Una legge datata 1972 (leggi il testo) – vecchia ormai quarant’anni – e quattro regolamenti contabili poco dettagliati, dalle maglie (forse) un po’ troppo larghe. Per capire lo scandalo che ha travolto il consiglio della regione Lombardia – con quasi novanta consiglieri di centrodestra e centrosinistra indagati per peculato – bisogna addentrasi in una selva di articoli, norme, numeri, disposizioni di controllo e soprattutto fondi che l’amministrazione regionale stanzia annualmente a favore dei gruppi consiliari e dei singoli consiglieri. In media basti pensare che ogni consigliere dispone di almeno 1500 euro di quota al mese di rimborsi di «rappresentanza», calcolati sul numero dei componenti gruppo a cui appartiene (guarda il documento): una sorta di extra stipendio.
È questa la base da cui è partita la procura di Milano per iniziare le indagini e verificare se per davvero gli acquisti di Nutella, gomme per auto o chupa chupa, ma anche cene, convegni e materiale di cancelleria, possano essere giustificati o meno. Questo dovranno chiarirlo gli stessi consiglieri di Partito Democratico e Popolo della Libertà, di Sel e Lega Nord, di Italia dei Valori e Pensionati di fronte ai magistrati.
C’è da ricordare che in media i consiglieri arrivano a guadagnare circa 9mila euro al mese e hanno già altri rimborsi previsti “dall’indennità” (guarda il regolamento), per la Diaria (2.341,82 mensili) che riguarda il tragitto casa-Pirellone o per gli spostamenti sul territorio lombardo: qui il rimborso è mensile ed ammonta ad euro 3.525,12. (guarda il documento) Resta però un dato: dal 1972 nè gli uffici di presidenza nè la Corte dei Conti hanno mai mosso critiche alle richieste dei consiglieri di rimborsi per le proprie spese «istituzionali».
E allora perché proprio adesso scatta un’indagine della procura? Qualcuno si è approfittato un po’ troppo dei rimborsi elettorali e ha fatto una segnalazione? La vigilanza che dovrebbe esserci è stata un po’ “all’italiana”? La legge è da riformare? Probabilmente sì, soprattutto sui controlli (i controllati spesso sono gli stessi controllori) e sui capitoli di spesa, che se fossero stati più stringenti forse non avrebbero generato un maxi processo per «sottrazione di denaro pubblico» in piena campagna elettorale.
Di certo, tra gli indagati, dovrebbero dormire sonni tranquilli quelli che tra le spese hanno messo solo, e va sottolineato «solo», le spese per i taxi, per i viaggi, convegni, apparecchi tecnologici per la comunicazione, anche per cene istituzionali o per caffè e acqua al Bar. Tra questi ci sono politici di tutti gli schieramenti e, a quanto, pare dovrebbero essere la maggioranza.
Meno tranquilli sono sicuramente il Trota Renzo Bossi, che si sarebbe comprato pure dei videogames o Carlo Spreafico del Pd, che nella nota spese ha messo pure un barattolo di Nutella del valore di 2,70, delle gomme dell’auto e molto altro ancora. Stesso discorso per Francesco Prina, candidato al Senato per il Pd, che tra la nota spese ha pure inserito due bollette dell’Enel: non avrebbero riguardato la sua casa ma il suo ufficio politico sul territorio. Tutti, in ogni caso, dovranno giustificarli di fronte ai pm.
Del resto, la legge del 1972 parla abbastanza chiaro. «Al fine di assicurare l’espletamento del mandato consiliare è riconosciuto ad ogni gruppo il contributo mensile di cui alla tabella 1 anche per le spese di formazione, aggiornamento, consulenze esterne occasionali, documentazione, rappresentanza, divulgazione e accesso e utilizzo delle nuove tecnologie».
Da qui poi si passa ai regolamenti, sul tema della comunicazione o su quello del funzionamento degli stessi gruppi. Sulla comunicazione (guarda qui il documento) l’articolo 2 dice: «Per le attività di cui all’articolo precedente i Gruppi consiliari o i singoli Consiglieri possono: organizzare attività ed eventi a rilevanza esterna o interna quali, ad esempio, convegni e seminari».
Più delicata è invece la questione legata alle spese di rappresentanza. Qui i consiglieri dovranno dimostrare che le spese effettuate per viaggi (e soprattutto cene e pranzi) sono state fatte in quanto consigliere regionale o politico dei rispettivi partiti.
E questo può riguardare, forse, anche un menu da McDonald’s, se «pagato» durante un incontro politico. Più difficile però, guardando le leggi, è la questione che riguarda le spese come quelle della Nutella o di una ricarica telefonica che magari non riguarda il numero di telefono del consigliere di turno. Certo, ci potrebbe essere stato «un calo di zuccheri improvviso» per comprare un barattolo di Nutella, ma appare, a naso, molto difficile da giustificare. E se fosse stato per rappresentanza del partito durante un incontro istituzionale? A stabilirlo saranno i magistrati.