Liguria, l’Emilia, il Piemonte. Ora dovremo trovare dei criteri comuni. Ma i territori sappiano che non ci saranno paracadutati». O almeno pochi.
L’idea sarebbe quella di riservare «una quota pari al 10% a figure di prestigio con esperienza e professionalità utili da salvaguardare. Facciamo l’esempio classico: il capogruppo della commissione Finanze. Questo è il criterio. O un professore di università». Poi c’è la questione “deroghe”, per chi è da più di 15 anni in Parlamento. Ad esempio, i casi Bindi, Finocchiaro, Fioroni, Lumia, Morando, Treu. In tutto 18 casi, dei quali si discuterà anche nella riunione che si terrà domani.
Ma nonostante il segretario nazionale abbia promesso ai potenziali elettori del Pd le primarie per la selezione dei candidati alla Camera e al Senato, nei corridoi del Transatlantico l’aria che si respira fra i parlamentari del Pd è attendista «perché non si conoscono le regole». La preoccupazione è che il dibattito sulle primarie possa riaprire lo scontro fra bersaniani e renziani, e far calare il Pd nei sondaggi.
E se da un lato i parlamentari del Pd sperano che le primarie si facciano «per evitare che ci continuino a dire che siamo dei nominati», dall’altra parte «c’è il rischio di un Parlamento di feudatari». D’altronde il ragionamento che accompagna i parlamentari del Pd è il seguente: «Essere molto forte in una provincia ti consente di diventare parlamentare ma non di essere un buon parlamentare». Questo fenomeno sarebbe maggiormente nelle regioni del Sud, dove Pier Luigi Bersani ha stravinto, e «dove – racconta a Linkiesta un dirigente del Pd di Palermo – le primarie non sono affatto uno strumento per il rinnovamento, ma per la conservazione dei notabili».
Ecco perché c’è anche chi, come Andrea Sarubbi, che sostiene «che accanto alla selezione a livello locale sarebbe più giusta anche una selezione per competenza». Tuttavia c’è anche un problema legato al tempo. Se si dovesse votare il 17 febbraio, le liste si dovrebbero presentare entro il 7 gennaio. «E quindi – ragionano in Transatlantico – quando si faranno le primarie? Sotto Natale, o tra Capodanno e la befana?».
@GiuseppeFalci