Come usare Groupon e non morire di sottocosto

Come usare Groupon e non morire di sottocosto

Un pomeriggio di massaggi a 10 euro, poi via al ristorante, ché con 30 euro a testa c’è un menù a base di aragosta. Nel frattempo diamo un’occhiata per le vacanze, vedi mai che quell’alberghetto sul mare in Sardegna ci offra il weekend al prezzo di una singola vista muro in periferia…

Cosa ha davanti il consumatore che consuma strappando coupon virtuali, è chiaro. Ma cosa c’è dietro queste quinte assolate dal web è l’altra faccia della stessa medaglia: il Groupon delle aziende. La spa, il ristorante, l’hotel… quelli che si offrono per le offerte, quelli che si svendono alla rincorsa del marketing e che finiscono in un gorgo di stenti e difficoltà.

Questa è una storia scritta su un contratto standard, perfettamente legale. Non c’è trucco non c’è inganno. Ed è bene dirlo subito: spesso Groupon rappresenta per l’azienda che aderisce al programma, un volano di crescita esponenziale e repentina. Ma non tutti sanno cosa fanno, e le vie verso il fallimento sono infinite, soprattutto online.

Il ragionamento tipo del commerciante in piena bolla Groupon è il seguente: mi faccio una enorme pubblicità, senza investimenti in solido. Ci metto il tempo e il lavoro, ma allargo il giro d’affari. L’era del volantino è morta, questi sono gli anni del coupon.

La realtà però è una strada di clausole scritte in maiuscolo, altroché. E nemmeno troppo difficili da interpretare. Groupon infatti – come tutti i suoi competitor – aiuta a dare visibilità all’azienda, inviando ai suoi iscritti una email in cui si pubblicizza (e si vende anche direttamente) un servizio o prodotto ad un prezzo molto scontato. Il senso è: (s)vendere pur di guadagnare appeal. Il costo zero, tanto per cominciare, è un’eresia. Non c’è richiesta diretta e immediata, è vero, ma su ogni prodotto venduto in offerta (e quindi già scontato alla fonte) Groupon tiene per sé il 50% del ricavato. Quindi, a meno che non abbiate dei ricavi marginali enormi, il tutto si traduce in lavoro in perdita. In cambio arriveranno più clienti, certe volte troppi in un colpo solo, con la speranza di fidelizzarne una parte.

Di più, Groupon incassa tutto e subito dalla vendita dei coupon, per poi pagare la parte dell’azienda anche a un mese. E se il coupon non viene effettivamente utilizzato, Groupon guadagna comunque, il commerciante letteralmente niente. Un problema che si palesa drammaticamente soprattutto quando il prodotto è un servizio. Moltissimi sono i casi di centri estetici, spa, o anche meccanici, scuole tennis che sono letteralmente falliti nella stretta di questa logica perversa: troppi coupon venduti per le reali capacità di lavoro, con l’agenda monopolizzata per mesi da clienti sotto-costo, senza più spazio per attività redditizia. Troppe spese, poca qualità, chiusura.

Proprio per ovviare al problema da circa sei mesi a questa parte Groupon ha istituzionalizzato l’obbligo di indicazione sul contratto del numero massimo di coupon vendibili, scelto dopo un’attenta valutazione delle reali capacità commerciali da parte del venditore responsabile della rete e del commerciante stesso. Ma nel frattempo sono centinaia le segnalazioni di attività scomparse in questo calderone di superficialità ed elasticità contrattuale. Fallite per tante ragioni, fra cui il non aver saputo usare questi mezzi. 

E non è finita. Perché sul contratto (che Groupon sceglie di non rendere pubblico) c’è una parolina magica: esclusiva. Compare già a pagina uno. Groupon in pratica assicura l’esclusiva al suo cliente nel giorno previsto per la promozione. Per un giorno soltanto, cioè, avrete una vetrina per la vostra offerta sulla pagina web di Groupon, senza timore di promozioni concorrenti in zona. Passate le 24 ore, però, l’esclusività cambia verso: per due anni non potrete realizzare attività promozionali del genere con altri. Ovvero: in cambio di una pubblicità di 24 ore resterete “fermi” – in quella specifica nicchia pubblicitaria – per 700 giorni. Con il rinnovo tacito per i successivi 12 mesi.

La soluzione del problema, come è ovvio, sta nella prudenza. Groupon semplicemente fornisce una piattaforma di visibilità, che le aziende poi devono saper sfruttare per trasformare i consumatori occasionali in clienti fedeli. Basta poco, in realtà: il primo passo è evitare di considerare il cliente Groupon come un accattone che pagando meno ha diritto a meno. E poi serve una buona assistenza al momento della prenotazione, con indicazioni trasparenti fin da subito, un servizio di qualità e soprattutto una valida attività post vendita.

Sicuramente risulta conveniente aderire quando i servizi offerti hanno già i costi coperti, e le vendite sottocosto andrebbero solo a rimpinguare i ricavi (il principio dei voli low cost), oppure quando è assodato che il prodotto o servizio in vendita genera dipendenza, commercializzando magari un prodotto scontatissimo che porterà in ricaduta la successiva vendita di ricambi. Il modello, tanto per capirci, delle stampanti e cartucce ink-jet.

Un esame della sostenibilità commerciale dell’iniziativa è comunque la precondizione per non ritrovarsi poi ad annaspare tra i gangli di un’operazione che nasconde – ma nemmeno troppo – sabbie mobili. Il mercato, una volta di più, non fa sconti. Nemmeno su Groupon. 

X