La fedeltà premia. Ma a volte essere soltanto fedeli può non bastare. Anche nella fedeltà bisogna osare, fare qualcosa in più degli altri. E Alessandro Pagano, dal 2008 deputato nazionale del Pdl, appartenente della corrente di Maurizio Lupi, e assessore alla Cultura del primo governo regionale presieduto da Totò Cuffaro, è stato fra i più fedeli al Cavaliere di Arcore in questa legislatura.
Oggi le percentuali del Pdl sono scese considerevolmente rispetto al 2008, all’epoca in Sicilia il Pdl sfiorava il 45%, ed eleggeva 28 deputati nazionali. Un numero impressionante che consentì ad Alessandro Pagano, 15esimo in lista in Sicilia Occidentale, a varcare l’ingresso principale di Montecitorio perché Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini optarono entrambi per un altro collegio.
Oggi la musica è cambiata. Alle regionali dello scorso ottobre il Pdl ha raggiunto appena il 13%, quindi, ragiona con Linkiesta un dirigente siciliano del Pdl, «al massimo avremo 10/12 deputati». E fra quelli che si salveranno potrebbe non esserci Alessandro Pagano perché lo stato maggiore del Pdl siculo piazzerà nei posti “sicuri” i deputati uscenti dei grandi centri, come Palermo, Catania, e Messina.
Ma Pagano non è un deputato qualunque. È un ultras del Cavaliere. Uno, che il 14 novembre a poche ore dalla dimissioni dell’ex premier Berlusconi, continuava a ripetere a squarciagola che dietro la fine del governo Berlusconi ci fosse «una “cabina di regia” creata allo scopo di ostacolare un concorrente scomodo come l’Italia e di rilevarne, al prezzo più basso, le imprese migliori e più competitive». Uno che il 13 gennaio del 2012, con tutto lo stato maggiore del Pdl riallineato sul governo Monti, “in qualità di economista del Pdl” lamentava dalle colonne del quotidiano Libero che «l’innamoramento di Monti per Berlino rischia di portare alla germanizzazione dell’Italia».
A maggio dello scorso anno, quando ancora la maggioranza di Monti era ben solida e si reggeva sull’asse Pd-Pdl-Udc, bocciava ancora il governo Monti «perché a nulla sono valse le argomentazioni e i distinguo del Pd e cioè che Berlusconi si era dimesso da presidente del Consiglio e poi aveva appoggiato il governo Monti per responsabilità nei confronti degli italiani minacciati economicamente dall’aumento dello spread. Questi argomenti hanno retto solo un paio di mesi, poi tutto è andato all’aria quando i nostri connazionali hanno visto aumentare le tasse, gli espropri di Equitalia, nessuna legge sullo sviluppo e nessuna diminuizione dello spread».
Ma di certo il Cavaliere si ricorderà di un altro episodio. Nell’aprile del 2010 Alessandro Pagano, dottore commercialista di origine nissena con un passato nella Democrazia Cristiana, durante una seduta notturna presenta un emendamento all’interno del decreto legge numero 40, il cosiddetto “decreto incentivi”. La Camera l’approva e la legge viene ribattezza norma “Salva-Mondadori”, come raccontò Massimo Giannini su Repubblica. Una norma che prevedeva, per il contribuente, la possibilità di estinguere le controversie fiscali se avesse già incassato una sentenza favorevole in primo e in secondo grado, senza aspettare l’eventuale pronuncia successiva in terzo grado (cioè la Cassazione) versando all’erario il 5% del dovuto.
L’operazione riesce, e Pagano conquista l’inner circle di Palazzo Grazioli, respingendo al mittente le accuse: «Sul lodo Mondadori va subito detto che l’emendamento non è stato da me proposto per favorire la soluzione dei problemi tributari della società editrice e dei suoi proprietari, così come alcuni settori della sinistra hanno voluto fare intendere, ma per risolvere il problema a decine di migliaia di contribuenti che adesso in tutta Italia stanno utilizzando questa norma. Ricordo che per potere beneficiare di questo articolo di legge bisogna avere vinto entrambi i primi due gradi di giudizio, ed avere lo stesso giudizio in pendenza da più di dieci anni».
E oggi, guarda un po’, nel bel mezzo del caos dovuto alla chiusure della liste, il fedele Pagano, autore di un numero del quale il Cavaliere non dimenticherà, sembra essere favorito per un seggio “certo”, ma non nella sua Sicilia. Al nord: o in Lombardia, o in Trentino, assicurano a Linkiesta. D’altronde il Cavaliere deve ancora ricambiare.
Twitter: @GiuseppeFalci