Cari S&T, l’operazione è riuscita: a voi la pensione, al Cavaliere l’eternità

Cari S&T, l’operazione è riuscita: a voi la pensione, al Cavaliere l’eternità

Ma bravi (Santoro&Travaglio). Se avete spinto anche il Corriere della Sera sull’orlo della disperazione (titolo di oggi: «Dopo Santoro il Pdl spera) e Repubblica, cui il senso della misura non riesce proprio a frenare un richiamo ad Hannah Arendt (per Berlusconi!), ben oltre il precipizio morale, significa davvero che il gioco, per come lo avevate immaginato, è perfettamente riuscito. E che Ercolino Semprimpiedi è finalmente tornato: ne siamo lieti per voi, ne siete (sarete) a vostra volta orgogliosi. Ma, collateralmente, per chi volesse magari valutare la performance sotto il profilo squisitamente giornalistico, avete centrato anche l’impresa di non metterlo mai (mai) in imbarazzo, neppure sulle puttane, che semmai – sublimate – lo stanno avvicinando sempre di più a quelle immagini delicate raccontate dal poeta Faber: “Ho dato un aiuto”, “sono un caro amico di famiglia”, “aveva bisogno di un prestito” e altri, sparsi, fiori di campo.

Bel risultato davvero. Se il 25 pomeriggio, alle 15 e 01, i primi exit-poll daranno il Nostro ben oltre una soglia di decenza (dopo 18 lunghi anni a cavallo del caval), un punto percentuale (due, tre) ve lo sarete meritati e conquistati con l’onore delle armi e dello spettacolo che deve continuare sempre e comunque. Perché questo in fondo era l’obiettivo di Servizio Pubblico, perpetuare uno spettacolo straordinario che non smette di stupire e che si dipana, giusto per dire della forchetta intellettuale, tra Massimo Boldi e Isabella Ferrari (eroina teatrale con Travaglio), seduti nella stessa tribunetta di Cinecittà con l’aritmia sentimentale a mille all’ora. Lui per il vecchio, caro, Silvio di quasi mezzo secolo fa, lei con quella investitura morale dal volto sofferente a rappresentare i cittadini fieramente a schiena dritta.

E per capire, da un episodiuccio apparentemente banale, che su questa nave dei folli il canovaccio in fondo è sempre quello, ecco Cipollino Boldi che si presenta in camerino prima della trasmissione e lo riporta ai tempi eroici e preistorici di Telemilano con quella gag sul mobiliere di Lissone di trentacinque anni prima «che a Silvio piace un sacco». Cazzo, il mobiliere di Lissone. Me l’ero perso nella memoria, colpevolmente.

Nulla doveva interessare alla premiata ditta S&T, se non mettere in sicurezza la buona pensione che uno come Silvio Berlusconi può (ancora) garantire. In fondo, non abbiamo diritto a eccepire più di tanto sull’intelligenza o la cattiveria giornalistica dei due, avendo – essi – creature editoriali molto serie a cui badare, le quali creature hanno a loro volta nel Cavaliere, come lui stesso ha sottolineato, il “core business” più redditizio. E con tutta franchezza, se al posto di quel mortaccino di Monti si riposiziona Silvio, al Fatto Quotidiano non si dispiaceranno più di tanto.

Questi venti anni sono evidentemente passati invano. E la colpa, sia chiaro, non è della premiata ditta S&T, che è soltanto una piccola rotella di un meccanismo più complicato e perverso che ha permesso al Cavaliere di resuscitare più e più volte, anche quando, e questa ne è forse l’occasione più cristallina, sembrava davvero spacciato. È dal 1994 che nessuno, se non sé medesimo, riesce a metterlo seriamente in difficoltà. La sinistra, innanzitutto, con l’idea di considerarlo allo stesso tempo il centro di tutti i mali e l’uomo con cui immaginare di riformare lo Stato, i giornali, ai quali non si può certo imputare di non avere informato, ma che evidentemente non sono considerati dai cittadini, dall’opinione pubblica, meritevoli di tale considerazione da riuscire a imporre il proprio autorevole punto di vista sino all’estrema conseguenza, come accade in altre democrazie, di costringere un politico a levarsi di torno.

Qualche pensiero finale su ciò che si è sentito l’altra sera da Santoro. Provo autentica tenerezza, che per certi soggetti sconfina nella pena, per i componenti del «Mattinale», quella struttura evocata dal Cavaliere che tutte le mattine gli verga una cospiscua rassegna stampa. Lo sapevo già, ma i giornali narrano che la composizione sarebbe mista, e cioè una parte di giornalisti pensionati e una parte di giovanotti di belle speranze. Ai giovanotti nulla da dire, il lavoro non c’è e dunque l’occasione è d’oro. Ai pensionati, alcuni anche con una dignitosa carriera alle spalle: ma non sentite un certo imbarazzo a lavorare per un padrone politico? Capisco che la panchina dei giardini è malinconica, però…

E ancora sul Mattinale, immagine poliziesca di rara tristezza. L’estensore di quell’elenco travagliesco di condanne per diffamazione letto in trasmissione da Berlusconi sarebbe il bravo Filippo Facci. Lo ha ammesso alla Zanzara lui stesso, ma solo all’80% perché, dice Facci, «l’introduzione è tutta di Berlusconi come la parte su Montanelli che è una palese cazzata». Il giornalista aggiunge anche che lo ha proprio chiamato «un collega di centro-destra e mi ha chiesto un testo da utilizzare per Servizio Pubblico». Ecco, mi chiedo: perché un bravo giornalista come Facci deve prestarsi a fare il servitorello giudiziario per conto di Berlusconi?

Per finire, le donne. Il ruolo delle donne. Elena Loewenthal ne ha scritto poche righe per La Stampa proprio a ridosso della trasmissione. Non saprei dir meglio. «…Dopo i primi 5 minuti, il copione cambia: donne (ma anche uomini) sull’orlo di una crisi di nervi. Facce tirate. Giulia Innocenzi scandisce le parole. In compenso il Cavaliere fa una rivelazione: dice che è vecchio. Infatti ogni tanto se ne esce con un sorriso svampito. E ha qualche problema di orienteering: come quando non trova più Santoro. Però i due se la intendono neanche peggio di Cric e Croc: il battibecco è ben ritmato. Chi invece sparisce ben presto sono le donne sul palco: prima sembrano teleguidate, poi diventano trasparenti. E siamo alle solite».

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