Sarà anche una salita, quella di Monti in politica. Ma nel salire, il professore, non sembra certo trascurare l’arte – né bassa né alta, solo normale – di andare a prendere i punti deboli dell’avversario. E dopo quel Berlusconi che lo “confonde sul piano logico”, ecco che Monti sposta il mirino a sinistra – su Fassina che va silenziato, sulla Cgil che è nemica delle riforme – e spara ai vietcong. Già. Noi, sul ruolo non proprio progeressista della Cgil e sul suo concetto vetusto di mondo del lavoro, siamo anche d’accordo. Abbiamo più volte detto che questo sindacato (e gli altri due, a dire il vero) che non sa attrarre nuovi lavori e nuovi lavoratori rischia di chiudersi sempre di più in un mondo di idee e diritti che parlano sempre meno al presente. Però c’è un “ma”. Un conto è dire certe cose, e proporre anche le soluzioni, con la libertà intellettuale e politica, con la lungimiranza progettuale che servono per le rivoluzioni. Altro, tutt’altro, è farlo tra una telefonata con Casini per parlare di Cesa e con Fini senza neanche un accenno a Montecarlo. Nel secondo caso, rischia di sembrare solo un po’ di retorica raccogliticcia per una campagna elettorale che già si annuncia sfiancante. Niente di male, ovviamente, solo che quando a causa del contesto si è poco convincenti si finisce col convincere poche persone. E l’obiettivo di Monti non può che essere il contrario.
3 Gennaio 2013