In un mondo di gente che non paga, e se paga ti sotto-sotto-paga, il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, inaugura su Facebook la sua terza via, bonaria e impudente com’è alle volte l’Emilia più grassa. Racconta che il lavoro comunale per un gruppo di tecnici informatici ci sarebbe anche, «per sviluppare qualche idea che vorremmo portare avanti», aggiunge che non è niente di straordinario, per carità, «progetti semplici, poche pagine, ma efficaci», e poi conclude l’appello equo-solidale di chi ha visto le casse del Municipio malinconicamente vuote (o precedentemente svuotate) in maniera – appunto – impagabile: «Ovviamente in modo gratuito». Non contento della beffa, al fondo del suo scritto aggiunge uno «smile» e una frase che dovrebbe chiudere il cerchio di questo volontariato indotto: «Un modo in più per partecipare».
Da quel momento, com’era ampiamente nelle previsioni, la Rete si è scatenata tra lazzi, ironie, sarcasmi, e anche qualche risentimento, tanto che il novello sindaco si è visto costretto a qualche parola di circospetta e imbarazzata giustificazione: «Non volevo offendere o sfruttare nessuno. Semplicemente, come c’è chi può fare volontariato tagliando l’erba o dipingendo un muro, chi è un informatico può aiutare nel suo campo. Se fosse un incarico a pagamento avrei seguito i canoni del Comune, specificare quindi che era gratuito serviva a questo. Io ho sempre dato una mano ad associazioni che dovevano farsi il sito o altro e non l’ho mai visto come sfruttamento».
Non poteva mancare anche il relativo contrappasso twittarolo che si riassume nell’hashtag molto bazzicato #ovviamentegratis.
Si può guardare a questa vicenda, solo apparentemente banale, con occhi diversi. Il primo sguardo è tutto politico e riconduce immediatamente il suo protagonista a quell’alveo di consapevole dilettantismo che ha permeato le mosse dei ragazzi del Movimento 5 Stelle, catapultati incredibilmente in una galassia sconosciuta. È uno straniamento anche comprensibile, che però dovrebbe appartenere ai meccanismi più antiquati e retrivi di quello stagno maleodorante. Semmai, resta più difficile capire il dilettantismo applicato al mondo del lavoro, e soprattutto nella condizione del Pizzarotti medesimo che prima di diventare sindaco aveva una sua professione ben radicata all’interno della società e dunque ne conosceva perfettamente le dinamiche.
Lo sguardo però che più ci interessa ha totalmente a che fare con il sentimento della sensibilità che, applicato alla politica, probabilmente fa la differenza agli occhi dei cittadini. L’ingenuità esibita dal giovane sindaco (giovane per il nuovo “mestiere”, ma solido e formato nei suoi quarant’anni) quando racconta che spesso anche a lui è toccato di dare una mano senza alcun vantaggio economico, è veramente degna di miglior causa, perché sembra dimenticare uno degli elementi fondamentali dei rapporti sociali, tra le persone. Quando si chiede “una mano”, diciamo così, a fondo perduto, la prima cosa da tenere assolutamente a mente è il ruolo che si riveste in quel momento.
Se il ruolo è già solidale di per sé, come per esempio appartenere a una delle tante associazioni che fanno del bene e che operano sul territorio e che hanno scarsissimi fondi, sarà difficile poter opporre da parte di chicchessia una qualunque richiesta di denaro. Anzi, ci si sentirà appagati proprio da quella «partecipazione», ci si esalterà in quella gratuità economica, si tornerà a casa felici di aver contribuito a una giusta causa. Forse ci strapperemo persino l’ultimo euro dalle tasche.
Ma questa è un’altra storia. È la storia di persone che rivestono cariche pubbliche, cariche che comportano responsabilità sociali e che non possono abusare della generosità altrui. C’è un senso di rispetto, un decoro sperabilmente condiviso, una soglia di dignità che non va superata. Stia in questo mondo, Pizzarotti!
Lo pensiamo perché ci sono troppi mestieri che sfruttano biecamente l’indigenza degli altri. A cominciare dal nostro. È una vita che i giornali, le televisioni, le radio, sfruttano i ragazzi, il loro entusiasmo, la voglia irrefrenabile di fare il «mestiere». Questo mondo è pieno di gente che non paga, che ti sottopaga, che fa leva sul ricatto del domani. E così è per tante altre professioni, avvocati, architetti, commercialisti, e via così, con la scusa dell’apprendistato, dell’insegnare il mestiere.
Insomma, le persone si pagano. Si può essere chiari da subito, dicendo che le forze economiche sono limitate, limitatissime e questo è il massimo di ciò che si può fare. Un’ammissione dignitosa che riporta i rapporti tra persone a una dimensione più umana e rispettosa. Tutto il resto è sfruttamento, travestito da solidarietà.