Dopo mesi di attesa è arrivata la sentenza della Corte Suprema indiana sul caso dei Marò: Salvatore Latorre e Massimiliano Girone possono trasferirsi a Nuova Delhi in attesa del giudizio di un Tribunale costituito appositamente per decidere sul caso dei due fucilieri del San Marco. In molti hanno accolto con favore la notizia, ma quasi da nessuna parte si sono lette le motivazioni di questo ottimismo.
Ricordando che l’obiettivo del governo italiano è quello di portare i marò a casa affinché vengano giudicati da un tribunale italiano, purtroppo non possiamo e non dobbiamo dimenticare l’incidente all’origine di questa brutta storia. Proviamo quindi a raccontare in poche parole perché il governo italiano ha accolto con favore i recenti sviluppi della situazione.
Ricapitoliamo. Il caso inizia il 15 febbraio 2012, quando la petroliera Enrica Lexie entra in contatto con il peschereccio indiano St. Anthony al largo della costa di Kochi. In circostanze ancora da accertare, i due marò sparano uccidendo due pescatori indiani, Ajesh Pinky e Selestian Valentine. Seguendo le richieste delle autorità locali e contro la volontà della Marina Italiana, la Lexie attracca al porto di Kochi dove i due marò vengono arrestati due giorni dopo ed incriminati di omicidio colposo secondo la legge dello stato del Kerala. Da allora Latorre e Girone sono rimasti in custodia presso le autoritá indiane in attesa di giudizio, fino alla sentenza dell’Alta Corte di due giorni fa.
La prima domanda a cui rispondere è «che cosa facevano i marò sulla Lexie?». Da molto tempo le acque al largo delle coste somale sono diventate terra di scorribande di pirati che hanno messo a dura prova la sicurezza di molte rotte commerciali. Gli stati hanno deciso prima di fornire scorte militari ai convogli commerciali, poi vista l’impossibilità economica e logistica di sostenere tale sforzo, l’organizzazione marittima internazionale (IMO – International Maritime Organization) ha autorizzato l’uso di compagnie di sicurezza private ed il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha incoraggiato gli stati ad operarsi per la protezione attiva delle navi contro la pirateria a partire dalla risoluzione 1846 del 2008. Latorre e Girone erano ufficiali italiani sulla Lexie in funzione di anti-pirateria.
I giorni successivi all’incidente sono confusi e le parti in causa non aiutano a ricostruire la dinamica dell’incidente. Si è scritto molto sull’accaduto, quindi possiamo concentrarci solo su un aspetto: dove è avvenuto il fatto? Il punto è dirimente. Semplificando il problema, se la sparatoria fosse avvenuta in acque territoriali indiane, sarebbe l’India a dover giudicare i due marò. Al contrario, se l’incidente fosse avvenuto in acque internazionali, allora sarebbe l’Italia a dover fare il processo.
La Corte Suprema ha stabilito che l’incidente è avvenuto a 20,5 miglia dalle coste indiane, quindi in quella che viene definita la Zona Contigua e che ci sarà bisogno di un Tribunale ad hoc per dirimere la questione. Ma che succede se il fatto avviene nella Zona Contigua? Secondo il diritto internazionale, questa fascia di acqua si estende dalle 12 alle 24 miglia dalla costa ed il paese costiero “può” esercitare la propria giurisdizione, che sarebbe automatica in acque territoriali, secondo l’articolo 33 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, ovvero per materie in tema di immigrazione, problemi doganali, fiscali, sanitari e per prevenire la violazione di leggi all’interno delle proprie acque territoriali. L’incidente della Lexie difficilmente rientra in una di queste categorie ed è questa la ragione alla base dell’entusiasmo con il quale la sentenza è stata accolta.
Il Tribunale ad hoc difficilmente potrà giustificare una richiesta dell’India di esercitare la sovranità sulla Zona Contigua e, a quel punto, la rilevanza politica della lotta internazionale contro la pirateria dovrebbe convincere Nuova Delhi ad autorizzare la partenza di Latorre e Girone per l’Italia. Un cauto ottimismo appare giustificato.
*Senior Lecturer presso il Dipartimento di Relazioni internazionali e Studi europei della Metropolitan University di Praga e autore di «Coercing, Constraining and Signalling» (Ecpr press), saggio sulle sanzioni internazionali