(articolo originariamente pubblicato oggi 28 dicembre su noiseFromAmerika)
La scelta di rifiutare l’alleanza con Casini e con i vari rottami che ora usciranno dal centrodestra non è la conseguenza di estremismo infantile, ma la naturale conclusione di una riflessione sulle cause del declino italiano. Chi vuole cambiare l’economia e la società in Italia non può allearsi con le principali forze che puntano alla conservazione del sistema. Chi vuole fermare il declino, non può allearsi con le forze politiche che del declino sono la principale causa.
Si parla molto in questi giorni di ”agenda Monti”, che ha finalmente cessato di essere un luogo dello spirito e si è incarnato in un documento concreto di 25 cartelle. Non starò a commentare ulteriormente il contenuto del documento, di cui già altri hanno segnalato i limiti e le ambiguità. Mi preme invece porre l’accento sulla strategia di alleanze che sembra francamente in contrasto con gli obiettivi conclamati dell’agenda.
Voglio qui essere positivo. Assumerò quindi che lo sbilancio sul versante delle entrate che ha caratterizzato la politica di risanamento della finanza pubblica durante il governo Monti sia stato indotto da un lato dalla necessità di intervenire in tempi molto rapidi e dall’altro dalle difficoltà che la ”strana maggioranza” su cui poggiava il governo avrebbe posto in caso di una seria aggressione della spesa pubblica. Assumerò inoltre che la timidezza mostrata nell’opera liberalizzatrice sia la conseguenza di pressioni politiche nel parlamento corrente, piuttosto che di convinta difesa delle varie corporazioni che ingessano l’iniziativa economica del paese. Lo faccio con certa esitazione perché, per esempio, veder continuamente riportato nel documento come grosso merito del governo la liberalizzazione del mercato del gas (ossia il passaggio della Snam dall’Eni alla Cassa Depositi e Prestiti) è cosa che fa onestamente dubitare della buona fede di chi ha scritto quel documento.
Ma bando ai dubbi e assumiamo che dietro all’agenda Monti ci sia un potenziale leader che vuole abbassare al contempo spesa pubblica e tasse e liberalizzare l’economia italiana. La domanda a questo punto è: come si può onestamente pensare di attuare un’agenda simile alleandosi con l’Udc e altri esponenti del ”centrismo” (per mancanza di una parola migliore) italiano?
È molto facile trovare personaggi indigeribili nell’Udc o rimproverare a tale partito la fattiva collaborazione alla demolizione economica del paese avvenuta nell’ultimo decennio, per cui mi porrò un obiettivo molto più limitato, guardando unicamente a ciò che è stato fatto durante l’esperienza del governo Monti.
Dal punto di vista economico. In quante e quali occasioni Udc ha spinto per approfondire le misure di tagli alla spesa e alle tasse o ha appoggiato l’adozione di misure di liberalizzazione? Sul serio intendo, non come generica petizione di principio. Io non riesco a ricordare una sola circostanza in cui ciò è accaduto. Non ho invece alcuna difficoltà a ricordare circostanze in cui è accaduto l’esatto contrario. Per esempio, solo prendendo l’ultimo mese, l’Udc ha votato (insieme a Pd e PdL, è giusto aggiungere) la proroga di 5 anni alle concessioni balneari, contro il parere del governo, lo scorso 4 dicembre. Non è stato un improvviso colpo di sole, l’Udc aveva da tempo manifestato la sua posizione contraria alla liberalizzazione del settore. Oppure si è espressa ufficialmente contro la liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali. Niente di nuovo, viene da dire. È al contrario l’ennesima manifestazione del modus operandi standard di questo partito, sempre pronto a seguire qualunque conventicola e corporazione che assicuri qualche voto in più. È questo quello che ha in mente Monti quando pensa a una coalizione per le riforme?
Dal punto di vista delle riforme istituzionali. In questo campo l’Udc ha moltissimo da farsi perdonare, dato che è stato il principale partito responsabile dell’introduzione del porcellum. Infatti la riforma elettorale del 2005 porta la firma di Calderoli ma fu attivamente promossa, e poi votata, proprio dai leader dell’Udc, che da sempre sperano di reintrodurre un sistema elettorale proporzionale che permetta loro di partecipare a governi di destra o sinistra senza doversi sottoporre al giudizio degli elettori. Bene, cosa è cambiato da allora e cosa è successo in questo ultimo anno? È successo che l’Udc ha continuato nel perseguimento del disegno allora iniziato, ossia nel tentativo di far tornare il proporzionalismo da prima repubblica. Legittimo da parte loro perseguire questo disegno. Legittimo da parte nostra osservare che tale disegno è basato unicamente sul perseguimento del potere da parte di una elite ristretta di politici di professione che campano a suon di spesa pubblica, e non prefigura nulla di buono per il paese.
A noi pare che i comportamenti concreti dell’Udc, non nel passato ma nel presente, siano chiaramenti incompatibili con il perseguimento di un’agenda di riforme. L’argomento ”realista” secondo cui è necessario, per ottenere rappresentanza istituzionale e promuovere quindi le riforme, allearsi anche con forze che chiaramente non hanno una prospettiva riformista lascia il tempo che trova. Se il punto è sedersi in parlamento a tutti i costi, immagino che vada bene. Ma pensare che si possano fare riforme serie quando la possibilità di ottenere rappresentanza parlamentare dipende dall’alleanza con una forza che in concreto e in modo coerente si è sempre opposta alla riduzione della spesa pubblica e alla liberalizzazione dell’economia è abbastanza bizzarro. Come abbiamo detto, Casini è il problema, non la soluzione.