La situazione politica del Marocco vive una fase delicata della sua storia recente: il re Mohammed VI è impegnato nella promozione di progetti sociali e di sviluppo economico, mentre il governo è fermo in un’ impasse politica. Il campanello d’allarme è scattato la settimana scorsa, quando il nuovo segretario del partito marocchino al Istiqlal, Hamid Shabat, ha consegnato al premier di Rabat, Abdel Ilah Benkirane, le sue richieste. Una di queste prevede il rimpasto di governo.
Secondo quanto riferisce il giornale «al Sharq al Awsat», nel corso di una riunione che si è tenuta il 3 gennaio sera nella capitale marocchina, a cui hanno partecipato anche i rappresentanti degli altri partiti di governo (quello islamico Giustizia e Sviluppo, il partito Progressista socialista e i berberi del Movimento popolare) Shabat ha chiesto più ministri per il suo partito, criticando l’operato del premier Benkirane, in particolare per quanto riguarda l’applicazione della nuova Costituzione. Il partito filo-monarchico ha anche criticato la presenza di una sola donna nell’esecutivo chiedendo che almeno il 20 per cento dei dicasteri vengano assegnati alle donne.
Il problema è che, in un anno, il governo non è riuscito a sfruttare appieno i poteri dati all’esecutivo dalla nuova Costituzione approvata nel luglio del 2010, voluta proprio dal monarca. Tra i capisaldi del testo, il partito di maggioranza relativa ha diritto a nominare il primo ministro. Il governo, poi, può nominare buona parte dei funzionari pubblici e decidere le linee guida della politica economica del paese. È stata proprio l’approvazione di questo nuova Costituzione e l’impegno di Mohammed VI nel processo di democratizzazione del paese a evitare al Marocco le sommosse delle primavera arabe, senza i contraccolpi di tipo economico e sociale che hanno invece messo in ginocchio la Tunisia e l’Egitto.
A un anno dalle rivolte arabe, molti paesi sono ancora in preda a una crisi economica molto forte, mentre il Marocco registra una crescita costante, tanto che il ministro del Turismo, Lahcen Haddad, ha annunciato all’agenzia di stampa “Map” che «il paese si aspetta un aumento del sette per cento nel numero di arrivi di turisti nel 2014, che si preannuncia un anno di crescita per il settore in Marocco».
Eppure tutto questo non è abbastanza per i marocchini. Secondo un’analisi della rivista francese «Jeuneafrique», «gli islamici al governo sono lontani dal mantenere le promesse fatte all’elettorato. Il partito del premier Benkirane aveva promesso una crescita del 7 per cento per il 2012, che invece è stata del 3 percento. Aveva promesso che il deficit di bilancio sarebbe rimasto al 3 per cento mentre gli investimenti sarebbero aumentati del 12,8 percento ma così non è stato». La rivista ricorda inoltre che gli islamici durante la campagna elettorale avevano promesso di ridurre il livello di povertà, facendo promesse in campo economico molto difficili da mantenere considerando la crisi dell’Eurozona che condiziona l’economia marocchina con una disoccupazione giovanile del 15 per cento.
Ad ammettere, in parte, la necessità di portare a termine in tempi brevi riforme strutturali è lo stesso premier marocchino, il quale due giorni fa ha lanciato l’allarme ponendo il problema del deficit del Fondo pensione di Rabat (Cmr), e denunciando il fatto che nel 2021 potrebbero non esserci più i soldi per pagare le pensioni. Le spese del Fondo pensioni marocchino supereranno le sue entrare a partire dal 2014 e il finanziamento del disavanzo avverrà attraverso le riserve di cassa, che saranno esaurite agli inizi del 2021, «se prima non prenderemo delle misure per invertire questa tendenza», ha spiegato Benkirane.
Parlando al Senato marocchino, riunito in seduta plenaria per discutere del tema “Il sistema pensionistico tra i piani di sostenibilità e i limiti di copertura”, Benkirane ha avvertito che il Fondo pensioni non sarà in grado di pagare i pensionati dal 2021 perché è in deficit a partire dalla fine del 2012. I ricavi non coprono più le spese (le pensioni erogate ai pensionati), costringendolo a fare affidamento sui dividendi finanziari. «Se non si interviene in tempo – ha spiegato il premier marocchino – il deficit raggiungerà 1,28 miliardi di dirham (128 milioni di euro) nel 2014, prima di trasferirsi successivamente a 24,85 miliardi di dirham nel 2021, quasi 45.660 milioni di dirham in 2030 e 78,54 miliardi di dirham nel 2061.
Se da un lato necessitano iniziative che diano slancio all’attività dell’esecutivo di Rabat, come sostiene il segretario di al Istiqlal, Shabat, è vero anche che importanti passi in avanti sono stati fatti nel campo dei diritti umani e della democrazia. Il delegato del governo marocchino per gli Affari dei diritti umani, El Mahjoub el Heibah, ha annunciato che l’esecutivo sta per approvare un «piano nazionale sulla democrazia e sui diritti dell’uomo». Parlando alla tv satellitare «al Arabiya», lo stesso responsabile ha annunciato che «c’è bisogno di strumenti straordinari per rapportarsi con i mezzi d’informazione nell’ambito dei diritti dell’uomo e della libertà d’espressione».
El Heibaha ha quindi aggiunto che «l’esecutivo chiede di elevare lo standard dell’informazione sui diritti umani in Marocco riempiendo tutti i vuoti, in modo da far scoprire il lavoro svolto in questo campo e i risultati ottenuti in Marocco in materia». Il governo ha anche adottato tre convenzioni internazionali sui diritti dell’infanzia, nel quadro del partenariato tra il parlamento marocchino e il Consiglio d’Europa.
Resta forte invece il sostegno della popolazione al re Mohammed VI e ai suoi progetti per lo sviluppo economico del paese. Il presidente del Comitato economico, sociale e ambientale marocchino (Cese), Chakib Benmoussa, ha presentato al monarca il suo nuovo progetto per lo sviluppo delle regioni del Sahara. Secondo quanto ha spiegato, «il nuovo modello di sviluppo regionale per le province del sud del paese sarà integrato, sostenibile e creatore di ricchezza e di posti di lavoro per la popolazione locale». A suo giudizio «l’attuale modello ha raggiunto i suoi obiettivi in linea con le aspirazioni delle popolazioni locali». Presentando il suo concept note per lo sviluppo di una piattaforma modello di sviluppo regionale per le province meridionali del Marocco, Benmoussa sostiene di voler fornire «le risposte ai problemi strutturali delle province del sud che riguardano lo sviluppo economico, sociale, culturale, lo sviluppo umano, la pianificazione, l’ambiente e la governance».
Nel suo nuovo approccio, il Cese si baserà proprio sui principi stabiliti dalla nuova Costituzione, lo stesso che ha permesso ai rappresentanti dell’Unione generale dei lavoratori del Marocco (Ugtm), principale sindacato del paese, e della Confederazione generale delle imprese del Marocco (Cgem), di firmare l’8 gennaio a Rabat un «patto sociale per la competitività sostenibile», stilato per «rispondere alle sfide dell’economia nazionale e per stabilire una partnership di successo tra le due parti». In base a questo accordo, sottoscritto dal segretario generale dell’Ugtm, Hamid Chabat, e dal presidente della Cgem, Meriem Bensaleh, le parti concordano di avviare una serie di progetti per mettere in campo un nuovo patto per lo sviluppo sociale e la competitività. Si tratta di piccoli segnali che sommati a tanti altri portano il paese a prevedere una crescita del 4,5% nel 2013.
I numerosi progetti messi in campo nel 2012, dalla linea ferroviaria Alta Velocità Tangeri-Casablanca, alla linea tramviaria di Casablanca, fino all’apertura del porto Tanger Med e al complesso automobilistico della Renault spingono il ministro delle Comunicazioni e portavoce del governo, Mustapha El Khalfi, a definire «positivo» il bilancio dell’azione del suo esecutivo. Tirando le somme dei provvedimenti adottati nel corso dell’anno scorso ha spiegato che «la volontà dell’esecutivo è sempre stata quella di portare avanti grandi progetti di riforma per il paese. Anche se l’ambizione del governo va al di là di quanto è stato realizzato finora, dobbiamo dire che i risultati sono stati importanti».