BERLINO – Nancy Kett, diciannove anni, indossa una maglietta azzurra che le lascia scoperte le spalle. Ha i capelli raccolti in una treccia bionda e voluminosa e tra le braccia regge sua figlia di undici mesi che sgrana gli occhi. È questa l’immagine che accoglie il visitatore una volta varcata l’entrata di uno degli edifici-alveare dell’epoca socialista di Marzahn, quartiere problematico alla periferia di Berlino. Fuori, i calcinacci si staccano dall’imponente facciata sotto la pioggia incessante. Dentro, un gruppo di donne cerca disperatamente di uscire dalla povertà, in uno dei paesi più ricchi d’Europa.
Kett è una delle 14 madri che hanno aderito al progetto «Jule», un’iniziativa nata quest’anno nel quartiere per risolvere una delle piaghe sociali che lo soffocano. Nel distretto di Marzahn-Hellersdorf, che conta 250mila abitanti, il 50% dei neonati vive con un solo genitore, per lo più disoccupato; nel 98% dei casi si tratta della madre. A Jule viene offerta assistenza alle giovani madri (da 17 a 25 anni sono le attuali adesioni): concretamente si tratta di un tetto e la possibilità di portare a termine una formazione professionale e inserirsi nella società una volta trovato un lavoro.
Lo scorso autunno migliaia di persone in tutto il paese hanno protestato chiedendo maggiore uguaglianza sociale. A otto mesi dalle elezioni federali, il tema sembra scuotere gli animi dei tedeschi molto più della crisi economica e finanziaria che fa tremare l’Europa intera. Ad aumentare il malcontento è poi intervenuta una vicenda scomoda: a fine novembre la stampa tedesca ha svelato che il Governo aveva grossolanamente truccato la versione definitiva dello «Studio sulla ricchezza e la povertà», una pubblicazione ricorrente del ministero del Lavoro. La prima bozza del documento denunciava senza mezzi termini i «rischi sociali» di una «ricchezza privata ripartita in modo iniquo», all’interno di una situazione in cui i salari alti continuano a crescere mentre quelli bassi si abbassano. Tutti questi dettagli sono scomparsi nella versione definitiva, secondo una procedura definita come «prassi» dal portavoce della cancelliera Ángela Merkel.
Stando ai dati contenuti nel documento, il 10% della popolazione tedesca possedeva nel 2008 il 53% del ricchezza nazionale netta, mentre dieci anni prima la percentuale era solo del 45 per cento. La metà dei tedeschi possiede invece appena l’1% del patrimonio nazionale. La ricerca evidenzia che tra il 2007 e il 2012 il patrimonio complessivo dei tedeschi è cresciuto di 1.400 miliardi di euro, ma dietro questa cifra si nasconde «una ripartizione molto disuguale». Particolarmente sbilanciata risulta essere l’evoluzione dei salari: mentre per quelli più alti si è riscontrata «una tendenza positiva di crescita», per il 40% dei tedeschi al netto dell’inflazione si è constatato un arretramento. «Una tendenza del genere dei redditi è contraria al senso di giustizia sociale della popolazione», secondo quanto denunciava la bozza originale dello studio.
Per capire il significato di questi numeri basta viaggiare quindici minuti a est della torre di Alexanderplatz e addentrarsi in un bosco di Plattenbau (gli edifici a moduli prefabbricati tipici dell’architettura sovietica). Marina Bekábi, una signora robusta dall’espressione simpatica, è la direttrice del progetto Jule. «Uno dei problemi principali dei giovani genitori che si rivolgono a noi è quello dei debiti», assicura, «ovviamente ci sono poi le situazioni di conflitto tra la coppia e le famiglie». «La nostra forza è la vicinanza al problema. Ci mettiamo a disposizione tutto il giorno anche nelle vacanze per offrire assistenza ai problemi individuali», spiega, «la nostra funzione è quella di accompagnare le madri nella soluzione delle loro difficoltà. Se si tratta di debiti, per esempio, le accompagniamo dal consulente, ecc». Quattro stanze comuni con una sala riunioni, uno spazio per i giochi e una cucina sono la base su cui coloro che aderiscono all’iniziativa cercano insieme di aiutarsi per offrire ai propri figli un futuro migliore.
Il sindaco del quartiere, Stefan Komoß, un socialdemocratico appassionato intento a migliorare la reputazione della zona e a rilanciarla come polo industriale e addirittura attrazione turistica, può vantare alcuni buoni risultati per esempio nella lotta contro i crimini dell’estremismo di destra. Dal palazzo municipale, in un edificio nuovo nel cuore di Hellersdorf, su una piazza su cui si affacciano due centri commerciali e una scuola, passa in rassegna alcuni risultati positivi prima di riconoscere l’emergenza sociale: la disoccupazione giovanile è del 17%, sarebbe a dire peggiore della media della capitale, che è già maglia nera dell’intero paese. All’incirca 20mila persone sono iscritte all’ufficio di collocamento e il 60% dei bambini nascono in famiglie che vivono del sussidio «Hartz IV».
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Hartz IV (dal suo ideatore Peter Hartz) è il nome del sussidio di disoccupazione che viene assegnato in Germania dal 2005 indistintamente a chi ha appena perso il lavoro come a chi non lo ha mai avuto. Secondo i critici, ha creato fasce di popolazione marginate, dove spesso si rende difficile il reinserimento nel mercato del lavoro. Il problema si ripercuote in particolare sulle famiglie dei disoccupati cronici, dove, secondo quanto denunciano gli assistenti sociali, i figli hanno poche alternative a quella di seguire lo stesso sentiero.
È questa la situazione della maggior parte dei genitori che si rivolgono alla associazione «Die Arche», una organizzazione non governativa per l’assistenza ai bambini in difficoltà che da alcuni anni a questa parte ha scelto di slegarsi dai finanziamenti pubblici per finanziarsi unicamente con le donazioni private. «Die Arche» ha sedi in tutta la Germania, ma uno dei suoi centri storici sorge non a caso a Hellersdorf.
È un venerdì pomeriggio di un fine settimana di ponte, e nell’edificio dell’antica scuola si svolgono attività senza sosta. Dal primo piano, in cui tre educatrici si occupano di bambini di meno di un anno, fino al pian terreno, dove alcuni adolescenti giocano a dardi e biliardo in una sala ricreativa.
«Il 99% dei bambini e ragazzi che frequentano questa struttura sono tedeschi con radici tedesche, solo l’ 1% vengono da famiglie con origini di immigrazione. I problemi che abbiamo qui sono identici a quelli di quartieri con un’alta presenza di immigrati come Neukölln», spiega Wolfgang Büscher, responsabile della comunicazione e della raccolta fondi per l’organizzazione, mentre un ragazzino di 11 anni di nome Kevin lo segue imitandolo per i corridoi tetri dell’edificio.
Sono più di 600 i minori che frequentano questa struttura anche se non tutti con la stessa regolarità. «La tipica madre che si rivolge a noi è una madre sola con più figli, spesso da padri distinti e che non sono presenti», spiega Büscher. L’associazione è stata coautrice di un recente studio sull’analfabetismo tra i giovani in Germania, il cui risultato scioccante è che «tra il 22 e il 25% dei bambini con meno di 15 anni nel paese sono analfabeti», un dato che ha a che vedere in particolare, secondo l’esperto, con il fatto che la natalità rimane più alta negli strati più bassi della popolazione. «È necessario affrontare meglio questo tema perché stiamo perdendo in Germania più di una generazione».
Sono problemi, secondo quanto insiste Büscher, che si tramandano tra le generazioni, per lo più molto vicine tra loro. Se si chiede a i ragazzini che frequentano la struttura cosa vogliono fare da grandi, la prima risposta è «il concorrente di Popstar (programma tipo X-Factor)», la seconda è «Hartz IV, come la mamma». Mentre un ragazzino esce dalla sala-giochi con un bambino per mano, Bücher passa a denunciare il comportamento sessuale della generazione perduta di Berlino: «Molti dei bambini che vengono qui hanno i loro primi rapporti sessuali a otto nove anni. La normalità è undici-dodici anni. Questo si deve alla ‘ipersessualizzazione’ della loro realtà domestica, dovuta, tra le altre cose, l’alto consumo di materiale pornografico tra i genitori».
Situazioni come quella di Marzahn-Hellersdorf convivono in Germania con l’economia più solida d’Europa e un modello welfare invidiato all’estero. È l’altra faccia del modello di successo tedesco, e il tema su cui si giocheranno le prossime elezioni. I Socialdemocratici dell’Spd hanno già presentato un modello «per maggiore uguaglianza sociale» che sarà un punto fondamentale del programma elettorale. Una delle denunce più efferate contro questa situazione era però partita dalla ministra del Lavoro, la conservatrice Ursula Von der Leyen, salvo poi essere messa a tacere dai piani alti del governo di centro destra tedesco.
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