Giordania al voto, fallisce il sogno egemonico del Qatar

Giordania al voto, fallisce il sogno egemonico del Qatar

Si sono chiusi alle 20 ora locale (le 18 in Italia) di ieri i seggi per le elezioni legislative giordane. Secondo quanto ha annunciato il comitato elettorale indipendente di Amman, che ha controllato l’andamento delle operazioni di voto, l’affluenza alle urne è stato del 56,56 per cento. Hanno votato infatti un milione e 251 mila elettori. È stato superato quindi il 50 per cento dei votanti, la soglia minima stabilita dagli osservatori locali per considerare legittimo il nuovo parlamento. Esclusi dai seggi parlamentari gli esponenti dei Fratelli Musulmani che hanno boicottato il voto in segno di protesta contro il governo e la casa reale di Amman. Il comitato elettorale indipendente ha diffuso in mattinata i risultati parziali delle elezioni che vedono in vantaggio i partiti di sinistra e le liste di tipo tribale.

Ma se da un lato i membri del governo si dicono soddisfatti del risultato, il principale gruppo di opposizione contesta i dati. La formazione islamica, sostiene che «nel pomeriggio di ieri non aveva votato più del 17 percento degli aventi diritto». E in un comunicato affermano che «quella di ieri è stata una messa in scena, conclusa con un fallimento. I numeri ufficiali sono falsi e in realtà l’affluenza è stata molto bassa». 

Le elezioni, volute con forza dalla monarchia del regno Hashemita, e contrastate dall’opposizione islamica, sono una sorta di referendum tra il palazzo reale e i Fratelli Musulmani che chiedono al re Abdallah II di lasciare il potere. 

La tensione in Giordania era già alta prima di questo appuntamento. L’emittente televisiva araba Al Jazeera ha parlato infatti di uno scambio di missive molto dure avvenuto di recente tra il gruppo islamico e il monarca. Fonti politiche locali sostengono che il re giordano sarebbe arrivato a minacciare la messa al bando dei Fratelli Musulmani «se dovessero proseguire sulla loro linea», poco propensa al dialogo.

Il fatto risalirebbe a un mese fa, quando alcune personalità politiche vicine al sovrano hanno lanciato, a nome della casa reale, un messaggio molto chiaro agli esponenti della formazione islamica. Ma i Fratelli Musulmani avrebbero deciso di non cambiare linea politica e di proseguire con il boicottaggio delle istituzioni. «Nonostante il re abbia fatto capire che potrebbe porre in questione la legittimità dell’attività dei Fratelli Musulmani fino ad arrivare allo scioglimento – ha spiegato una fonte del gruppo islamico – noi abbiamo deciso di andare avanti per la nostra strada».

Altri mediatori hanno proposto di fissare un incontro tra i dirigenti del gruppo islamico e il re Abdallah II, ma i Fratelli musulmani hanno chiesto di rinviare questo vertice a dopo le elezioni. «Minacce di questo genere non ci spaventano – ha dichiarato il numero due della Fratellanza giordana – perché non è la prima volta che ci vengono rivolte. La questione della legittimità del nostro gruppo è stato un tema di discussione in passato anche in altri Paesi arabi e in particolare in Egitto dove il movimento è stato fuori legge per decine di anni. Eppure sono arrivati al potere. Metterci fuori legge non vuol dire eliminarci». Ma la partita che si gioca non riguarda solo la politica interna della Giordania ma il futuro di tutto lo scacchiere mediorientale.

Dietro la battaglia antimonarchica dei Fratelli Musulmani ci sarebbe, infatti, il Paese protagonista della primavera araba e della caduta dei regimi di Tunisia, Egitto e Libia: il Qatar. Le autorità del piccolo emirato avrebbero minacciato ritorsioni in campo politico ed economico nei confronti della Giordania per la posizione assunta dal re, Abdallah II, che intende ostacolare l’ascesa al potere dei Fratelli Musulmani proprio nella vicina Siria. Secondo quanto rivela il periodico giordano Al Majalla, un esponente della Coalizione nazionale siriana dell’opposizione ha riferito alle autorità di Amman che il governo qatariota sarebbe irritato per la scelta dell’esecutivo giordano di sostenere i gruppi dell’opposizione siriana antagonisti dei Fratelli Musulmani.

Il periodico giordano sostiene che il Qatar avrebbe più volte chiesto ad Amman di entrare nell’asse di cui fanno parte anche Turchia e Egitto per far cadere il regime di Bashar al Assad a vantaggio del gruppo islamico. Doha avrebbe inviato una serie di messaggi ad Amman che si ostinerebbe a restare legata all’Arabia Saudita, preoccupata per l’avanzata dei Fratelli Musulmani nella regione. Il pericolo è che il Qatar possa usare la sua emittente televisiva Al Jazeera per avviare una campagna contro la casa reale giordana, già in difficoltà sul fronte interno per la scelta dell’opposizione islamica di non partecipare alle elezioni di domani.

Per convincere l’elettorato a partecipare al voto e a non ascoltare gli appelli dell’opposizione islamica, che ha creato sfiducia parlando di possibili brogli, Amman ha deciso di fare sul serio garantendo il massimo della trasparenza in questa tornata elettorale. Sono stati circa ottomila gli osservatori impiegati per controllare l’andamento delle consultazioni. Il presidente della commissione elettorale indipendente, Abdel Ilah al Khatib, ha reso noto che la maggior parte degli osservatori, circa settemila, sono stati scelti dalle associazioni della società civile. A questi si aggiungono i rappresentanti delle organizzazioni internazionali. La commissione elettorale ha precisato che non avrebbe permesso a nessuno di entrare nei seggi durante lo spoglio delle schede, eccetto gli osservatori accreditati e i giornalisti. 

Intanto sulla stampa giordana circola in questi giorni il nome di Al Khatib come il più accreditato per la guida del futuro governo. Il quotidiano Al Quds al Arabi ha rivelato che al Khatib ha già preannunciato che si dimetterà dalla guida della commissione elettorale dopo le elezioni puntando ad incarico di altro tipo.

Il secondo nome che circola con insistenza è quello di Taher al Masri, attuale presidente del Senato ed ex premier. Masri è un esponente dei partiti di sinistra, dati per vincenti in questa tornata elettorale, che si è battuto in favore delle riforme democratiche. L’attuale premier giordano, Abdullah al Nusur, ha infatti già fatto sapere che si dimetterà dopo il voto per lasciare spazio ad un capo di governo che abbia la legittimità del voto anche se prima della nascita del nuovo esecutivo potrebbero trascorrere almeno dieci settimane nelle quali rimarrebbe in carica. Quello dei brogli è un problema che ha caratterizzato le precedenti tornate elettorali, quelle del 2007 e del 2011, e che rischia di rovinare anche la credibilità di questa.

Le autorità giordane hanno arrestato quattro candidati alle elezioni politiche accusati di aver comprato dei voti. Secondo quanto riporta la stampa giordana, gli arresti sono avvenuti due giorni fa e gli inquirenti stanno indagando su altri cinque casi di candidati che avrebbero corrotto degli elettori per ottenere i loro voti. È la prima volta che un fenomeno del genere si è registrato in Giordania a poche ore dal voto delle elezioni parlamentari. Una fonte del governo ha commentato la notizie affermando che «ciò prova come le autorità stiano combattendo la corruzione e stiano controllando il buon andamento delle elezioni».

La magistratura si è inoltre rifiutata di scarcerare i quattro candidati dietro pagamento di una cauzione. Già nelle elezioni del 2007 e del 2010 sono stati denunciati casi simili senza che la magistratura sia mai intervenuta. Per fugare ogni ombra di dubbio è intervenuto oggi Hussein Bani Hani, portavoce della Commissione elettorale indipendente, l’organismo che dovrà garantire l’effettiva trasparenza del voto. Parlando all’emittente televisiva araba Al Jazeera, Hussein Bani Hani ha spiegato che «sono false le voci dei gruppi che boicottano il voto sui brogli annunciati e le ingerenze da parte delle istituzioni per condizionarne l’esito».

Hani ha quindi respinto le accuse rivolte dai Fratelli musulmani, che parlano di ingerenze dei servizi segreti nelle elezioni. «I cittadini giordani capiranno che sta nascendo una nuova epoca senza precedenti: con queste elezioni in Giordania porteremo il Paese ad avere fiducia nel voto», ha detto il portavoce della Commissione elettorale indipendente.

Le elezioni non sono influenzate solo dalla lotta tra le potenze regionali ma anche da altri fattori come la crisi economica e il problema del crescente numero di profughi siriani che fuggono dalla guerra in corso nel Paese confinante.

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