Se qualcuno volesse dimenticare per qualche ora la crisi economica, “Regalo di nozze” (Garzanti, pp. 151, € 14,00) potrebbe essere il libro adatto. Scritto con uno stile semplice, lineare e privo di fronzoli, l’ultimo romanzo di Andrea Vitali ci conduce negli anni Sessanta, gli anni della rinascita economica italiana, della prima berlina, ma soprattutto gli anni dell’ottimismo. Il libro diventa l’occasione per tornare indietro nel tempo, per rivivere l’atmosfera magica di quegli anni che qualcuno non potrà fare a meno di rimpiangere. Andrea Vitali, medico di base e scrittore italiano tra i più prolifici, racconta la genesi del suo ultimo romanzo, il boom economico e la crisi dell’editoria italiana.
Come e perché nasce “Regalo di nozze”?
Il racconto nasce banalmente da una vecchia fotografia di famiglia nella quale io e i miei fratelli siamo ritratti in tenera età sulla spiaggia di Bordighera. Nasce quindi da un ricordo lontano, dalla scoperta del mare e di un mondo totalmente diverso da quello entro il quale io e loro eravamo cresciuti. Il ricordo si è ricollegato a una più recente riscoperta del mare quando, dalla nascita di mio figlio, ho ripreso a frequentarlo e certe sensazioni si sono risvegliate.
Il suo ultimo libro indaga gli anni del boom economico. Perché ritiene interessante quel periodo?
Lo ritengo un periodo straordinario per l’entusiasmo che pervase l’Italia in quegli anni, una volta dimenticate le brutture della guerra. Un entusiasmo che si nutriva di ambizioni grandi e piccole, tra le quali l’ambizione dell’automobile, la 600, simbolo per eccellenza di questa rinascita. In questo senso ritengo che certi film con protagonista Alberto Sordi siano il racconto migliore di un periodo storico che guardava al futuro con un perenne sorriso sulle labbra. Inoltre credo che sempre in quel periodo fosse rinata la consapevolezza della necessità di intessere rapporti interpersonali di solidarietà e aiuto, relegando in un angolino gli egoismi personali ai fini del bene comune.
Secondo lei, una volta terminata la crisi che stiamo vivendo, potrebbe verificarsi una rinascita economica simile a quella degli anni Sessanta?
Non sono un economista o esperto del settore ma così, a naso, direi che quello degli anni Sessanta resterà un periodo irripetibile. Lì il centro della rinascita era l’uomo che ritrovava speranza in sé e nelle proprie capacità di agire anche per il bene altrui, oggi mi pare che prevalga, anche in relazione alla difficile situazione economica, uno sguardo rivolto solo al sé, alla propria sopravvivenza.
Lei svolge la professione medico, ma è anche uno degli scrittori italiani più conosciuti e prolifici. Come riesce a conciliare le due attività?
Le concilio con l’organizzazione temporale in modo che nessuna delle due si intrecci o si sovrapponga all’altra. È una sorta di regola quotidiana che lascia spazio alle due cose e, anzi, le integra essendo entrambe attività di natura umanistica.
Le statistiche evidenziano un drastico calo delle vendite dei libri. Secondo lei in Italia è ancora possibile vivere di scrittura?
Dipende dalle pretese, dal treno di vita. È possibile quando lo scrittore vive una vita normale, quando interpreta lo scrivere come un lavoro al pari degli altri, non destinato a farlo diventare una star con tutto ciò che ne consegue ma un semplice artigiano della scrittura il cui scopo è quello di raccontare ad altri le proprie storie. In quest’ottica, vivere di scrittura è possibile.
Se lei fosse il ministro per le Attività culturali, quali iniziative porterebbe avanti per risollevare il destino dell’editoria?
Il destino dell’editoria sta nella sua qualità. La scuola sicuramente sta alla base di una formazione alla lettura che è destinata alla bontà e alla lungimiranza degli insegnanti. Batterei cassa per far sì che un insegnante venga pagato convenientemente al ruolo fondamentale che svolge. Non è banale affermare che una buona mercede spinga ad andare anche oltre i compiti assegnati d’ufficio, far aprire gli occhi alle giovani menti sull’immenso mondo della letteratura che non è il solo campo ristretto dell’insegnamento scolastico. Sono convinto che molti insegnanti, messi in condizione di poter affrontare il loro compito confortati anche da un compenso adeguato al ruolo di formatori, metterebbero a disposizione di più e non solo ciò che i programmi ministeriali dettano.
Pensa che la diffusione dell’e-book possa essere una delle soluzione alla crisi dell’editoria?
Sinceramente no. Ma il mio è un pensiero “giurassico” poiché con la tecnologia ho un rapporto di neutralità armata. Ho bisogno del libro in mano e del profumo di carta.
Attualmente sta lavorando a un nuovo romanzo?
Sì, sto rivedendo una storia che dovrebbe uscire nella tarda primavera prossima mentre attendo con gioia l’uscita per febbraio di un nuovo libro, “Le Tre Minestre”, che ho recentemente scritto con raro divertimento.