Il conflitto tra Argentina e Regno Unito per il possesso delle Malvine iniziato il 2 Aprile del 1982, quando i militari argentini occuparono l’arcipelago, finì il 14 giugno dello stesso anno con la resa argentina. Fallì così il tentativo del governo argentino di riprendersi le isole che il 3 gennaio del 1833 furono occupate dagli inglesi.
Ieri, in occasione di questo anniversario, la presidente argentina Cristina Fernandez de Kirchner ha di nuovo preteso una negoziazione con il governo britannico per risolvere la questione, e con una lettera indirizzata al primo ministro inglese David Cameron, ha richiesto che il governo inglese accetti la risoluzione delle Nazioni Unite del 1960, che esorta tutti gli stati membri a porre fine al colonialismo in tutte le sue forme e manifestazioni.
La lettera, inviata dalla Casa Rosada anche al segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, in Argentina è stata diffusa solamente dopo essere già stata pubblicata dal quotidiano inglese The Guardian. Nella lettera la Kirchner ha ricordato che 180 anni fa l’Argentina fu privata con forza delle isole Malvine, situate a 14.000 chilometri di distanza da Londra, e che da quel momento gli argentini che abitavano l’isola furono espulsi dalla Marina reale Britannica e dal Regno Unito, dando il via a un processo di vero e proprio colonialismo.
«Da allora la potenza coloniale della Gran Bretagna si è rifiutata di restituire i territori alla Repubblica Argentina, e ciò impedisce il ricomporsi della sua integrità territoriale», si legge nella lettera, riconfermando così le aspirazioni del governo argentino di recuperare la sovranità sul territorio. Facendo perno anche sull’appoggio dei paesi latinoamericani, la presidente ha sottolineato che la questione delle Malvine è una causa sostenuta non solo da tutta l’America latina ma anche dalla maggioranza dei governi di tutto il mondo che rifiutano il colonialismo.
Nel 1965, l’Assemblea generale dell’Onu approvò un’ulteriore risoluzione che considerava la questione delle isole Malvine un caso coloniale, invitando i due paesi ad avviare tra loro una negoziazione per la soluzione del conflitto rimasta senza seguito. Così la presidente «in nome del popolo argentino», ha rinnovato, un’ennesima volta, l’invito ad accettare le risoluzioni dell’Onu, ma il governo britannico, da parte sua, ha nuovamente risposto che non ci saranno negoziazioni in merito alla sovranità sulle Malvine considerando che sono i suoi abitanti ad aver deciso di essere inglesi.
Mentre la presidente, nella lettera, sostiene che la Marina britannica ha espulso gli abitanti argentini dell’arcipelago con la forza rimpiazzandoli con abitanti inglesi, il regno di sua maestà ha prontamente risposto con indizione di un referendum che gli abitanti delle Malvinas si troveranno a votare nel mese di marzo per approvare il loro statuto politico.
Intanto in Argentina, l’anno si è concluso con episodi di violenza, e un malcontento diffuso che si è aggiunto ai cacerolazos degli ultimi mesi. L’inflazione, che viaggia oramai intorno a un 25%, il carovita e il blocco della possibilità di acquistare dollari hanno fatto scoppiare lo scontento sociale proprio alla vigilia di Natale quando i supermercati sono stati presi d’assalto, scatenando il contagio in moltissime città argentine. Ci sono stati 500 arresti in tutto il paese, molti feriti e quattro vittime. Le immagini degli scontri fuori dai supermercati facevano pensare che fosse in corso una guerra civile, ma soprattutto facevano ricordare quei saccheggi che nel 2001 sfociarono nella rivolta che fece cadere il governo De la Rua, che diede inizio alla grande crisi argentina.
A peggiorare la situazione oscura, le alte temperature, che il giorno di Natale hanno oltrepassato i 40 gradi, generando numerosi black out che hanno colpito varie zone della capitale. Conseguenza o no, della crisi energetica, i festeggiamenti per molte famiglie argentine, si sono svolti al buio assoluto.