Gli Usa salvano il gigante delle polizze che ora gli fa causa

Gli Usa salvano il gigante delle polizze che ora gli fa causa

Una beffa. Ha questo sapore l’indiscrezione, rivelata dal Dealbook del New York Times, secondo cui American International Group (AIG) starebbe pensando di intentare causa contro gli Stati Uniti dopo il salvataggio del 2008. Tutta colpa del V emendamento della Costituzione americana. E così gli Usa, dopo aver guadagnato quasi 23 miliardi dollari dal bailout del più grande assicuratore mondiale, potrebbero sborsarne 25 per risarcire gli azionisti.

La vicenda di AIG è spesso considerata l’emblema dell’eccesso di Wall Street. Credito facile, mercato immobiliare in ascesa, utilizzo estremo dell’ingegneria finanziaria, rischi sistemici calcolati con modelli errati: il crac di AIG ha rappresentato qualcosa di ben più profondo dei tanti fallimenti bancari che si sono susseguiti dal 2007 al 2009. Per capire che cosa sia successo e come si sia arrivati alla potenziale causa contro lo Stato bisogna però fare alcuni passi indietro.

15 settembre 2008. La quarta banca di Wall Street, Lehman Brothers, è appena finito al tappeto. L’istituto guidato da Richard Fuld ha chiesto l’iscrizione al Chapter 11 dello US Bankruptcy code. In pratica, è saltata. Sotto il peso di oltre 600 miliardi di euro di perdite ha dovuto chiedere l’amministrazione controllata. Nata nel 1850 grazie ai fratelli Henry ed Emanuel Lehman, in pochi mesi è diventata l’emblema della crisi legata al mercato immobiliare statunitense. Non c’è verso di frenare l’emorragia. E crolla. Si scatena una reazione a catena potenzialmente distruttiva per l’economia globale. O si fa qualcosa, o c’è il pericolo che l’intero sistema finanziario mondiale entri nel vortice.

16/17 settembre 2008. Dopo Lehman Brothers salta anche American international group, il più grande assicuratore mondiale. Ma in questo caso, il Tesoro guidato da Hank Paulson decide che non si può non intervenire. A rischio c’è un’intero mercato, quello dei mutui residenziali. Ed ecco che arriva un piano di salvataggio da 85 miliardi di dollari, con cui è stato acquistato il 79,9% delle azioni. «Una finestra di liquidità per far fronte a un’emergenza», disse il Tesoro. In sostanza, si trattava del preludio di uno dei più grandi bailout della storia statunitense. Feroci le critiche dei democratici, che hanno paura che alla fine saranno i contribuenti a dover pagare il conto di questa operazione. «Il rischio era troppo elevato, dovevamo salvare AIG», dirà pochi mesi dopo Paulson. Del resto, il timore è che saltasse tutto il banco dopo l’acquisto di Credit default swap (Cds), i derivati che proteggono dal rischio di fallimento, effettuati su Lehman Brothers. Le banche e le società finanziarie di mezzo mondo, una volta capiti i guai della banca di Dick Fuld, iniziarono a proteggersi comprando Cds. Il problema è che poi Lehman Brothers è saltata davvero e AIG si è ritrovata a dover pagare chi aveva i Cds. Senza il supporto governativo, ha detto più volte Paulson, questo non sarebbe stato possibile. Eppure, non c’era questo rischio secondo Neil Barofsky, l’ispettore generale del programma Troubled-asset relief program (Tarp), il piano salva-banche nato nell’ottobre 2008. In pochi lo ascoltano. Il Tesoro e la Fed decidono di andare avanti con il loro programma.

2 marzo 2009. La compagnia assicurativa annuncia il proprio bilancio relativo all’ultimo trimestre 2008. È un massacro. AIG ha perso, in un solo trimestre, 61,7 miliardi di dollari. Si tratta della più grande perdita nella storia americana in soli tre mesi. E arriva ancora in soccorso la lunga mano dello Stato. Il salvataggio di AIG è completo. Tesoro e Federal Reserve annunciano che aumentano il supporto finanziario per la compagnia assicurativa. Il timore è che il collasso possa arrivare a breve. Ecco quindi che arrivano capitali freschi per 70 miliardi di dollari, una linea di credito da 60 miliardi (frutto della riduzione della prima da 85 miliardi) e l’acquisto di circa 52,5 miliardi in asset coperti da mutui. Nel complesso, 182,3 miliardi di dollari.

11 dicembre 2012. Il Tesoro americano vende le ultime azioni di AIG, che torna a essere un’impresa libera. E la plusvalenza per gli Stati Uniti è di 22,7 miliardi di euro. Dal salvataggio al guadagno in pochi anni. Il presidente Barack Obama gongola, il segretario del Tesoro Timothy Geithner e il numero uno della Fed Ben Bernanke pure. Perfino Hank Paulson, prima criticato, ora viene considerato lungimirante. «Washington ha sostenuto il sistema finanziario rischiando molto, ma ha compiuto la scelta giusta. In pericolo c’era la stabilità finanziaria globale», scriverà pochi giorni dopo la banca anglo-asiatica HSBC in commento alla fine della nazionalizzazione di AIG.

E infine si arriva ai giorni nostri. «È stato violato il V emendamento». È questa l’accusa mossa da un gruppo di azionisti nei confronti dello Stato, che hanno aperto un’azione legale da 25 miliardi di dollari proprio a causa del salvataggio compiuto fra 2008 e 2009. A guidare la causa è Maurice R. Greenberg, già amministratore delegato di AIG, nonché uno dei maggiori azionisti della compagnia assicurativa. Ed è possibile che anche la stessa AIG possa entrare nella controversia. Secondo il V emendamento, infatti,

La decisione ultima ci sarà nei prossimi giorni. Ma già domani potrebbe emergere la linea ufficiosa della società. Intanto Greenberg ha spiegato ai consiglieri delegati del gruppo che questo è l’unico modo per far valere i propri diritti dopo il salvataggio del dopo Lehman Brothers. Una prima riunione del consiglio d’amministrazione è già avvenuta. E domani c’è la seconda riunione, in cui si metterà ai voti la questione.

La scelta di AIG può sembrare ingrata. Eppure, come ricorda Greenberg, quello che avvenne a cavallo del settembre 2008 e del marzo 2009 ha dello stupefacente. Federal Reserve e Tesoro hanno praticamente obbligato il Cda di AIG ad accettare l’accordo di salvataggio, cioè la nazionalizzazione. Proprio su questo punto, secondo l’accusa è stato violato il V emendamento della Costituzione.

No person shall be held to answer for a capital, or otherwise infamous crime, unless on a presentment or indictment of a Grand Jury, except in cases arising in the land or naval forces, or in the Militia, when in actual service in time of War or public danger; nor shall any person be subject for the same offense to be twice put in jeopardy of life or limb; nor shall be compelled in any criminal case to be a witness against himself, nor be deprived of life, liberty, or property, without due process of law; nor shall private property be taken for public use, without just compensation.

Nello specifico, è l’ultima frase quella importante. Una proprietà privata, in questo caso le azioni di AIG, sono state utilizzate per uno scopo pubblico, senza compensazione. In effetti, l’unica compensazione è arrivata nelle tasche dello Stato. Si tratta dei 22,7 miliardi di dollari giunti poco prima di Natale. L’ironia è che AIG potrebbe aver anche ragione.  

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