Sconfigge la droga e torna alla musica, ma ancora “odia i vivi”

Sconfigge la droga e torna alla musica, ma ancora “odia i vivi”

L’appuntamento è per le 21.30, prima non può: Edda, nome d’arte di Stefano Rampoldi, lavora fino a tarda sera in un’azienda che costruisce ponteggi. Con qualche minuto di ritardo risponde al telefono una voce flebile, piena di insicurezza. «Sono stanco», risponde il cantautore, «Ieri sera ho cantato in un locale a Bari, e stamattina alle cinque ero già in piedi». Ex frontman della storica band «Ritmo Tribale», Edda quest’anno ha pubblicato il suo secondo disco da solista, «Odio i vivi» (Niegazowana /Venus). L’album – prodotto da Taketo Gohara – è un’opera arida che affronta tempi universali come il male di vivere, l’amore e il sesso con una poesia visionaria. «Odio i vivi» è valso al cantautore la vittoria del Premio Italiano Musica Indipendente come miglior artista solista dell’anno. «Non me l’aspettavo, è stata una vera sorpresa», commenta. «Anche perché nella mia vita non ho mai vinto niente, a parte un arco con le frecce in un circo quando avevo 5 anni.»

Perché odia i vivi?
Odio i vivi perché non credo che sia bello stare al mondo. Ho una visione pessimistica della vita, probabilmente perché sono uno sfigato, un fallito. Dal titolo dell’album sembra che io ce l’abbia con qualcuno, ma in verità ce l’ho solo con me stesso. Penso che per alcuni la vita possa essere molto bella, basta sapersela costruire.

La sua visione pessimistica della vita si sposa con l’Hare Krishna, la dottrina induista alla quale ha aderito da diversi anni.
Sì, a modo mio sono un Hare Krishna. Ho aderito a questa dottrina un po’ perché il destino lo voleva, ma anche perché ho subìto l’influenza di Paolo Tofani, storico chitarrista degli Area, che praticava questo culto anche sul palco.

Quindi lei crede nella reincarnazione?
Altroché se ci credo.

Diverse canzoni nell’album hanno per titolo un nome di donna. È un caso?
(ride) Anna, Tania, Emma sono tutte donne che conosco, e con le quali ho un avuto una relazione nell’anno in cui ho fatto il disco. Ho deciso di fare un album «al femminile» perché mi piacciono terribilmente le donne. E non a caso in copertina ho deciso di mettere due belle tette.

Ascoltando l’album si desume che il suo rapporto con l’amore non sia tanto idilliaco.
Nell’album dico «L’amore diventa merda dopo due settimane», e credo di avere chiarito il mio pensiero riguardo questo sentimento. Io non credo nell’amore: probabilmente non riuscendo ad amare me stesso proietto l’odio che provo nei miei confronti verso gli altri. Se una persona mi ama e mi desidera diventa una sfigata come me. In realtà non sono una persona così arida: riesco a dare il meglio di me soltanto con le persone che conosco.

Perché a 16 anni ha cominciato a drogarsi?
Molti dicono che si entra nel mondo della droga quando si hanno amici tossicodipendenti. Be’, per me non è stato assolutamente così. Una mattina mi sono alzato e di punto in bianco sono andato al Parco Sempione a comprare eroina. Il mio è stato un percorso un po’ particolare: non c’è stato bisogno di amici o di spacciatori che venissero ad offrirmi le caramelle con la droga fuori dalla scuola, sono andato io a cercarli e, ad essere sincero, non è stato nemmeno facile trovarli.

Ad un certo punto i Ritmo Tribale sembravano all’apice del successo e lei d’improvviso ha lasciato il gruppo. Questa scelta è dovuta al suo problema con la droga?
Molti – inclusi i componenti della band – pensano che questa mia decisione sia legata alla droga, ma non è così. In realtà, non riuscivo più a stare con gli altri ragazzi del gruppo e dopo tredici anni di fallimentari tentativi di diventare importante e famoso ho deciso di mollare. Sicuramente per disperazione mi sono rifugiato di nuovo nell’eroina.

Come è uscito dal tunnel della droga?
Dopo sei anni di tossicodipendenza sono andato in comunità. Inizialmente non ci volevo andare perché non avevo nessuno fiducia nelle persone che lavoravano in quei posti. Anzi, mi procuravano il vomito. Alla fine ho scelto di andare in comunità perché non avevo più alcuna chance. Ho avuto però l’intelligenza di sceglierne una adatta a me: lì infatti ho conosciuto Walter Somà, che era il direttore, e con lui ho scritto i miei due album da solista.

A differenza di molti cantautori della sua generazione lei nelle sue canzoni non si è mai occupato di politica.
Ho vissuto durante gli Anni di Piombo. A quell’epoca seguivo la politica molto attentamente e sono stato un estremista. Poi è arrivata la musica, mi ha catturato e portato in un altro mondo. Quando ho incontrato l’Hare Krishna ho definitivamente abbandonato la Terra e le sue questioni. Oggi seguo la politica con poco interesse perché non ci credo, perché non credo nella democrazia e nei partiti.

Secondo lei, com’è cambiata la musica dagli anni novanta ad oggi?
Per me la musica non è cambiata. L’unica cosa che posso dire è che ai tempi ascoltavo molta musica e mi piaceva, mentre adesso faccio fatica a trovare qualcosa di interessante soprattutto nelle radio. Sicuramente di musica bella ce n’è, tuttavia non ho abbastanza tempo per poter approfondire. 

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