Nell’ultima legislatura gli avvocati erano 134 tra camera e senato: un esercito sparso tra palazzo Madama e Montecitorio che ha di fatto reso la professione dell’avvocato quella principe per i nostri onorevoli. Nella prossima legislatura potrebbero aumentare, perché oltre ai vecchi partiti anche le nuove formazioni politiche – Fermare il Declino di Oscar Giannino o la lista di Mario Monti su tutte – sembrano preferire l’avvocatura come professione e hanno inserito nelle liste legali e partner dei più importanti studi in Italia.
Qualcuno – ricordando pure l’aumento di densità di magistrati con Antonio Ingroia, Piero Grasso e Stefano Dambruoso – l’ha soprannominata in passato come «una componente trasversale in politica vicina agli ordini» che indirizza l’attività forense e più in generale quella giuridica, in una paese dove un processo civile può arrivare a durare fino a 20 anni. La questione non è di poco conto, a fronte di una riforma della giustizia appena decollata, ma che secondo il think tank libertario Istituto Bruno Leoni non ha niente di innovativo e dove la «concorrenza resta un miraggio»
Negli ultimi cinque anni, dal governo di Silvio Berlusconi fino a quello di Monti, si è tentato di varare una riforma di una professione che nel nostro paese svolgono in 240mila: il dato più alto in Europa. Ci hanno provato in tanti e la risposta degli avvocati è stata unanime: non siamo un casta. Così, alla fine, qualcosa si è mosso, tra le immancabili proteste o gli apprezzamenti dei principi del foro: il 21 dicembre è stata approvata in senato la riforma che dovrà entrare in vigore tra due anni.
Ma il rischio è di aver fatto un passo indietro rispetto alle liberalizzazioni del 2006 varate da Pier Luigi Bersani. E c’è chi non ha risparmiato critiche, come Assoprofessioni o lo stesso Antitrust arrivando a sostenere di rimpiangere «l’Italia fascista degli anni ’30» e rimarcando già nell’estate dello scorso anno i rischi «di mancanza di concorrenza sul mercato» che si portava dietro la riforma. A questo si aggiungono le polemiche sul ritorno alle vecchie tariffe, alla conciliazione, come al rimborso facoltativo per i giovani praticanti. In sostanza, si tratta di una riforma che persino Monti ha criticato durante la conferenza stampa di fine anno.
In Italia, secondo uno degli ultimi rapporti di Giustizia per i diritti-Cittadinanzattiva, per un processo penale la durata media è di otto anni e tre mesi, il doppio rispetto al 2010 e con punte di oltre 15 anni nel 17% dei casi. Ancora peggio in ambito civile dove, ad esempio, il 20% dei procedimenti si protrae dai 16 ai 20 anni. E a fronte di una durata spropositata dei processi (In Germania il civile arriva al massimo a 4 anni e mezzo), aumentano gli introiti degli studi legali, con un mercato che nel 2011, secondo la rivista Toplegal, ha toccato i 2 miliardi di euro.
Fa quindi una certa impressione notare che molti dei prossimi candidati in parlamento e senato siano soprattutto avvocati. Oltre alla pattuglia della precedente legislatura, che vanta già conferme importanti tra i ricandidati come Niccolò Ghedini e Pietro Longo (avvocati di Berlusconi), Anna Finocchiaro e Renato Schifani, vede arruolare una schiera di nuovi giovani professionisti. Li ha messi in fila il sito legalcommunity.it e il numero fa impressione. I nuovi potenziali avvocati e onorevoli è lunghissimo.
Questi alcuni dei nomi dei professionisti candidati con il movimento Fermare il Declino fondato, fra gli altri, da Alessandro De Nicola, senior partner di Orrick e presidente di The Adam Smith Society, non candidato: «Da Alberto Saravalle, managing partner dello studio legale Bonelli Erede Pappalardo, candidato nel collegio Lombardia 1, ad Alberto Pera, socio dello studio Gianni Origoni Grippo Cappelli & Partners, candidato nel collegio Lazio 1, a Paolo Esposito, partner dello studio Cba, candidato alla Camera in Puglia, a Romina Guglielminetti partner dello studio Santa Maria, candidata nel collegio Lombardia 2 a Patrizio Tumietto, avvocato e commercialista, Presidente di Uncat, Unione Nazionale Camere Avvocati Tributaristi, candidato sempre in Lombardia 1, al notaio Angelo Busani, parmigiano, con studi a Parma e a Milano, candidato nel collegio Emiliano, al notaio Sabino Patruno candidato nelle Marche fino al General Counsel di Fincantieri Alessandro Margiotta in Friuli».
Poi i candidati con Scelta Civica di Mario Monti. «Da Nicolò Francesco Bastianini socio storico del prestigioso studio Carnelutti candidato in Lombardia 1, a Gregorio Gitti, socio e name partner dello studio boutique Pavesi Gitti Verzoni, ad Andrea Mazziotti di Celso, anch’egli name partner dello studio Labruna Mazziotti Segni, candidato nel collegio Lombardia 3». Ma ce ne sono molti altri ancora, come Monica Babbini, avvocato a Bologna, amica della moglie di Luca Cordero di Montezemolo. Insomma, chi più avvocati ha più ne metta.